Dopo il 25 aprile 1945 raggiunse il culmine quella che gli storici hanno poi chiamato la corsa per Trieste. Da una parte le truppe angloamericane inseguivano i tedeschi in ritirata e volevano il capoluogo giuliano per sfruttare il porto come base logistica ed i suoi collegamenti con l’entroterra, poichè l’Austria sarebbe stata presto presidiata da truppe alleate.
Dall’altra l’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia voleva realizzare il progetto espansionistico di Josip Broz Tito, il quale voleva non solo respingere gli occupanti fuori dai vecchi confini jugoslavi, bensì annettere anche le province italiane ed austriache in cui vi erano comunità slovene e croate, ancorchè minoritarie. Trst je naš era uno dei motti dell’esercito titino, che aveva fatto incetta di armi italiane dopo lo sbandamento dell’8 Settembre, che aveva inquadrato le formazioni partigiane che avevano compiuto la prima ondata di stragi nelle foibe (settembre-ottobre 1943), che aveva ottenuto dagli angloamericani il bombardamento a tappeto di Zara, che aveva compiuto le stragi delle “foibe azzurre” in Dalmazia, che aveva ottenuto l’adesione di bande partigiane italiane di fede comunista ben contente di vedere le province del confine orientale italiano annesse alla rinascente Jugoslavia comunista e che aveva creato la polizia segreta Ozna.
Quel primo maggio 1945 il IX Korpus faceva il suo ingresso a Trieste, che già il giorno prima il Comitato di Liberazione Nazionale cittadino aveva liberato, mentre a Lubiana e a Zagabria ancora non erano giunte truppe titine. L’occupazione jugoslava sarebbe poi toccata anche a Pola, Gorizia e Fiume, in quanto l’occupazione militare della Venezia Giulia era considerata un’ipoteca sulla definitiva annessione in sede di conferenza di pace. Gli angloamericani giunsero poco dopo e poterono vedere l’Ozna all’opera per Quaranta giorni. Liste di proscrizione compilate da informatori e delatori locali, processi sommari, deportazioni a marce forzate verso campi di concentramento in Slovenia e Croazia, una nuova stagione di eliminazioni nelle foibe, la persecuzione non solo di ex fascisti e collaborazionisti dei tedeschi, ma anche di patrioti antifascisti, democratici e partigiani italiani autoctoni che si opponevano all’espansionismo jugoslavo. Tra militari uccisi in spregio alle norme di guerra, persone scomparse nel nulla, vittime di esecuzioni sommarie e sequestrati che non fecero mai ritorno, la stima delle vittime può raggiungere la cifra di 10.000.
Il 12 giugno 1945 gli angloamericani ottennero che Tito si ritirasse da Trieste, Gorizia e Pola (Zona A sotto amministrazione militare angloamericana) e tenesse le sue truppe a est della cosiddetta Linea Morgan, nella Zona B, ove doveva costituirsi un’amministrazione militare jugoslava ed invece si avviò un processo annessionistico che significò ulteriori vittime e persecuzioni.
La Via Crucis della Venezia Giulia, iniziata l’1 maggio 1945, avrebbe raggiunto il suo Golgota il 10 febbraio 1947, giorno in cui fu firmato il Trattato di Pace che sanciva i nuovi confini. Le tappe di questa Via Crucis hanno nomi come foiba di Basovizza, campo di concentramento di Borovnica, fossa comune di Castua, strage di Vergarolla, foiba di Monrupino…
Lorenzo Salimbeni
Responsabile comunicazione Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia