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08 dic – La Venezia Giulia ”frattura” della (dis)unità d’Italia

di PIETRO SPIRITO su Il Piccolo dell'8 dicembre 2010

Il caso Wikileaks, con la diffusione di imbarazzanti documenti diplomatici riservati, dimostra una volta di più che la storia moderna viaggia sempre su due binari, uno che segue i fatti pubblici, l’altro che si inoltra in quelli coperti dal segreto. Il lavoro di intelligence, vale a dire l'informazione militare o civile basata sulla raccolta e l’ analisi di notizie e dati dalla cui elaborazione ricavare informazioni utili al processo decisionale militare, nonché alla prevenzione di attività destabilizzanti di qualsiasi natura, è alla base di ogni processo storico. Specie se i servizi di intelligence assumono forme deviate. Ben consapevole di ciò, da molti anni il giornalista Silvio Maranzana si occupa, come cronista e come storiografo, di seguire e studiare le intricate fila delle trame oscure sottese agli avvenimenti storici, concentrando il suo lavoro intorno all’assunto per cui Trieste, Venezia Giulia e regioni limitrofe per tutto l’arco del Novecento di queste trame sono state spesso punto nodale. Insomma terre di spie, fertili per il fiorire di organizzazioni occulte, adatte allo smistamento di tensioni tra Est e Ovest, permeabili al passaggio di strategie messe a punto in centri d’eversione annidati in luoghi più lontani, da Roma a Zagabria. Movimenti favoriti da quel drammatico e complesso sussegursi di eventi che hanno avuto come scenario il ”confine mobile”: dalla nascita del fascismo orientale alla seconda guerra mondiale, dalla guerra fredda alle più recenti guerre nei Balcani.

Ed è proprio lungo questo percorso che si svolge l’ultimo libro di Maranzana, ”La (dis)unità d’Italia” ovvero ”Guerra anticomunista sul fronte orientale dagli Arditi a Gladio” (Ed. Italo Svevo, pagg. 228, euro 18,00), saggio che, spiega l’autore, «partendo in particolare dalle minacce d’invasione, reali o presunte, provenienti dall’Est comunista, ripercorre i lunghi fili nero e rosso che hanno caratterizzato la storia di Trieste, di Gorizia e della Venezia Giulia dalla fine della Prima guerra mondiale fino alla strategia della tensione». E ”Gladio e la guerra fredda sul confine orientale”, sarà il tema del dibattito che si svolgerà domani, alle 18, nell’area conferenze della nuova libreria Fenice, nell’omonima galleria (tra via Battisti e via San Francesco), in occasione della presentazione del libro.

Assieme a Maranzana ci sarà il generale Paolo Inzerilli, ultimo comandante di Gladio e capo di Stato maggiore del Sismi fino al 1991, già indiziato di cospirazione politica dal giudice istruttore Felice Casson e alla fine assolto con formula piena. Inzerilli dibatterà con Stojan Spetic, già senatore del Partito comunista e componente della Commissione Mitrokhin.

Sarà un’occasione per avere un assaggio concreto dei temi affrontati nel libro di Maranzana, che comincia nel 1918, con la nascita dell’Ito, l’Ufficio informazioni truppe operanti, «conseguenza della riforma dei servizi segreti italiani attuata nel 1916». A capo della struttura c’è il tenente colonnello Finzi, che – scrive Maranzana – «nel novembre 1918 viene inviato nella Venezia Giulia per creare un centro spionistico verso i paesi dell’Est». In realtà, Finzi tiene d’occhio il governatore militare Petitti di Roreto «per conto di formazioni parapolitiche non sempre individuabili». È l’inizio di quelle turbolenze che segneranno la storia italiana per tutto il Novecento, con i primi complotti del ’19 «miranti a instaurare una dittatura militare» il cui «asse dei collegamenti dei congiurati si trova lungo la direttrice Roma e Venezia Giulia».

Pagina dopo pagina, sigle, personaggi, misteri compongono un’intricata geografia che Maranzana percorre senza incertezze focalizzando la lente su figure e momenti noti e meno noti. L’attività della Ceka di Mussolini, «una specie di polizia segreta fascista», ma anche l’organizzazione clandestina Tigr, la Borba, il ruolo dell’MI6, il servizio segreto inglese durante la lotta partigiana, i collegamentio dei servizi italiani con gli Ustascia croati, i crimini dell’Ozna, la polizia segreta jugoslava, le azioni della Lega nazionale nella Trieste del Territorio libero. E ancora il ruolo di Vittorio Vidali in Unione Sovietica, e avanti fino a Gladio e ai depositi di armi sul Carso e ai collegamenti più recenti con la destra estrema croata, tanto che «i contatti italiani con gli ustascia croati sembrano non finire mai e tornano clamorosamente alla ribalta anche dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia».

La tesi che regge tutta l’argomentazione di Maranzana è semplice: proprio nell’imminenza dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia e mentre una parte politica rappresentata in parlamento continua a parlare della frattura tra Nord e Sud, il tessuto delle trame oscure, spiega il giornalista, «tende a mettere in luce come il nostro Paese sia stato invece spaccato, per certi versi fino ai nostri giorni, da una guerra civile e non, più complicata di una semplice contrapposizione tra fascisti e comunisti e tra italiani e slavi, che proprio sul nostro territorio ha fatto segnare alcune delle pagine più buie sul versante politico e etnico».

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