di Caterina Soffici su Vanity Fair dell'8 dicembre 2010
DOPPIO GIOCO. Ha due stanze e due tavoli dove scrive: uno estivo (nella stanza con la finestra) e uno invernale (in quella con la stufa, una Becchi di terracotta).
I FERRI DEL MESTIERE. Ovunque è pieno di colle, spaghi, fil di ferro, attrezzi da lavoro (asce pei' la legna della stufa, cazzuole, accette, roncole). «Qui aggiusto tutto io. Ho fatto molti mestieri, tra cui fattorino, tipografo a piombo, verniciatore e ho anche una certa pratica di muratura». Il pavimento della stanza d'inverno l'ha costruito con vecchi mattoni di cotto.
IL CALZINO. Appesa sopra al letto, come se fosse un santino o una Madonna protettrice, c'è una calza (tipo Befana) della Lazio. Tifoso sfegatato, in tempi di minore povertà andava anche allo stadio. Ora costa troppo e si limita a segnare i risultati: pallina rossa nella calza ogni gol subito, pallina bianca e azzurra ogni rete fatta. «Alla fine del campionato è gonfia, ce ne saranno dentro una quarantina».
AGENDA A MURO. I numeri più importanti (la bocciofila oltre il cortile, dove si mangia con pochi euro), le medicine da prendere, qualche appunto di cose da fare e persone da chiamare sono scritti sul muro. Vicino al telefono, ma non solo.
CICISBEO. Dice di aver partecipato a più di 10 mila pranzi mondani. «Il pasto è gratis e assicurato. Mi invitano perché sono un conversatore. Una società che non si esercita nella conversazione è fottuta».
IL VEZZO. Si conosce l'anno, ma non ha mai detto la sua data di nascita, incerta in tutte le biografie. Pare comunque che sia nato il 24 marzo. «Sono in incognito nel tempo. Se il tempo lo viene a sapere mi ammazza». Per fermare le lancette alla parete ha un ritratto fattogli una trentina di anni fa da un pittore promettente. Il quadro è molto bello, una testa su fondo rosso. Il pittore (tal Max Cosentini) non mantenne le promesse: si trasferì poi a Parigi e si suicidò lanciandosi nella Senna.
CORTO MALTESE. Tra gli scatoloni pieni di libri e altri pieni di vai a sapere cosa, ce n'è uno con scritto Corto Maltese. «Ne ho parecchi numeri. E un romanziere della modernità. Un serial per immagini».
LE PASSIONI. Prima la passione culinaria: nella sua piccola cucina tra libri, martelli e accette prepara pasta e fagioli, pasta e ceci, polpette, spezzatino di manzo fatto con il muscolo vero. Convinto sostenitore della trippa: «È un piatto sublime». Poi la passione letteraria: i suoi preferiti sono i lirici marianisti, poeti del Seicento. «Bravissimi meccanici, c'è solo da imparare. Ora sono tutti leopardiani, la mia invece è una poesia meccanica».
GLI INDISPENSABILI. Sul tavolo il Dizionario dei sinonimi e contrari della De Agostini e il Rimario pratico della lingua italiana d'oggi di Emilio Renzi (Rizzoli).
LA VENTIQUATTRORE. È una borsa di tela bianca a tracolla con una copia di ogni suo libro. «Così quando vado a fare le letture li ho con me. Per fortuna hanno fatto un Oscar Mondadori che riunisce sette raccolte, così non perdo tempo».
LE SCARPE DA MILANO. Ha un paio di mocassini classici tipo Clarks neri. Li mette solo per andare a presentare i suoi libri a Milano. «Appena scendi dal treno li guardano subito i piedi per capire chi sei. Roma è una città cosmopolita, Milano è internazionale ma molto provinciale. Io con quelle scarpe mi sento un padreterno».
I CALZASCARPE. Ne ha una manciata e alcuni li tiene al chiodo alla parete. «Sono strumenti fondamentali e meravigliosi». Non ci sono armadi né mobili. Le scarpe sono abbandonate su sedie o per terra. I vestiti stanno su tre grucce appese a un pezzo di legno. Le librerie sono fatte con assi appoggiate su mattoni.
LE SQUADRETTE. Oggetto cult (dopo le scarpe). Ne ha appese nella stanza estiva e in quella invernale. «Mi ricordano che voglio essere geometrico. Mi danno un'idea dell'ordine mentale. Gli oggetti stanno tutti al loro posto (anche se non sembra), non ho niente di decorativo».
SENZA PAROLE. Ha sul tavolo estivo un quadernetto con la scritta Chaquejourest un roman. Ha riempito a mano, con scrittura piccola e ordinata, le prime venti pagine. «I miei aforismi sono pagine bianche. Non riesco ad andare avanti. Per questo ci vuole un'intelligenza superiore»
IL MOTTO. «Fare l'impiegato in una casa editrice? E perché mai? Che lavorino gli altri, io non ne sarei capace. Bisogna conoscere i propri limiti».
CARTA D'IDENTITÀ Valentino Zeichen, 72 anni, poeta e scnttore. Nato a Fiume nel 1938. La famiglia lascia la Dalmazia dopo la guerra perdendo tutto, Si trasferiscono a Parma, poi a Roma (il padre trovò una vecchia stalla a Villa Borghese e la mise a posto). Lui ha seguito le orme paterne: da oltre trentanni abita in una baracca abusiva sulla Flaminia. Ogni tanto minacciano di abbatterla: motivi di sicurezza.
SEGNI PARTICOLARI. Dandy francescano. L'hanno definito il «Lord Brummel della miseria urbana». Dice di essere molto povero. È anche il giudice unico del premio letterario Valentino Zeichen, intitolato a un vivente. I LIBRI. La prima antologia poetica Area di rigore è del 1974. Ricreazione (Guancia, 1979) Museo interiore (Guanda, 1987), Gibilterra (Mondadori, 1991), Metafisica tascabile (Mondadori, 1997), Ogni cosa a oqnì cosa ha detto addio (Fazi, 2000). Passeggiate romane (Fazi, 2004). Ha scritto il romanzo Tana per tutti (1983). Neomarziale (Mondadori, 2006). La raccolta delle sue liriche è in Poesie 1963-2003 (Oscar Mondadori, 2003).
L'ULTIMO. Aforismi d'autunno (Fazi, pagg. 168, €15), una splendida raccolta di poetica saggezza, divisa per temi: Giovanilissimi, Il tempo, Donne, Artisti e Intelligenti.