da "Libero" del 4 novembre 2010
Il ministro dell' lstruzione Mariastella Gelmini promuova un accertamento sui professori che rifiutano di celebrare la "Giornata del ricordo" o – peggio – prendono di mira gli studenti interessati a conoscere e approfondire il sacrificio degli istriani, giuliani e dalmati perseguitati da Tito. L'invito all' onorevole Gelmini e stato formulato dal mensile "Storia in Rete", diretto da Fabio Andriola.
Rispondendo alla lettera di un lettore che denunciava la persistenza di simili comportamenti da parte di numerosi insegnanti (ad esempio ritorsioni agli orali nei confronti di chi aveva scelto, alla maturità, il tema sulle foibe), lo storico Luciano Garibaldi, titolare della rubrica di corrispondenza con i lettori, ha ricordato chi e come «scoprì le foibe».
Accadde nell' estate 1996, esattamente il 18 agosto, quando il Corriere della Sera affidò il resoconto dell' emozionante evento a uno dei suoi più assidui editorialisti, collocandolo al posto d'onore: nell'articolo di fondo. L'editorialista scrisse che l'Italia avrebbe dovuto vergognarsi perchè, per cinquant'anni passa, aveva steso un velo d' oblio sulle uccisioni di «non meno di diecimila connazionali» a opera dei comunisti di Tito (jugoslavi e italiani).
E poi, fossero almeno stati fascisti, tutti quei morti. E invece no. Il Corriere scoprì quel giorno – e in ciò stava l'autentica novità dello scoop – che i poveretti erano «imprenditori e insegnanti, sacerdoti e carabinieri, impiegati e professionisti, in pratica l'elite di nazionalità italiana» che abitava l'lstria, Trieste e la Venezia Giulia. Il che avrebbe dovuto spingere “La Repubbblica e la sua intellighenzia” a ricordarli e venerarne la memoria, anzichè “regalarli al fin troppo facile uso propagandistico che per tanto tempo ne ha fatto l’estrema destra”.
“Ma da quel momento in avanti”, scrive Garibaldi nella sua lettera aperta al ministro Gelmini “non sarebbe stato più così. Via la destra, che, come gli avvoltoi, si era nutrita per mezzo secolo di cadaveri. Da domenica 18 agosto 1996, tutto il popolo italiano, grazie al Corriere, scoprì le foibe. Perchè il Corriere, e certi suoi editorialisti, erano (non so se 10 siano ancora) come quei tardi epigoni del pensiero hegeliano, i solipsisti, per i quali la realtà esiste soltanto in quanto essi la pensano. Le foibe? Finchè non sono state "pensate" dall' editorialista del Corriere, robaccia fascista”.
Lo storico ricorda poi che 30 anni fa, quando morì Tito, scrisse un servizio che , pubblicò su "Gente" con questo titolo: "A Trieste c'è un monumento a Tito: le foibe". Fu avvicinato da un collega originario di Lussinpiccolo, che gli suggerì di non andare mai più in ferie in Istria, allora sua abitudine. «Ti fanno trovare la coca in macchina e ti danno dieci anni di galera», gli disse.
"Storia in Rete" denuncia infine le falsificazioni storiche, a opera di molti, troppi storici italiani, ospitati dai massimi editori, prima all'insegna del negazionismo, ora all'insegna del giustificazionismo.
“Italiani infoibati? Comprensibili vendette per ripagare la ferocia fascista. Mai provata. E mai esistita, anche perchè le rappresaglie dieci a uno le facevano i tedeschi, non gli italiani nelle cui zone di competenza correvano a nascondersi, a migliaia, gli ebrei. Palatucci: dice niente questa nobile figura? Quanto ai negazionisti, finchè sono giornalisti, o anche storici o presunti tali, a negare la ferocia titina, va bene, tutto è consentito in un Paese che deve avere il culto della libertà. Ma quando sono prof stipendiati dallo Stato, cioè da noi tutti, allora si che chiamiamo alla ribalta il ministro dell'Istruzione, l'ottima onorevole Maria stella Gelmini. Si faccia sentire. Magari, in vista del prossimo 10 febbraio, con una indagine sul comportamento dei prof che rifiutano di celebrare la "Giornata del Ricordo”, solennemente sancita dallo Stato italiano.”