Dopo lo storico incontro di Pola tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il suo omologo croato Ivo Josipovic è tempo di bilanci. Soddisfatto il presidente dell’Unione italiana Furio Radin il quale però denuncia il non ancora avvenuto riconoscimento ufficiale da parte di Zagabria dei drammi delle foibe e dell’esodo.
Dopo l’incontro di Pola tra i capi di Stato di Italia e Croazia è stato chiuso un doloroso capitolo della storia?
Si è trattato di un grande evento e voglio innanzitutto ringraziare i presidenti di Italia e Croazia e tutti i connazionali che hanno partecipato. Comunque le dichiarazioni di Napolitano e Josipovic non volevano chiudere un capitolo della storia ma aprire una strada comune europea.
Perché?
Perché chiudere comporterebbe tanti problemi quanti ne risolverebbe.
La memoria dunque non va cancellata?
La memoria va rivalutata, bisogna parlarne. Non è passato molto tempo da quando in Italia si è ricominciato a parlare dell’esodo e delle foibe. Questo è sicuramente un punto di svolta ma non chiude nessun capitolo.
Ma si potrà avere una sorta di ufficializzazione di quanto è accaduto in Istria, a Fiume e in Dalmazia nel dopoguerra?
Spero di sì, questo però non è ancora avvenuto.
Che cosa manca?
Esiste un problema di fondo. Tutto si rivede, si parla di tutto e si pongono segni di pietà dappertutto in Croazia meno che in Istria. Questo per me è risultato sempre offensivo. Penso che tutti vogliano avere la propria parte di storia e anche l’Istria deve poter rivalutare il periodo dell’esodo.
I tempi sono maturi?
Mah, direi di no e lo si vede anche in alcune dichiarazioni apparse in questi giorni sui giornali locali istriani. Manca ancora quella volontà di ammettere fino in fondo quanto è stato fatto in queste terre. Già nel 2000 io ho chiesto di mettere un segno sulla foiba di Vines e per otto anni si è interrotto il mio rapporto con l’associazione degli antifascisti. Poi è ripreso ma per 8 anni non ci siamo parlati. Questo è un errore degli antifascisti perché solo partecipando in prima persona alla memoria anche di questi eventi, come ha fatto ad esempio l’Anpi a Basovizza, si possono superare questi momenti critici della storia, ammettendo veramente e fino in fondo che ci sono stati anche questi fatti. Bisogna dirlo fino in fondo.
I nazionalismi sono ancora un pericolo?
I nazionalismi in Croazia sono sicuramente ancora un pericolo. In che senso? Dal 2000 ad oggi c’è stata sicuramente una svolta. I nazionalismi non sono più così forti ma non bisogna sottovalutarli. Anzi io penso che anche la sentenza della Corte costituzionale croata che ha bocciato il diritto al cosiddetto doppio voto per le minoranze sia stato un atto dettato più dal nazionalismo che non da elementi giuridici. Il nazionalismo qui ha avuto sempre un grande ruolo e ogni volta che è sembrato che fosse finito poi è invece rinato. Soprattutto in periodo pre-elettorale come questo in Croazia… Sì anche, ma i nazionalismi che si usano nei periodi pre-elettorali sono quelli meno pericolosi. I nazionalismi veri, quelli endemici, vengono fuori nei momenti di crisi sociale e le crisi sociali qui non mancano mai. Quando la torta si fa più piccola allora i nazionalismi tendono a venir fuori. Il rischio è che ciò avvenga anche quando la Croazia sarà nell’Ue. Un rischio per la nostra minoranza, per questo i monitoraggi dovranno continuare anche dopo l’ingresso di Zagabria in Europa.
Il pericolo sussiste ancora dunque…
Secondo me esiste ancora il pericolo di una loro rinascita. In Istria di meno e proprio per questo mi preoccupa di più questa non volontà proprio in Istria di non voler partecipare alla memoria anche di eventi che finora si è evitato di nominare. Quando ciò avverrà se avverrà? È solo questione di tempo per rendere onore anche a questa parte della storia istriana. Un onore giusto, né più né meno di quello che si merita. Questo momento però non è ancora arrivato.
Come vive personalmente questa mancanza?
Per me è quasi un’offesa perché tutte le fasi della storia vengono ricordate in Croazia da parte dei premier, anche da quelli di centrosinistra, ricordo Racan che si recò a Bleiburg, ma qui ogni volta che si nominano le foibe c’è un attimo di freddezza. Non vorrei che questo avvenisse perché in fondo alle foibe ci sono gli italiani.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 7 settembre 2011