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11 feb – Il discorso del Presidente Toth in Campidoglio

Vi proponiamo l'intervento del presidente nazionale ANVGD Lucio Toth, tenuto a Roma in Campidoglio in occasione del "Consiglio straordinario degli Esuli".

 

Signor Sindaco, Signori Assessori, Autorità, Concittadini

Qui, su questo colle del Campidoglio, è la nostra patria.

Anche se veniamo dall’altra parte dell’Adriatico. Perché da quei sono partite le aquile che hanno dato ordine e leggi alle nostre terre di là dal mare.

Non che non esistessero già in Istria, in Quarnaro e in Dalmazia forme di cultura e di organizzazione civile. Ma Roma ci ha dato l’unità, con la sua lingua che abbiamo conservato. Ci ha dato l’universalità delle sue leggi.

Un’universalità che è rimasta nel nostro DNA e ci ha impedito e ci impedisce di vedere nel diverso un nemico. A differenza di chi ha visto noi come nemici, da abbattere e da cacciare dal suolo natale.

C’è un filo di miti, di leggende, di eventi considerati significativi che collega l’autoidentificazione delle persone, delle comunità, dei popoli.

Per noi questo filo è la latinitas. In essa ci riconosciamo e nel suo mito siamo stati educati. Nessuno ce lo può strappare dalla mente e dal cuore, così come ci hanno sradicato dalla nostra terra. Perché fa parte di noi stessi e ce la portiamo dentro, ovunque andiamo.

Senza identità non c’è popolo, non c’è nazione.

Alla Gens Iulia in particolare è collegata tutta la nostra storia.

Entrati nell’orbita di Roma già nel II secolo A.C., insieme all’Italia padana, abbiamo avuto da Cesare e da Augusto la cittadinanza romana.

«Pater Patriae» era inciso nelle dedicazioni a Ottaviano Augusto dei nostri fori, delle nostre basiliche, degli archi trionfali, da Aquileia a Tergeste, a Parenzo, a Pola, a Tarsatica, a Zara, a Salona. E municipi di diritto latino erano le nostre città.
«Alpi Giulie» sono chiamate in tutti gli atlanti e in tutte le lingue le montagne che separano la nostra regione dal resto d’Europa.

E nella nostra identificazione collettiva è a questa matrice che ci richiamiamo.

Come nella figura di Enea che reca sulle spalle il padre Anchise e tiene il figlio per mano troviamo il simbolo del nostro esodo, quando sessanta anni fa abbiamo abbandonato la nostra patria di fertile terra rossa e di pietre bianche per restare fedeli alla nostra patria ideale. Roma stessa è una città fondata da esuli, che riscattarono la perdita della terra d’origine con la grandezza del loro destino.

Da questa eredità di sacrificio e di coraggio derivano i nostri diritti di essere guardati con rispetto e riconoscenza per l’esempio morale che abbiamo dato alla Nazione. Per la forza interiore che ci ha tenuto uniti a dispetto delle discriminazioni e della dimenticanza.

«La dimenticanza – ha lasciato scritto Niccolò Tommaseo – perde i popoli e le nazioni perché le nazioni altro non sono che memoria.»

Siamo grati allora al Comune di Roma che da anni celebra il Giorno del Ricordo e al Sindaco Gianni Alemanno e all’Assessore Laura Marsilio per avere organizzato l’anno scorso un viaggio-pellegrinaggio delle scuole romane nei luoghi della memoria: a Redipuglia, a Trieste, in Istria. E vi ritorneranno anche quest’anno visitando Fiume.

Come siamo soddisfatti dell’iniziativa del Ministro Mariastella Gelmini che il 23 febbraio prossimo riunirà a Roma un seminario per insegnanti degli istituti medi superiori che si interessano alle tematiche delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

Attendiamo adesso che si adempia una promessa del nostro Comune: che questa città destini a noi una Casa del Ricordo dove i giovani di tutta Roma si possano trovare con i nostri figli e nipoti a tenere vivo il fuoco di questo nostro amore per l’Italia e per questa città.

La diffusione delle iniziative su tutto il territorio nazionale e tra le comunità italiane all’estero dimostra come il ricordo delle vittime delle Foibe e dell’Esodo della popolazione italiana dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia stia diventando patrimonio comune della memoria della Nazione: un insieme di eventi che non riguarda soltanto un periodo storico limitato, ma tutta la lunga e luminosa storia degli italiani dell’Adriatico orientale.

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