«Mi sono preso una bella cotta per Trieste». È passata una notte soltanto dal suo insediamento. E monsignor Giampaolo Crepaldi, nella sua seconda giornata da vescovo di questa città, la prima lontana dai fari della pubblica solennità, non parla di dottrina ma di emozioni. Le sue. «Emozioni forti», ammette lui, suscitate tanto dalla Trieste delle persone, quella che in un migliaio gli ha riservato l’abbraccio di benvenuto, quanto dalla Trieste dei panorami. Quella che ha ammirato dopo la Santa Messa nella Cattedrale, salendo fino al vicino castello per il brindisi programmato con le autorità. La vista da San Giusto d’altronde, in particolare quando scende il sole, ispira umana meditazione. «Ho provato due emozioni molto forti ieri – racconta il vescovo ricordando la sua domenica – la prima nella Cattedrale quando ho sentito di essere parte, in toto, di questa Chiesa. La Chiesa di Trieste. La mia diocesi. L’accoglimento che quest’ultima ha riservato a me è stato straordinario. La seconda emozione l’ho avvertita dopo la cerimonia, quando dal castello ho visto quello spettacolo, e ho sentito ciò che trasmette questa città. E sì… mi sono preso una cotta».
L’IMPATTO Amore a prima vista, insomma. Niente di meglio per cominciare l’esperienza pastorale lontano da Roma, dalla casa madre del Vaticano, dove monsignor Crepaldi ha appena lasciato il ruolo di Segretario del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, l’organo che ha lavorato all’ultima enciclica di Benedetto XVI, la «Caritas in veritate». E assieme al patriarca di Venezia Angelo Scola, è stato proprio il presidente di quel Pontificio consiglio, il cardinale Renato Raffaele Martino, ad accompagnare il suo ex ”braccio destro” e nuovo capo della Chiesa triestina nel suo arrivo in città.
GLI AMICI Si vociferava persino che alla cerimonia di domenica potessero esserci pure due pezzi grossi del panorama politico-sindacale, amici di monsignor Crepaldi, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi e il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. «C’era qualche problema con i voli ma non sarebbero venuti lo stesso, avevano i loro impegni istituzionali, restano sempre e comunque due cari amici», spiega monsignor Crepaldi.
L’AMBIENTAMENTO In questo clima di ”ambientamento” presto si riempirà la sua agenda. Quella delle consultazioni, degli incontri con i rappresentanti della comunità locale. «Mi si lasci il tempo di rompere i pacchi e sistemare le cose che avevo dentro», ci scherza su il nuovo vescovo. Che precisa: «Per intanto ho già avuto due opportunità. La prima quando ho incontrato uno per uno i parroci di Trieste. Un momento molto emozionante, significativo, coinvolgente, nell’unità tra il vescovo e il suo presbiterio. La seconda stamattina (ieri, ndr), allorché c’è stato il primo incontro con tutti quelli che prestano la loro opera in Curia. Ne ho ricavato un’impressione molto positiva, che mi incoraggia».
LA POLITICA Come «incoraggiante», per monsignor Crepaldi, è stata pure la lettura attraverso il giornale delle reazioni alla sua omelia. Anche la politica è un interlocutore e gli apprezzamenti bipartisan, per colui che regge in città il potere spirituale, hanno un peso. «Ho visto – commenta infatti il successore di monsignor Eugenio Ravignani – che destra e sinistra hanno espresso un consenso che mi ha molto gratificato. Tutti quanti hanno colto quei passaggi rilevanti che mi stavano particolarmente a cuore». A cominciare evidentemente dalla messa in guardia dalle sirene della «postmodernità» e del «riduzionismo ideologico».
LO SLOVENO Eppure il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, l’uomo di governo di Trieste e leader della destra locale confluita nel Pdl, ha ironizzato sul fatto di non aver capito alcune parti della Messa. «L’onorevole Menia – replica sereno monsignor Crepaldi – non ha capito la versione in sloveno della mia omelia, della quale vado orgoglioso…».
(Pietro Rauber su Il Piccolo del 6 ottobre 2009)