«Il ministro degli Esteri sloveno, Karl Erjavec, ha chiesto a Giulio Terzi di Sant’Agata la restituzione dei quadri trafugati alla Slovenia dall’Italia prima e durante la Seconda Guerra mondiale. Tale richiesta ha dell’incredibile e del grottesco sotto tutti i profili. È necessario sapere quali siano le intenzioni del Governo sulla questione, se si sia già posto un netto rifiuto alle richieste slovene e in che modo si intenda fornire rassicurazioni al mondo degli esuli italiani dell’Istria».
È quanto si legge in un’interrogazione parlamentare presentata da Roberto Menia, promotore della Legge 92 del 2004 che istituisce il Giorno del Ricordo e Coordinatore nazionale di Fli, e firmata anche da Angelo Compagnon (Udc), Isidoro Gottardo (Pdl) e Alessandro Maran (Pd). «Va anzitutto detto – si legge nel testo dell’interrogazione – che si tratta di capolavori della scuola veneta dovuti a Vittor e Benedetto Carpaccio, Paolo Veneziano, Alvise Vivarini, Giovan Battista Tiepolo e altri autori, attualmente conservati presso il Museo Sartorio di Trieste, e che furono spostati (non certo «trafugati») tra il 1939 e il 1940, da Capodistria, Isola, Pirano a Roma, per essere preservati dai pericoli dell’incipiente conflitto».
«Va precisato che Isola, Pirano e Capodistria vennero cedute alla Jugoslavia solo con il trattato di Osimo del 1975 e che la Slovenia indipendente si è creata solo nel 1991, le parole del ministro sloveno appaiono, dunque, contrastanti sia con la storia sia con la logica».
(fonte AgenParl 4 aprile 2012)
[Ricordiamo che la Presidenza Anvgd e la Federazione delle Associazioni sono ripetutamente intervenute presso le competenti istituzioni – Ministero degli Affari Esteri e Beni Culturali in primis – sin dalla metà degli anni Duemila, ogni qual volta i governi della Repubblica di Slovenia hanno avanzato la richiesta di “restituzione”: atto che i governi italiani succedutisi da allora hanno ritenuto infondata in base alle normative internazionali.]
Benedetto Carpaccio, Madonna col Bambino tra i SS. Bartolomeo e Tommaso (1538).
Dal Museo di Capodistria