La visita ufficiale a Roma, in Campidoglio e al Villaggio Giuliano-dalmata dell’EUR, delle autorità regionali dell’Istria e comunali di Rovigno-Rovinj, accompagnate da una delegazione – giovanile e non – di rovignesi residenti nella loro città e il loro incontro con i rovignesi della comunità giuliana di Roma, hanno un loro rilievo nell’evoluzione dei rapporti tra la Madrepatria-Italia e i suoi figli «rimasti» nel territorio natale ed entrati a far parte, per le alterne vicende della storia, dell’attuale Repubblica Croata, giunta quasi vent’anni fa alla sua sovranità e indipendenza di Stato-nazione.
L’Istria ha avuto il singolare e paradossale ruolo storico di essere considerata il compimento dell’unità nazionale italiana nel 1918 e di quella croata nel 1991 !Tra le due cose c’è una certa contraddizione che non è facile superare. Ed è quello che nei tre giorni dell’«ottobrata» romana dei rovignesi si è cercato di fare, tra le tele dell’istriano Francesco Trevisani e le sculture di Giovanni Dalmata, che adornano chiese e palazzi di Roma.
Aiutati dai loro conterranei, già profughi nelle baracche del Villaggio operaio dell’E42, appena abbandonate dalle truppe alleate afro-americane, oggi « esuli » che ancora in seconda generazione parlano e scrivono poesie nella «lingua» rovignese, come i loro concittadini di oltre-Adriatico.
C’erano proprio tutti, in Campidoglio e a Palazzo Chigi, a incontrare l’Assessore Marsilio del Comune di Roma e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanardi.Come c’erano tutti nelle sale dell’EUR e nel Teatro San Marco a sentire la canzoni di Gato, che hanno riportato la folla dei presenti in quelle stretto e incantato braccio di mare tra l’isola di Santa Caterina e il colle di Sant’Eufemia.
Significato politico? Tanto, perché il clima di fraternità delle tre giornate ha composto le fratture di mezzo secolo fa, senza eludere la cause sociali e ideologiche che avevavo spezzato nel primo dopoguerra l’unità della componente maggioritaria italiana dell’Istria di allora.
Oggi, minoranze entrambe, «esuli in patria» gli uni e gli altri in modo speculare, si sono ritrovati nel dovere comune di difendere e sviluppare un’eredità di civiltà istro-veneta da preservare a tutti i costi, come un bene prezioso della nazione italiana e un pegno di amicizia tra i popoli italiano e croato, se Zagabria saprà rispettare gli impegni assunti a livello interno e internazionale nei confronti degli Italiani dell’Adriatico Orientale.
Lucio Toth
(titolo e testo da www.arcipelagoadriatico.it)