E' vittoria del sì, per quanto di stretta misura, al referendum tenuto oggi in Slovenia sull'accordo con la Croazia per un arbitrato internazionale che possa trovare una soluzione al contenzioso marittimo nel nord Adriatico. Con gran parte delle schede ormai scrutinate, i favorevoli sono il 51,7 per cento, contro il 48,2 pc dei contrari. L'affluenza è stata generalmente discreta (intorno al 43 per cento), comunque abbastanza alta se paragonata al tasso di partecipazione ai precedenti referendum. In base alla legge elettorale, non è richiesto nessun quorum e il risultato è valido anche con una partecipazione sotto il 50 per cento dell'elettorato. La vittoria del sì è in primo luogo una buona notizia per la Croazia, il cui parlamento ha ratificato l'accordo già in dicembre, un mese dopo la sua firma. A causa del contenzioso marittimo con Zagabria, la Slovenia – che fa parte della Ue dal 2006 – aveva bloccato per l'intero 2009 i negoziati per l'adesione della Croazia all'Unione europea, facendo slittare di circa un anno la fatidica data, prevista ora non prima del 2012. Alcuni temevano che la vittoria dei 'no' al referendum di oggi avrebbe potuto spingere il governo di Lubiana a porre il veto sull'ingresso della Croazia, creando un precedente che potrebbe essere imitato dagli altri membri della Ue per spingere o costringere i Paesi candidati a risolvere le questioni bilaterali che non fanno parte del negoziato comunitario. Bruxelles, che ha fatto da mediatore all'accordo tra il premier sloveno Borut Pahor e il primo ministro croato Jadranka Kosor, sperava in un sì per concludere i negoziati con Croazia entro la fine di quest'anno, affinché l'adesione possa avere luogo entro il 2012. Anche da Washington erano arrivati segnali che un 'no' sarebbe visto molto male per le ripercussioni che la rallentata adesione della Croazia potrebbe avere su tutta la regione dei Balcani occidentali. Ma la vittoria del sì è soprattutto una buona notizia per il premier sloveno Pahor, che ha messo in gioco la sua reputazione di leader in questo referendum. "Abbiamo ottenuto un buon risultato – ha detto visibilmente contento – e ora possiamo aprire un nuovo capitolo nei rapporti tra i nostri due Paesi". Infatti, è stato proprio lui a negoziare l'accordo con Kosor, così come è stato lui innumerevoli volte a invitare gli sloveni a votare sì. L'opposizione di centro-destra lo ha accusato di aver svenduto gli interessi nazionali, di aver ceduto alle pressioni di Bruxelles e dell'America, di aver chiuso per sempre la possibilità che la Slovenia, con una fascia costiera di appena una quarantina di chilometri, diventi un Paese marittimo a tutti gli effetti legali, ovvero con un accesso diretto con le acque internazionali nel Golfo di Pirano. La campagna referendaria è stata spietata, accesa, piena di colpi bassi come quando su di un manifesto è apparsa la foto di Pahor montata sul corpo di un calciatore della nazionale croata mentre festeggia un goal e la scritta 'Grazie' in croato. Il leader del centro-destra, l'ex premier Janez Jansa, sperava che il referendum si trasformasse anche in un'espressione di voto pro e contro il governo e che i "no" all'arbitrato sul confine bocciassero anche il governo.
(ANSA)