di Giulio Garau su Il Piccolo del 3 settembre 2010
TRIESTE L’Italia vuole chiarire fino in fondo le possibilità aperte dalla sentenza pronunciata dalla Corte suprema di Zagabria sui beni nazionalizzati degli esuli che se ne sono andati più tardi abbandonando i loro averi con il cosiddetto svincolo. La sentenza è stata depositata nelle settimane scorse (ne pubblichiamo alcuni stralci a fianco) e l’ambasciata Italiana a Zagabria sta seguendo la questione sin dall’inizio per conto del governo italiano in attesa di un vertice tra i due Stati dove si discuterà della questione. Si parla di 4 mila domande di restituzione fatte da cittadini stranieri e di queste oltre 1000 potrebbero riguardare cittadini italiani.
L’AMBASCIATA
«Ho chiesto alle autorità croate (il ministero della Giustizia in particolare ndr) se gentilmente è possibile fare un censimento aggiornato di queste domande presentate dagli italiani – annuncia l’ambasciatore italiano Alessandro Pignatti – per capire quante sono realmente e in che ufficio sono depositate. So che le autorità stanno lavorando. Metteremo assieme queste informazioni e le consegneremo al ministro degli Esteri Franco Frattini che affronterà la questione con il suo omologo croato, Gordan Jandrokovic».
UN VERTICE
E da quanto si è saputo il vertice di tipo bilaterale si dovrebbe tenere a breve probabilmente proprio a Zagabria allargato non solo a Frattini ma, sembra, anche ad altri ministeri per affrontare tutta una serie di questioni in vista dell’ingresso della Croazia nella Ue.
L’ambasciata italiana appena avuta notizia della sentenza si è messa subito in moto e da settimane sta lavorando per avere un quadro definito: ha esaminato la sentenza ed ora attende il vertice italo-croato. È il governo di Zagabria che deve fare ora la prossima mossa con una legge che dia operatività definitiva alla sentenza con un pronunciamento anche del Parlamento. Dopo bisognerà discutere caso per caso di fronte ai tribunali.
GLI AVVOCATI
Ma ancora una volta da parte degli avvocati croati, ed ora anche da un legale civilista di Roma, di origine croate (in realtà è figlia di esuli cone tutti noi ndr), Vipsania Andreicich, giunge il monito alla grande cautela e soprattutto a spegnere ogni facile entusiasmo. La Andreicich, che ha la famiglia originaria di Abbazia, che è vicina ai vertici dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, sta seguendo sin dall’inizio questa vicenda, ha accompagnato una quarantina di clienti nella presentazione delle domande. È tra i primi legali ad aver ottenuto la sentenza e ad aver studiato a fondo le motivazioni. Ed ora più che raccomandare cautela spegne anche i pochi entusiasmi rimasti.
PESSIMISMO
«È una mia interpretazione, ma secondo quanto vedo, nonostante le aperture della sentenza, per i cittadini italiani, anche per quei pochi che avrebbero diritto e che hanno fatto le domande entro i termini, ci sono pochissime speranze, direi nulle» taglia corto la Andreicich che porta degli esempi concreti.
«Ho seguto almeno 30-40 ricorsi – spiega – e alcuni, gli ultimi, sono stati bocciati venti giorni prima della sentenza dell’Alta corte. Mi appoggio a un avvocato di Fiume e d’intesa con lui ho chiamato i miei clienti e li ho sconsigliati di andare in appello, le possibilità sono nulle, alla fine li faccio spendere soldi inutilmente. Questo per chi ha ottenuto almeno risposta, ma sappia che alcune domande sono rimaste lettera morta».
GLI ITALIANI
È pessimista la Andreicich dopo aver letto a fondo la sentenza e dopo un consulto con il collega di Fiume.
«Da quanto risulta la sentenza non avrebbe modificato nulla di quanto deciso dalla Croazia – continua – sui beni nazionalizzati. Soprattutto per gli italiani: da quanto riesco a interpretare le possibilità ci sono soltanto per i cittadini stranieri che hanno avuto beni nazionalizzati, che hanno presentato le domande entro i termini e soprattutto i cui stati di appartenenza non siano entrati in conflitto con la Croazia nella seconda guerra mondiale e non abbiano già stipulato accordi internazionali».
Lo ha ribadito ieri tra le righe lo stesso ambasciatore croato in Italia, in visita a Trieste, Tomislav Vidosevic: «La sentenza si riferisce a un caso, è naturalmente un precedente, però si riferisce a tutti i casi che non sono già regolati da accordi internazionali precedenti».
GLI ERRORI
«Dunque persone che arrivano dall’Australia, dal Cile, dal Brasile» rimarca la Andreicich che aggiunge: «L’errore fatale l’ha fatto l’Italia con i trattati, dal ’47 in poi con la Croazia. Il Paese aveva perso la guerra, poteva cedere le terre ma non aveva il diritto di cedere anche le proprietà private. Invece, in difficoltà, gli italiani si sono visti costretti a cedere le proprietà utilizzando questi beni per pagare i debiti di guerra. Hanno sacrificato una minoranza per salvare il resto degli italiani. Hanno ceduto la proprietà per 110 milioni di dollari di allora, soldi mai versati dalla Croazia. Allora c’era una Repubblica socialista, nessuno avrebbe pensato che l’ex Jugoslavia si sarebbe dissolta. Ma intanto le proprietà sono state vendute».
L’AUSPICIO
Nessuna possibilità di recupero? Secondo l’avvocato Andreicich, che ha rapporti anche con il vice ministro agli Esteri, Alfredo Mantica, ben poche. «Mi auguro ora solo che la sentenza venga presa in mano dal governo e dal ministero degli Esteri e che la questione sia affrontata in maniera definitiva con la Croazia. Non è più utilizzabile come arma per non far entrare Zagabria nella Ue, l’Italia ha già garantito il suo appoggio e i croati sono ormai ad un passo dall’entrata nella Comunità europea.»