di Antonio Carioti sul “Corrriere della Sera” del 5 ottobre 2010
Sono tempi grami per la casa editrice Edit di Fiume, che opera per conservare e rafforzare la presenza della cultura e della lingua italiana nei territori, ora appartenenti alla Slovenia e alla Croazia, che il nostro Paese perse dopo il 1945 al confine orientale. «Per mancanza di fondi – dichiara il direttore Silvio Forza – dobbiamo ridurre la tiratura e la foliazione del quotidiano “La Voce del Popolo” e del nostro settimanale “Panorama”. Chiuderemo gli inserti. E le nostre collane di libri sono alla paralisi totale».
Ciò che colpisce di più è che i problemi non derivano da un calo dei lettori, né da difficoltà con i governi di Zagabria e Lubiana. L’intoppo viene da Roma: «Con il ministero degli Esteri italiano – spiega Forza – abbiamo ottimi rapporti, ma dobbiamo registrare l’assoluta insensibilità nei nostri riguardi del dipartimento per l’editoria della presidenza del Consiglio».
Si tratta dell’organismo – oggi posto sotto la responsabilità del sottosegretario Paolo Bonaiuti – che si occupa di gestire i contributi pubblici alla stampa, comprese le testate italiane pubblicate all’estero. Forza riassume la vicenda: «Dal 2001 la Edit non è più un ente statale, quindi ha maturato le condizioni per accedere ai contributi che la legge 250 del 1990 prevede per i giornali italiani all’estero. Alla nostra richiesta il dipartimento di Palazzo Chigi ci ha obiettato che non poteva erogarci finanziamenti, perché riceviamo fondi anche dai governi croato e sloveno in base a una serie di accordi internazionali. Ma nessuna norma della legge esclude dalle provvidenze chi percepisce risorse da Paesi stranieri.
Così nel 2006 si è arrivati a un parere dell’avvocatura dello Stato, secondo cui le sovvenzioni slovene e croate non sono di ostacolo al versamento dei contributi italiani. Nel frattempo ci era stato detto che ci conveniva accettare di ricevere i fondi italiani decurtati di una somma corrispondente a quella dei contributi croati e sloveni e noi avevamo presentato una tabella in cui prospettavamo quanto ci sarebbe spettato in quel caso. Di conseguenza nel 2007 abbiamo ricevuto 685 mila euro per i quattro anni precedenti, calcolati appunto con il criterio di detrarre dalle spettanze di legge l’ammontare degli aiuti di Zagabria e Lubiana. Ma noi, ci tengo a precisarlo, non abbiamo mai rinunciato al diritto all’intero contributo, che la legge fissa in una misura pari al 60 per cento dei costi sostenuti ogni anno».
Peraltro, dopo il versamento ritardato del 2007, la Edit non ha più percepito nulla. «Da allora – denuncia Forza – ci siamo scontrati con un muro di gomma. Il dipartimento dice che il nostro caso necessita di ulteriori verifiche, ma non ci ha ancora consentito di visionare la nostra pratica, come abbiamo chiesto, in base ai nostri diritti, nel maggio scorso. Le assicurazioni verbali che ci hanno dato a Roma, secondo cui le somme destinate a noi sono state accantonate, non hanno avuto seguito. Insistiamo quasi ogni giorno, ma non otteniamo risposta né al telefono e né per posta elettronica».
Il capo del dipartimento per l’editoria di Palazzo Chigi, dottoressa Elisa Grande, che il “Corriere” ha interpellato per via telefonica, replica così: «Per buona prassi amministrativa, difficilmente diamo informazioni ai giornali sui fascicoli in corso. Siamo disponibili a esaminare solo richieste avanzate dalla stampa per iscritto e abbiamo bisogno di qualche giorno per rispondere. Si tratta di una pratica delicata, che presenta un profilo istruttorio da approfondire».
Da un’altra fonte si apprende che la Commissione tecnica consultiva per i contributi all’editoria dovrebbe esaminare la questione tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre.