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05 mag – Barbi: chi specula sul 25 aprile

Il 25 aprile anche quest'anno è stato occasione per speculazioni sulla tragedia di Trieste e della Venezia Giulia. Certuni, a sinistra, si sono indignati per la freddezza dei giuliano-dalmati nel giorno del ricordo della liberazione dal nazifascismo. Altri, a destra, si sono affrettati a contrapporvi il ricordo delle foibe e dell'esodo. Posizioni errate e deplorevoli ambedue. Ma non c'è dubbio che la polemica insensata dei primi fornisce pretesto per la speculazione ignobile dei secondi.

Perché indignarsi (e tacciare di fascismo) per l'atteggiamento di una città che negli ultimi giorni dell'aprile 1945 vide, sì, la liberazione dal fascismo e dall'occupazione tedesca – per opera del Cln – ma il primo maggio subì l'occupazione militare slava e l'imposizione di un regime – quello comunista di Tito – ancor più totalitario e liberticida? E come non ricordare che il nuovo tiranno cominciò coll'arrestare, infoibare o costringere all'esilio i dirigenti e i militanti del Cln di Trieste e dell'Istria?

Si deve capire che di democrazia a Trieste si potè cominciar a parlare solo 40 giorni dopo, quando, il 10 giugno, le truppe titine dovettero lasciare la città; e si potè considerarla compiuta solo nove anni dopo, quando cessò l'amministrazione militare anglo-americana. E in Istria, a Fiume e in Dalmazia i pochi italiani rimasti e i nuovi immigrati slavi i primi spiragli di libertà li videro solo dopo il crollo del comunismo e la dissoluzione della Jugoslavia. Non riconoscere tutto ciò e non capire la condizione dei giuliano-dalmati in quel tremendo dopoguerra, porta a critiche inaccettabili.

Ma fornisce anche a chi è, in buona parte, l'erede del nazionalfascismo l'opportunità per speculare sul dramma dei triestini e degli istriani, addirittura contrapponendo il loro ricordo di vittime della guerra fascista al ricordo della liberazione di tutti gli italiani dalla tirannide di chi quella guerra aveva voluto. Invece i due ricordi non sono alternativi perché, anzi, sono ambedue l'espressione della consapevolezza del male radicale dei regimi totalitari.

 

Paolo Barbi, Presidente nazionale onorario dell'ANVGD

su "Il Mattino" del 29 aprile
 

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