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04 gen – Mario Bussani da Zara: la quarta vita per il mare

da Il Piccolo del 4 gennaio 2009

Mario Bussani è nato a Zara nel 1937, da madre originaria dell’isola di Brazza e da padre di Lussinpiccolo. Vive a Trieste dal 1945. È attualmente presidente della Federazione italiana maricoltori Onlus-Ong (Ngo). In passato, ha lavorato come vigile urbano e il Comune gli ha affidato una serie di incarichi speciali. Irredentista da giovane, dopo essere andato in pensione ha sposato in politica la causa della Lega Nord, di cui negli anni è stato segretario e componente del direttivo provinciale. Ha ricoperto anche il ruolo di consigliere provinciale, e oggi è ancora iscritto al partito. Pur occupandosi di mare, «per principio non mangio pesce – dice -. Io piuttosto faccio case per pesci. Però per l’ultimo dell’anno, in effetti ho preparato un piatto tipico della Dalmazia per ricordare i miei avi: seppie con le verze».
Bussani ha tre figli: Marianna, Andrea e Diadora. Quest’ultima è stata la prima donna a chiedere di entrare nella Marina militare italiana. Una questione che fece scalpore e innescò anche una lunga battaglia legale.

di MATTEO UNTERWEGER

Si definisce «un cittadino che ha fatto il Don Chisciotte». Ha deciso di lottare per la difesa del mare, dell’ambiente, delle specie ittiche. Ma nella sua vita Mario Bussani si è confrontato anche con la politica, i tribunali militari e un viaggio durato due anni.

Bussani, oggi lei si occupa di mare, mitili e pesca, ma nella sua vita ha fatto anche il vigile urbano.

Sì, è stata una delle attività della seconda parte della mia vita. Che, per l’appunto, divido in quattro fasi.

La prima?

Va da quando sono nato fino al trasferimento da Zara a Trieste. Un viaggio durato dal 1943 al ’45, due anni per percorrere 300 chilometri. Eravamo inseguiti da tutti, di giorno da una parte delle truppe belligeranti, di notte dall’altra.

Il secondo capitolo?

Diciamo che va dal 1948 al ’54, l’anno del secondo ritorno di Trieste all’Italia. Io ero un irredentista, sono stato ferito, come quella volta in corso Italia con 36 schegge di una bomba che mi colpirono dalla testa ai piedi, e arrestato più volte, venendo poi giudicato. A 17 anni, per esempio, dal tribunale militare, presieduto dal maggiore inglese Bayless.

E come andò a finire?

Dopo i vari arresti, sono sempre stato assolto. Alla fine, anche col maggiore Bayless. Al riguardo, c’è un aneddoto. Eravamo in due ragazzi ad essere stati arrestati. Entrò la corte. Il maggiore, col suo classico frustino sotto il braccio, chiese: “Dove sono gli imputati?”. Un militare rispose: “Sono quei due”, indicandoci. Al che, Bayless disse: “Io non giudico ragazzi in calzoni corti”. E andò via.

Quindi?

Ce ne andammo via anche noi, senza essere neanche giudicati.

Bene. Abbiamo parlato di due parti su quattro della sua vita. La terza?

Inizia con il servizio militare, quindi dal 1959 fino al termine del mio lavoro come vigile urbano. Che, tra parentesi, ho fatto nella minima parte perché mi sono sempre stati affidati degli incarichi speciali. Cose che oggi nemmeno esistono più.

Cioè?

Elencherò tre incarichi. In primis, l’avvio del primo servizio aereo d’Europa comunale, che aveva funzioni di monitoraggio anti-incendio, sulle discariche e le costruzioni abusive. Il secondo era, fra i primi in Italia, quello relativo al campionamento delle acque marine, come facente funzione di commissario d’igiene. Infine, all’elezione di Manlio Cecovini a sindaco, mi nominarono coordinatore dell’unità operativa ambientale del Comune di Trieste.

E in quest’ultima veste creò due riserve naturali.

Una è quella del monte Cocusso. L’altra è l’area del laghetto di Percedol. Nel frattempo, è stato anche creato su mia iniziativa, dall’Università con il Comune e la Provincia, il Laboratorio di Biologia marina di Aurisina, naturale continuazione della Stazione zoologica di Campo Marzio dipendente dall’Università di Vienna.

Chiudiamo il cerchio. La quarta parte della sua vita?

Sì. La inquadro a partire dal 1984, anno in cui sono andato in pensione, ed arriva sino ad oggi e al mio ruolo di presidente della Federazione italiana maricoltori, impegnata nei settori sociale, culturale e ambientale. Abbiamo dato il nostro contributo almeno a una ventina di Paesi, dall’ex Urss sino al Ghana, ad Haiti, o al Venezuela.

Lei si è avvicinato anche alla politica. Mosso da cosa?

