Al Direttore del quotidiano di Trieste “Il Piccolo”
Gentile Direttore,
sono Eufemia Giuliana Budicin, consigliere del Comitato di Roma dell’Anvgd (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) e addetta stampa della Mailing List Histria (www.mlhistria,it), organizzazione autofinanziata con lo scopo di preservare la cultura italiana nell’Adriatico orientale.
Ho seguito la copertura mediatica del viaggio del Papa a Zagabria e desidero far notare qualche inesattezza apparsa sulla stampa.
Il nuovo ambasciatore croato presso la Santa Sede ha incentrato il discorso di presentazione delle sue credenziali sulla figura del gesuita-scienziato-letterato Ruggiero Boscovich. Nato a Ragusa di Dalmazia tre secoli fa da madre bergamasca (Paola Bettera) e da padre serbo, Boscovich è stato qualificato dall’ambasciatore come grande genio croato, e l’Osservatore Romano ha preso per buona questa definizione, dedicandogli due articoli nell’edizione del 5 giugno, di Maria Maggi e di Luca Possati. Il 5 giugno anche il Tempo ha dedicato a Boscovich un articolo similare a firma di Andrea Gagliarducci.
Il raguseo Ruggiero Boscovich – che si è sempre firmato così (vedi foto allegata della sua firma autografa originale) – è diventato quindi il croato Ruder Boškovic nonostante egli abbia pubblicato le sue opere unicamente in italiano e in latino, sia vissuto a lungo in Italia dov’è morto, ed abbia espressamente affermato di sé stesso d’essere “dalmata di Ragusa (…), purtuttavia visto il lungo soggiorno (…) in Italia fin dalla prima giovinezza, si può in qualche modo dirsi italiano” .
La Croazia propria all’epoca della Repubblica di Ragusa era parte del regno d’Ungheria, al cui re santo Stefano è dedicata la cattedrale di Zagabria, e aveva solo uno sbocco sul mare Adriatico nel canale della Morlacchia (Segna).
Avocare la storia e la cultura della Dalmazia unicamente alla Croazia è non solo infondato, ma lesivo nei confronti dei dalmati stessi, fieri del loro gloriosi conterranei, influenzati lungo i secoli in vario modo dalla civiltà latina e italiana.
Così purtroppo è diventato inequivocabilmente e unicamente croato il musicista Giovanni Giornovichi (nato probabilmente a Palermo da genitori ragusei, non mise mai piede nei territori oggi croati), di cui è stato suonato un pezzo durante il concerto dedicato al Papa al Teatro di Zagabria. Addirittura, è diventata croata l’arte paleocristiana di Salona, distrutta proprio dai protoslavi al seguito degli Avari nel VII secolo, cui l’Osservatore Romano ha dedicato un articolo il 4 giugno. di Fabrizio Bisconti. Scrivo questo non per amor di polemica, anche perché è giusto che la Croazia entri a far parte dell’Unione Europea, ma per far notare che non è che falsificando dati storici si acquistino maggiori meriti.
La Croazia ha dato in passato il proprio contributo alla storia comune europea, e ora che ha anche la Dalmazia fa parte dello stato croato, credo sia doveroso distinguere le due entità culturali che la composero – quella slava e quella latina – senza sminuirne una rispetto all’altra.
La presenza fisica degli italiani in Croazia è esigua, dopo l’esodo seguente alle due guerre mondiali, ma le testimonianze della cultura latina e italiana sono cospicue. Spero che tutti i croati, così ammirevolmente fieri della loro nuova indipendenza, siano ben disposti a conoscere in modo completo il passato del loro stato, accettando non solo l’attuale presenza sul territorio della Repubblica di Croazia di importanti minoranze autoctone presenti sia in Istria, che nel Quarnaro, che in Dalmazia, ma anche la loro ricca e importante storia
Ringrazio per la cortese attenzione e, confidando nella diffusione di queste precisazioni, porgo i migliori saluti.
Eufemia Giuliana Budicin