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03gen12 – Istria, un progetto per recuperare la memoria dei ”Cici”

Il Circolo di cultura istro-veneta «Istria» lancia un altro progetto. In occasione della festa di San Martino a Muggia, è stato presentato alla cittadinanza il Parco della Concordia, specie vegetali e animali tipiche della zona, un ettaro e mezzo circa a uso dei ragazzi sloveni e italiani che vorranno visitarlo. Ebbene, in quell’occasione ha fatto capolino il progetto di recuperare almeno un villaggio dei Cici, per renderlo abitabile e per accogliervi famiglie di giovani che abbiano volontà di vivere secondo la tradizione ma con possibilità di guadagnare il giusto. La terra dei Cici è praticamente abbandonata, i giovani da qualche anno hanno preferito emigrare nelle città, dove è più facile trovare lavoro. I villaggi sono stati quasi del tutto lasciati allo sbando, le pratiche tradizionali non ci sono più. Si tratta in sostanza di rimettere in sesto le case, riattare gli orti, riattrezzare ovili e pascoli. Per il recupero della pecora istriana.

 

Ovviamente il progetto potrà andare in porto solo se si troveranno finanziamenti pubblici. Dunque, dopo le api e il bue, il Circolo «Istria» ha preso i primi contatti – pare con buone prospettive di riuscita – con la Provincia di Trieste, con i Comuni di Lanisce, Cosina e San Dorligo Dolina per avviare il progetto di recupero urbanistico che dovrà portare necessariamente al recupero della pecora istriana, visto che carbone da riscaldamento non ne serve più. Oltre gli amministratori locali, dirigenti del Circolo Istria stanno interessando studiosi delle università di Trieste e Lubiana per dettagliare meglio le fasi del recupero urbanistico e delle aree ora abbandonate. Ci sono allevamenti sotto il Monte Auremiano ma non rimane nulla del faraonico progetto – a suoi bei dì sponsorizzato dal defunto ministro Goria – per allevare intensivamente la pecora sarda sui monti della Vena. Progetto subito abortito.

 

La pecora istriana che era sta valorizzata dagli istro-rumeni arrivati dopo lunghissime transumanze dai Carpazi fino ai monti della Vena: a Nord del Monte Maggiore chiamati appunto Cici, a Sud (nella Piana di Cepic) Ciribiri. Erano taglialegna, pastori e addirittura carbonai: portavano a Trieste ciocchi di legna da ardere (non si pensava allora al riscaldamento a gas) assieme a carbone ottenuto ai margini dei boschi della zona dell’Istria da settentrione fino al Quarnero. E si dedicavano alla coltivazione delle patate, delle rape, e all’allevamento delle pecore. Pecore adatte al latte e alla carne, selezionate dalle difficoltà climatiche e naturali dell’area geografica. Purtroppo la lana che la pecora istriana offre è di scarsa qualità.

 

Ma oggi l’allevamento ovino tipico dell’Istria andrebbe aumentato a beneficio di quanti amano la carne di agnello e i formaggi pecorini. Invece si fanno arrivare agnelli dalla Nuova Zelanda, di carne mediocre che però offrono un vello pregiato per le sartorie industriali dei giacconi e dei cappotti. Arrivano milioni di agnelli dall’altro capo del mondo, dopo viaggi costosi per denaro ed energie, crudeli per gli animali, mentre a due passi da casa si trova già un prodotto di assoluta eccellenza.

 

(Bruno Lubis

“Il Piccolo” 3 gennaio 2012)

 

Istria, case in rovina a Lanisce, uno dei piccoli borghi un tempo abitati dai «Cici»

 

 

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