Non è possibile che io veda per la strada a Trieste gente che fa la carità quando nei suoi Paesi d’origine sarebbe un re. Persone che qui vengono fermate come delinquenti comuni dalla Polizia municipale o da altre forze dell’ordine. La mia visione è il contrario del razzismo.

La questione dell’immigrazione è un tema molto caro alla Lega Nord. E lei è un iscritto del Carroccio…

Già. Una volta ero nel direttivo, ora sono ancora iscritto ma non faccio più attività: c’è troppa gente, ormai. Sto dentro alla Lega con un pensiero che è esattamente il contrario di quello del partito: la Lega Nord vuole fermare l’immigrazione in Italia per arginare una specie di invasione. Io dico invece che dobbiamo lavorare perché i migliori non lascino il loro Paese. Come capitato a noi dalmati all’epoca: abbiamo dovuto abbandonare le nostre terre, questo non deve succedere. Il mio è un approccio diverso.

Torniamo ai suoi progetti. Parliamo di Miramare.

Oggi la chiamano Riserva e fissano la sua data di nascita dieci anni più tardi rispetto a quando nacque il Parco marino. Non vogliono dire che quell’area è stata creata da un estraneo al Wwf. Le licenze per il Parco marino, io, le avevo prese nel 1973, loro datano 1982 la fondazione della Riserva.

Del recente caso sul nome sardoni-alici e la relativa multa salata, che dice?

Esiste effettivamente un decreto che dà dei nomi ufficiali ai pesci, un’integrazione nata in funzione della globalizzazione: i nuovi pesci che arrivano in Italia devono avere un nome. Una commissione ha partorito i nomi ufficiali: il primo errore sta proprio nell’ignoranza dei componenti. Alici vale per dieci regioni italiane. Sardone, sardòn e sardun è la definizione che viene data in dieci nazioni: fra queste Slovenia, Croazia, Serbia&Montenegro, Albania. Sardon è un nome internazionale, in realtà. Ma qui c’è un altro punto grave.

Quale?

Mi chiedo chi abbia mandato il funzionario a fare la contravvenzione a una baracca (la rivendita ambulante di piazza Ponterosso, ndr), sui 36 punti vendita che ci sono a Trieste. A quanti altri è stata comminata la sanzione? Per quale motivo quella persona è andata là? Probabilmente, prepareremo una manifestazione davanti alla Capitaneria di porto per protestare contro l’applicazione anacronistica della norma.

Lei è impegnato sui temi del mare e dell’ambiente: cosa pensa del progetto del rigassificatore?

Non entro nel merito delle altre problematiche dei due progetti, per l’impianto in mare o per quello a terra. Dico solo che con la pesca il rigassificatore non c’entra nulla. Anzi, di più: quello in mare creerebbe da due a cinque volte un incremento delle popolazioni ittiche nella zona.

Perché?

Per il fatto che si sistemerebbe di fatto un’area marittima protetta, con una barriera sottomarina dove oltre duemila tonnellate di biomassa attecchirebbero sulle strutture, creando una nursery per il ripopolamento delle acque. Da ciò, deriverebbe una pesca più abbondante tutt’attorno.

E il progetto di Zaule?

Quello con la pesca non c’entra. È una cosa che non mi sfiora, non è un mio problema.

Da ex vigile urbano e iscritto alla Lega, è quindi favorevole a vigili urbani armati?

Senta, nel periodo in cui frequentavo l’università, facevo da solo il servizio notturno in moto in strada da vigile urbano. Cito un aneddoto per chiarire.

Dica.

Mi trovavo in centro a dirigere il traffico. A un certo punto, vedo una persona che mi sembrava avere sotto la giacca una pistola. Corro verso quest’uomo, gli apro la giacchetta, tolgo l’arma e gli dico di seguirmi in questura. Lui viene con me… Era il campione dei pesi medi dell’allora Jugoslavia, un pugile. Lo arrestarono confiscando la pistola. Ancora oggi non so come ho fatto. Era il 1967 o il ’68.

Torniamo a progetti e idee. Lei rivendica anche la paternità della proposta per il parcheggio sotto il colle di San Giusto.

Ora sono contento che lo facciano, anche se con trent’anni di ritardo. Ne abbiamo fatte tante di proposte negli anni. Ricordo la prima giunta Cecovini, con l’allora assessore Fabio Forti: avevamo elaborato l’ipotesi della più grande centrale a pannelli solari d’Europa, da sistemare in una delle cave esposte a sud. Un’altra idea innovativa. Ancora oggi non sappiamo quanto avrebbe giovato alla città.

A proposito di progetti, che dice del Parco del mare?

Ho visto i parchi di Boston, Genova e Barcellona. La vera incognita è la gestione della struttura. Se non si riuscirà a coprire i costi, chi pagherà alla fine?

 

 

 

(Mario Bussani, dalmata, Presidente della Federazione Italiana Maricolotori)

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