Riconfermato solo da alcuni giorni alla Presidenza della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, Renzo Codarin si appresta ad intraprendere un cammino che coniuga tradizione ed innovazione.
“Mi è stato chiesto di continuare a portare il mio contributo per chiudere un processo iniziato insieme qualche anno fa – rivela – con il Giorno del Ricordo divenuto Legge e poi, soprattutto, con i tavoli di concertazione con il Governo. In effetti all’interno della Federazione si è lavorato in grande sintonia”.
Ed è proprio questo spirito che s’intende reiterare per “cavalcare” un momento positivo, di profondo cambiamento del clima stesso indotto da nuove dinamiche europee. La disattenzione che per tanto tempo aveva caratterizzato il rapporto con le problematiche di un popolo sparso, cambia registro. Anche nel dialogo dell’Italia con Slovenia e Croazia, la realtà degli esuli è un ago sensibile. Ma in questo momento è proprio con il Governo italiano che la Federazione intende sciogliere definitivamente i tanti nodi ancora presenti, dagli indennizzi alla problematica della scuola, dal trattamento dei dati sensibili ai diritti previsti dalle leggi già esistenti o che dovranno essere varate. Il tutto considerando la necessità di assicurare ai tanti figli e nipoti degli esuli che intendessero sviluppare una dimensione associativa che li rappresenti, il giusto supporto in termini moderni.
“Ci siamo dati da tempo dei compiti ben precisi – afferma Codarin -, stilando un elenco di mete da raggiungere, raggruppati nei dieci punti che la Federazione intende portare a compimento. Oggi però siamo consapevoli che il risultato del nostro impegno riuscirà ad essere palpabile solo se saremo in grado di cambiare clima e condizioni che ci hanno tenuti in scacco per tanto tempo”.
A che cosa si riferisce?
“Fino a qualche anno fa i nostri problemi erano considerati scomodi, le nostre richieste quantomeno impopolari…ma dopo il 13 luglio 2010 qualcosa è cambiato. L’incontro a Trieste dei Tre Presidenti ha stemperato antichi rancori rendendo possibile un dialogo che oggi si rivela fondamentale. Possiamo immaginare di costruire qualcosa di palpabile che lasci il segno della nostra vicenda ma che ci porti, nello stesso tempo, a contare a livello locale e nazionale”.
In che modo, che cosa rappresentano oggi gli esuli in Italia e nel mondo?
“A livello locale siamo i testimoni di una vicenda storica che solo oggi l’Italia inizia a conoscere e quindi il nostro contributo diventa fondamentale. A livello nazionale siamo impegnati a vigilare che diritti e conoscenze acquisite non vengano meno per dimenticanza o poca dimestichezza con le tematiche di confine. Ci sono accadimenti, come il francobollo dedicato a Boscovich che si vorrebbe uno scienziato croato, che ci devono far riflettere sui percorsi della cultura e della storia spesso travisati e stravolti. Noi non possiamo mai abbassare la guardia ed è quanto stiamo facendo. Gli esuli in Italia e nel mondo sono un popolo in cammino, che ha operato una scelta sofferta ma che continua a tramandare usi e costumi, tradizioni e volontà che non si possono ignorare. E’ nostro compito segnalare queste pulsioni e dar loro giusto compimento”.
Negli ultimi anni sono stati molti i dibattiti per chiarire il concetto dell’essere esuli oggi, con quali prospettive?
“L’Europa ci ha messi in una posizione privilegiata e forse non abbiamo ancora capito fino in fondo la portata di questo processo di apertura nei confronti delle nostre vicende. Voglio dire che la nostra esperienza diventa un insegnamento ed un monito, va quindi vista come esempio di una storia complessa e tormentata ma anche l’occasione per ribadire il diritto ad essere considerati, indennizzati, messi nella condizione di crescere in ciò che siamo. Vogliamo creare dei centri d’eccellenza che testimonino la nostra cultura, non per goderceli in solitudine ma per condividerli con il mondo. Mi riferisco, per esempio, all’esposizione permanente a Trieste dei quadri restaurati e raccolti qualche anno fa nella splendida mostra denominata HISTRIA. La loro collocazione al Civico Museo di Via Torino potrebbe essere il nucleo di una nuova realtà: il simbolo di ciò che la cultura degli esuli è stata ed è per l’Europa di oggi. Ma, ripeto, è solo un esempio: come non citare il valore della nostra editoria alla quale spetta il compito di testimoniare per noi, se messa giustamente in rete e proposta al vasto pubblico”.
Rimane il peso del passato, con diritti disattesi che hanno impegnato le associazioni per tanto tempo. Che fare?
“Ci vuole una legge quadro che risolva definitivamente il contenzioso degli indennizzi e che comprenda sia la soluzione di questo problema in modo equo e definitivo, sia il rifinanziamento della legge per il mantenimento della nostra cultura adesso e nel futuro. E’ un discorso che fatica a fare breccia ma che rappresenta l’unica strada possibile. L’impegno con il Governo su questo fronte continua da tempo. D’altra parte dobbiamo percorrere anche nuove vie rispondendo alle opportunità che ci vengono dall’Europa, dai progetti Interreg ed altri ancora, dove possiamo veramente esprimere al meglio la nostra dimensione di Italiani che provengono da territori ora parte di Slovenia e Croazia ma che possono contribuire con cognizione di causa ad arricchire quelle realtà portando la propria testimonianza culturale, per esempio nel contesto di un turismo che parla italiano. E questo è solo un esempio in una modernità di rapporti che ci vedono protagonisti”.
La Federazione non comprende tutte le associazioni degli esuli, una situazione che ha soluzione?
“L’ideale sarebbe procedere uniti ma è un assioma che spesso si scontra con la realtà dei fatti. Noi cerchiamo di essere pragmatici. Diciamo che con alcune realtà, vedi per esempio il Libero Comune di Pola in Esilio, certe fratture nel considerare anche la collaborazione con i territorio di provenienza, vengono meno con l’evolvere della situazione. Abbiamo assistito tutti con grande interesse e direi soddisfazione al successo del primo Raduno dei polesani a Pola, qualche anno fa considerato impossibile. E’ solo l’esempio di un’evoluzione che ci porta ad immaginare una realtà differenziata ma comunque complementare. Potrei citare il caso della Mailing List Histria che sta percorrendo una strada se vogliamo difficile e non accettata da tutti ma che sta dimostrando la validità delle azioni condivise”.
Una prerogativa delle giovani generazioni?
“Non soltanto. Direi che si tratta del tentativo di rifondare su nuove basi una comunità dispersa che attraverso internet ha individuato uno spazio ideale con il quale marcare il proprio territorio, stabilire il legame con le radici e dare un volto a persone che appartengono allo stesso mondo. Mai avremmo potuto immaginare una ricomposizione virtuale ebbene questa sta avvenendo nel modo più semplice, attraverso il bisogno e la spontaneità nel voler conoscere l’altra parte del nostro vissuto, la conferma che la nostra provenienza è reale, palpabile. E’ strano che sia uno strumento puramente virtuale a darci questa consapevolezza ma è ciò che sta succedendo. Ma neanche questo strumento straordinario ci aiuta a superare le divisioni che pure ci sono all’interno delle nostre associazioni, si tratta di una diversa visione non delle mete ma dei metodi che spesso si palesano nel modo meno conveniente”.
Una possibile soluzione?
“L’operosità, che certo non ci manca. Le iniziative, l’attività, l’impegno: il tutto finalizzato ai risultati che sono certo arriveranno”.
Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it