L’Associazione delle Comunità Istriane, aderente a FederEsuli, organizza 4 tavole rotonde aperte al pubblico sul tema
ESSERE ESULI OGGI
Gli incontri, che saranno coordinati da Carmen Palazzolo Debianchi, si terranno a Trieste, nella sala don Francesco Bonifacio di via Belpoggio, 29/1 dalle ore 17 alle 19 col seguente calendario:
1° incontro: venerdì 20 febbraio
2° incontro: venerdì 20 marzo
3° incontro: venerdì 17 aprile
4° incontro: venerdì 15 maggio
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Le persone interessate a prender parte al dibattito con un loro breve intervento (10’) sono pregate di mettersi in contatto con la coordinatrice tramite l’Associazione delle Comunità Istriane
Un dibattito sul tema:
ESSERE ESULI OGGI.
Perché?
L’idea di queste tavole rotonde nasce dalla constatazione che, tuttora, a sessant’anni dall’esodo, il modo di vivere la condizione di esule o discendente di esuli è diverso e personale e va dal disinteresse totale per la terra d’origine e chi ci risiede ad un legame molto stretto e mai realmente interrotto con essa, denso di emozione, anche quando non ci si va mai, anzi in questi casi è forse ancora più stretto.
Il legame con la terra delle proprie radici c’è comunque, ed è dato da tutto ciò che da codeste radici ci proviene e ci è stato trasmesso dalle generazioni che ci hanno preceduto – come gli usi e le tradizioni, la religiosità, il senso dell’economia e della famiglia, il rispetto per gli anziani,… – e che costituisce la nostra identità di persone e ci accomuna ai conterranei dispersi per il mondo ma anche a coloro che sono rimasti là. Per alcuni, specie di quelli della generazione dell’esodo, codesto legame è così pregnante che faticano a parlare di tutto ciò che attiene alla loro terra d’origine e più ancora se sono stati personalmente perseguitati o lo è stato un loro congiunto. Parlarne significa infatti ripensare e rivivere momenti di sofferenza che preferiscono dimenticare.
Tutto ciò toglie serenità ai rapporti con le nostre terre d’origine e con coloro che ci risiedono ed ha inevitabilmente delle ripercussioni anche sui rapporti internazionali: anche gli uomini politici e i capi di stato sono persone!
Poiché sono convinta che uno dei modi per prendere le distanze emotive da una situazione, per chiarire a sé ed agli altri le ragioni di conflitti, resistenze a comunicare od altro è parlarne, sono anni che chiedo uno spazio per farlo. Infine la mia costanza è stata premiata e, grazie alla disponibilità degli organizzatori della “Bancarella” si è potuto avere un primo approccio all’argomento nella sua edizione 2008, dove, in un’ora, senza possibilità di dibattito col pubblico presente per mancanza di tempo, sono emerse molte cose interessanti, secondo me, che espongo sinteticamente.
“Essere esuli oggi” alla BANCARELLA 2008
Sono stati invitati a partecipare al dibattito Donatella Schurzel e Gianclaudio de Angelini di Roma, Francesca Briani di Verona, Chiara Vigini di Trieste. Erano state invitate anche due persone della generazione dell’esodo, che non sono però intervenute, per cui l’unica rappresentante di codesta generazione sono stata io, che ho pure coordinato il discorso.
Le domande che mi pongo e ho posto agli intervenuti alla suddetta tavola rotonda sono state:
– Cosa significa essere esuli, e in particolare esserlo oggi, a 60 anni e più dall’esodo, nell’Europa Unita?
– Sono esuli soltanto coloro che sono nati in Istria, Dalmazia, Zara o Fiume ed hanno consapevolmente scelto di lasciarle quando sono state assegnate alla Jugoslavia, o sono esuli anche i loro discendenti?
Gli intervenuti alla tavola rotonda, tutti, figli e/o nipoti di esuli meno la coordinatrice, si riconoscono come tali, meno Gianclaudio de Angelini, che si colloca fra gli esuli ed i loro discendenti essendo stato portato in Italia a pochi mesi di vita. Secondo lui è esule chi riconosce di appartenere alla cultura giuliano-dalmata. Tutti attribuiscono a chi ha patito l’esodo in prima persona un vissuto emotivo forte e personale, da rispettare. Ora bisogna però andare avanti e, secondo Chiara Vigini, spetta alla sua generazione, quella dei figli degli esuli, compiere questo passo avanti.
Donatella Schurzel e Gianclaudio de Angelini sono cresciuti in mezzo agli esuli del Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma quindi, per loro, il contatto col mondo dell’esodo appartiene alla vita quotidiana, specie dell’infanzia. Diversa è stata invece l’esperienza di Francesca Briani, che è venuta a contatto col nostro mondo molto recentemente, se ne è appassionata, e ricorda con affetto e nostalgia la nonna materna di Susak, che più della madre l’ha avvicinata alla terra d’origine. Più d’uno dei presenti ha cercato di imparare il croato per avvicinarsi al mondo di là, anche se de Angelini ritiene che continuare a parlare l’italiano quando si va di là è un modo per conservare viva sul posto la nostra cultura. Viene così introdotta la presenza del dialetto croato, specie nei villaggi dell’interno, come quello di Puntacroce, sull’isola di Cherso, luogo di nascita della coordinatrice.
Quest’ultimo discorso, che si collega alla presenza croata nelle nostre terre, è uno dei temi che suscita sempre reazioni diverse fra gli esuli ma penso che, per amore della verità, esso vada affrontato.
Emerge ancora il fatto che molti esuli e loro discendenti non hanno mai interrotto il legame con la terra natia, dove hanno continuato a recarsi per le diverse tradizionali ricorrenze paesane, specie se risiedono a Trieste, Gorizia e dintorni e sono esulati dai vicini paesi dell’Istria.
L’incontro si conclude dunque con l’interrogativo: “Ma la patria è la terra o la bandiera?”
Carmen Palazzolo Debianchi
(Carmen Palazzolo Debianchi ad un incontro presso la sede dell'Associazione delle Comunità Istriane)