Dalla rubrica Lettere de Il Piccolo del 7 novembre 2009
Un mio amico recatosi a Sesana per assistere alla proiezione di «Trst je naš» non è riuscito a trovare un solo posto libero per la giornata di venerdì 6, anche se la proiezione era stata trasferita nella sala più grande disponibile. Tutto esaurito pure per la replica di domenica 8 novembre. A malapena è riuscito a trovare qualche sedia libera per la terza proiezione prevista per martedì 10 novembre. Questo per dare una pallida idea dell’ampiezza del fenomeno. In attesa di vedere il cortometraggio dello studente sloveno Ziga Virc, mi permetto di fare alcuni commenti. Ziga Virc deve ringraziare l’Unione degli Istriani di Trieste che con le sue reazioni lo ha fatto diventare il regista sloveno più famoso del mondo. Adesso di lui si parla dappertutto, basta dare un’occhiata in rete. Se saprà giocare bene le sue carte, la sua carriera cinematografica è assicurata.
Anche se il suo film è una sciocchezza, questo non conta niente. Ma come è possibile che delle persone che dovrebbero essere politicamente preparate, istruite ed intelligenti come i dirigenti dell’Unione degli Istriani si comportino in siffatta assurda maniera? Fatto sta che Massimilano Lacota, il presidente di quella benemerita associazione, appena ha sentito parlare di un film intitolato «Trst je naš» è partito alla carica. Ed è subito partita pure una protesta inoltrata addirittura al ministero degli Esteri nella quale si dichiara che «i contenuti del film sono contrari allo spirito di pacifica convivenza, apertamente minacciosi ed incitanti all’odio razziale». Tutto questo per un cortometraggio di 27 minuti che il regista, il 22enne Ziga Virc, aveva subito dichiarato essere una parodia ed una presa in giro della Jugoslavia di Tito. Per spiegare le proprie la ragioni il regista ha addirittura inviato a Trieste una copia del trailer del suo film poi proiettato nella sede dell’Unione degli Istriani, ma non c’è stato niente da fare.
Anche se il film avesse mostrato Josip Broz Tito in mutande che corre dietro a Jovanka in camera da letto, non sarebbe cambiato nulla. «Si tratta di un’ennesima provocazione che ricalca i metodi della propaganda jugoslava dell’immediato dopoguerra che stimolava nelle nuove generazioni il mito della vittoria mutilata di Trieste e Gorizia ingiustamente disgiunte dalla madrepatria (jugoslava)» ha sentenziato Massimiliano Lacota. E giù applausi. Secondo me tutto questo finirà come la classica tempesta in un bicchiere d’acqua. (…)
Gianni Ursini