di ANDREA MARSANICH su Il Piccolo del 9 febbraio 2011
La Croazia si appresta a leggere una pagina tra le più tragiche del suo album dei ricordi. Una pagina accuratamente nascosta e negata: i crimini commessi nel Paese dal regime comunista jugoslavo tra il 1945 e il 1990, l’anno in cui si tennero le prime elezioni pluripartitiche e libere che significarono la prima ventata di democrazia e la fine del comunismo in Croazia.
È stato il ministro degli Interni, Tomislav Karamarko, in una lunga intervista concessa al quotidiano zagabrese Vecernji list, a confermare che la polizia sta per intensificare le indagini al fine di risalire ai responsabili dei gravissimi reati perpetrati dai comunisti e rimasti impunite a decenni di distanza. Si fa dunque spazio la speranza – anche se solo i risultati concreti potranno spazzare via dubbi, perplessità e scetticismo – che anche le vittime di nazionalità italiana siano riconosciute e ottengano giustizia e che i responsabili, vivi o morti che siano, abbiano un nome e una condanna. I crimini ai danni degli italiani nelle aree del loro insediamento storico sono stati un tabù all’epoca della Repubblica federativa di Jugoslavia mentre in Croazia sono stati spesso ignorati, talvolta negati, ridimensionati o relativizzati. Chi ha tentato di parlarne negli ultimi 20 anni, inoltre, si è ”schiantato” su un muro di gomma in un clima di sospetto e inimicizia.
Adesso, però, almeno a parole, il cambio di rotta: «Finora in Croazia sono stati evidenziati 718 siti in cui avvennero crimini comunisti: 628 sono fosse comuni» ha affermato il ministro Karamarko, un tecnico, in carica dall’ottobre 2008, dopo l’uccisione a Zagabria della figlia dell’ex vice premier Ljerka Mintas Hodak. E ha aggiunto: «Riteniamo che nelle fosse possano trovarsi i resti di 90 mila persone, soprattutto di nazionalità croata, appartenenti al regime ustascia di Pavelic, civili, donne, bambini, come pure soldati italiani e tedeschi».
Stando a Karamarko, che nella sua intervista non ha fatto riferimento alle vittime civili italiane in Istria, Quarnero e Dalmazia, fino a questo momento sono state effettuate 81 riesumazioni, che hanno portato al ritrovamento di circa 4 mila corpi, appartenenti nella stragrande maggioranza dei casi a prigionieri di guerra, militari e civili: prigionieri che venivano legati con filo metallico, anche a gruppi, e poi finiti con un colpo d’arma da fuoco al capo. «La nostra non è un’operazione di marketing nell’anno delle elezioni politiche» ha specificato il ministro, rispondendo a chi ha avanzato il sospetto. E ha spiegato che «in tutto questo periodo è mancata la volontà politica di levare il sipario sulle malefatte comuniste. Ma la Croazia è obbligata a farlo, sia in virtù della propria legislazione sia in ossequio a due risoluzioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: la 1096 e la 1481». Il ministro ha anche ricordato che al Sabor, il parlamento croato, è ormai arrivata alla seconda lettura «la legge sul rinvenimento, la marcatura e la cura delle fosse delle vittime del regime jugocomunista dopo la Seconda guerra mondiale». Quando la normativa sarà approvata, ha concluso, «il governo avrà l’obbligo di assicurare i mezzi finanziari per le ricerche e le riesumazioni senza le quali le indagini e i successivi processi non saranno possibili. Ho il sostegno incondizionato del presidente della Repubblica Ivo Josipovic e della premier Jadranka Kosor. L’ex capo dello Stato, Stipe Mesic, ha invece espresso contrarietà a che si celebrino processi per le tragiche vicende avvenute nella Jugoslavia comunista. Libero di pensarla così. Ma noi andremo avanti sull’esempio di quanto sta avvenendo in Slovenia e Serbia. Fino ad oggi abbiamo interrogato 2 mila persone, sporto cinque denunce contro ignoti e una contro persona nota. Associazioni e singoli hanno inoltre depositato 39 denunce e inoltre abbiamo circa 500 rapporti sui crimini di quegli anni. Sono numeri destinati ad aumentare di parecchio».