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06 gen – Ricordo di Bruno Perich

Si è addormentato per sempre nel suo letto con un’espressione serena sul volto: così il figlio Alessandro ha trovato Bruno Perich, artista mite e gentile, che amava dipingere il mare di Trieste, il Castello di S. Giusto, la Barcolana, ma soprattutto il Castello di Miramare. “Riscuotendo un notevolissimo successo in particolare tra gli stranieri” ricorda Carmine Di Maiellaro, che gestisce il ristorante “Il bragozzo”, un’intera parete del quale è riservata alle sue opere. “Passava spesso di qua, appoggiava molto educatamente i suoi quadri in una sorta di mostra lampo, vendeva o no qualcosa, e poi, con la stessa discrezione, si allontanava”. E – aggiunge il figlio – perfino il pittore Marco Petrus, presente di recente con un’importante personale all’ex Pescheria, gliene aveva acquistato uno.

Una vita fuori dal coro, trascorsa all’insegna della libertà e della riservatezza, quella di Perich, uno degli ultimi autentici bohemienne o, come lo definisce Carmine, l’ultimo hippie, nominato nel 2006 “Re per un giorno” dall’Associazione Amici del caffè Gambrinus: vestito dimessamente, piuttosto alto, l’espressione un po’ malinconica, girava per le vie della città con qualche sua opera e cercava di venderla. Oppure si sistemava in un punto cardine e dipingeva gli scorci preferiti, ma anche la campagna invasa dal sole a primavera o i monumenti sotto la neve. Un piglio pittorico lievemente romantico, che coincideva con una scelta cromatica luminosa e con un gesto impressionista, semplice ma capace.

Come pittore era autodidatta, mentre aveva preso lezioni di fisarmonica e la sua attività girovaga era iniziata proprio così: con il fratello (e qualche volta anche con il padre, barbiere di Zara che aveva sposato una veneta), girava l’Italia in lambretta, con chitarra e fisarmonica, e suonava con successo anche in locali di prestigio. Tant’è che a Roma – ricorda il figlio – al famoso ristorante “Meo Patacca” il grande De Chirico gli aveva elargito una mancia spropositata.

Nel ’63 a 27 anni incontra vicino a Pola Ada Valle, è un colpo di fulmine e la sposa subito. Lei, all’opposto di lui, è ordinatissima. Il matrimonio, nonostante la nascita di un figlio, dura solo sei mesi. E Perich, dopo aver lavorato per un breve periodo come marittimo, torna a casa dai genitori con il figlio. “Vivendo così” ricorda quest’ultimo “aveva mantenuto un rapporto quasi infantile con la realtà, che esprimeva attraverso i suoi quadri”, dipinti nel corso di una vita solitaria, illuminata da una grande fede simbolizzata dalla vistosa croce che portava sempre al collo.

Marianna Accerboni su www.clubradio.it il 5 gennaio 2009

 

 

 

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