di Dario Saftich su La Voce del Popolo (quotidiano italiano in Croazia) dell'8 maggio 2010
La guerra degli anni Novanta ha scavato solchi profondi tra la gente. La nascita dei nuovi Stati sulle ceneri dell'ex Jugoslavia, e in particolare le divisioni su base nazionale e confessionale in Bosnia ed Erzegovina, con la creazione di confini ufficialmente "inesistenti", ovvero invisibili, ma ben percepibili dalle popolazioni interessate, ha favorito l'innescarsi di un esodo strisciante verso le rispettive "Nazioni madri". Complice anche l'istituto della doppia cittadinanza, tantissimi croati di Bosnia hanno lasciato la loro terra, oppure si sono radicati… a metà nelle aree più vicine al confine, soprattutto in Dalmazia. Ormai è ben nota la vicenda degli elenchi elettorali "gonfiati" nelle località limitrofe all'Erzegovina, che ha scatenato l'ira di parecchi partiti convinti di essere danneggiati alle elezioni amministrative da quello che vedono come una sorta di "turisti del voto". Ma non è certo la volontà di inquinare le elezioni in Croazia a spingere i croati di Bosnia a prendere la residenza in Dalmazia: l'obiettivo di fondo è quello di poter godere di qualche beneficio, di cui fruiscono i "residenti veri", ma forse a volte anche il desiderio di poter disporre di qualche carta di riserva da giocare nel caso le cose dovessero mettersi di nuovo male nei rapporti tra i popoli bosniaci. Non per niente la volontà di Zagabria di cancellare la doppia residenza (per adeguarsi alle disposizioni europee) ha suscitato un'autentica psicosi tra i croati di Bosnia, messi con le spalle al muro, spesso terrorizzati dall'idea di essere costretti a compiere una scelta netta. Di fronte alle "minacce" neanche tanto velate di un esodo ancora più massiccio verso le Croazia, le modifiche di legge sono state annacquate. In altre parole pur cancellando formalmente la doppia residenza, dovrebbero permanere i benedici che essa attualmente comporta. Serviranno chiaramente acrobazie amministrative e burocratiche per conseguire questo risultato.
Ma quello che più interessa dall'ottica nostrana è il fatto che l'evocazione di un esodo di massa dei croati di Bosnia, abbia spinto gli analisti in Croazia a tracciare dei "parallelismi psicologici" con un altro esodo, troppo spesso dimenticato, quello degli italiani dalla Dalmazia, da Fiume e dall'Istria. Il noto scrittore croato, originario della Bosnia, Miljenko Jergović, sullo "Jutarnji List" è stato molto chiaro: "Dopo l'altra guerra le autorità jugoslave hanno costretto gli italiani istriani e dalmati a compiere una scelta: o rimanere oppure optare per la cittadinanza italiana e andarsene. Circondati dall'ostilità della popolazione slava maggioritaria, con lo stimma di essersi stati a fianco del potere fascista di Mussolini, gli italiani indigeni hanno scelto in massa la partenza per l'Italia. A prescindere dal fatto che sia stata concessa loro a prima vista la facoltà di scegliere, da un punto di vista tecnico, ma anche morale, si è trattato di un genocidio. Possiamo, ma anche non dobbiamo, accettare il pretesto che quelli erano altri tempi e che dopo il 1945 allo stesso modo si sono comportati altri Stati e altri poteri vincitori". Al ragionamento di Jergović si deve aggiungere, perlomeno, il ricordo di un altro esodo, di un altro calvario, quello degli italiani di Dalmazia dopo la Prima guerra mondiale, già allora costretti a "scegliere". Ora lo stesso incubo, pur con tutte le dovute differenze storiche, si ritrovano a viverlo le popolazioni della Bosnia e in genere dell'ex Jugoslavia, venute a trovarsi in una "zona sbagliata". Corsi e ricorsi della storia, si dirà. Ma anche un modo per capire che davvero è necessario comprendere le tragedie del passato per evitare che abbiano a ripetersi… Il caso bosniaco evidenzia che non siamo di fronte a un luogo comune… La storia dalmata si dimostra ancora una volta emblematica per discernere quanto è successo poi anche nell'entroterra.