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05 feb – La strage di Porzus e la storia ritrovata

di Dino Messina dal Corriere della Sera del 4 febbraio 2010

Il 7 febbraio 1945, mancavano poche settimane alla fine della guerra, sul confine nordorientale della nostra penisola avvenne uno degli episodi più gravi della guerra civile italiana. Un centinaio di gappisti comunisti, guidati da Mario Toffanin, il comandante Giacca, passò per le armi 22 partigiani di vario orientamento, cattolico e liberale, tra cui il comandante Francesco De Gregori (zio del cantautore), nome di battaglia Bolla, e Guido Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo. Perché questa strage? A rispondere a questa domanda, senza peli sulla lingua, è oggi sulle ottime pagine culturali del quotidiani "Avvenire" la storica Elena Aga Rossi, che sabato alle 9,30 parteciperà a un convegno nella sala del consiglio provinciale di Udine assieme ad altri studiosi di vaglia, tra cui Paolo Pezzino, Roberto Chiarini e Pietro Neglie.

La tesi di Aga Rossi è che l'eccidio non fu un incidente isolato ma la conseguenza della politica del Pci che appoggiava le pretese di Tito di impossessarsi di tutto il territorio, da Trieste al Tagliamento. In nome dell'internazionalismo comunista e degli interessi jugoslavi si poteva  sacrificare la vita di qualche patriota italiano. Perché in tutta questa vicenda un fatto è molto chiaro: i 22 partigiani dela Brigata Osoppo erano patrioti che non volevano cedere la propria terra agli jugoslavi, mentre i comunisti di Toffanin, che nel 1952 fu condannato per la strage, obbedivano a logiche superiori, che nulla avevano a che fare con l'amor di patria.

Non sappiamo, dice Aga Rossi, se Togliatti fosse informato di quel che stava per succedere a Porzus, però "accettando la cessione di una parte del territorio italiano a Tito Togliatti porta su di sè una grande responsabilità per quanto è accaduto. La documentazione che abbiamo pubblicato nel libro 'Togliatti e Stalin' mostra in modo evidente quanto il leader del Pci fosse consapevole dela situazione. D'altra parte era proprio lui a sostenere che Trieste tenuta dall'Italia sarebbe stata una 'città morta', e che quindi era meglio che venisse annessa alla Jugoslavia".

Alla luce di questo episodio c'è da chiedersi quale contributo reale diede la lotta partigiana in Italia per il ritorno della democrazia, e quanto importante fu invece il ruolo delle Forze alleate, c'è da riconsiderare il mito unitario della Resistenza, e infine chiedersi perché per cinquant'anni di questi episodi si parlò in Italia poco e malvolentieri.

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