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11 mag – Farnesina: serbi e croati si sentano europei

di PIER PAOLO GAROFALO su Il Piccolo dell'11 maggio 2010

La Farnesina cambia ”volto” ma non la sua attenzione verso i Balcani Occidentali e segnatamente verso la Slovenia e la Croazia, con le comunità della minoranza italiana all’estero. All’indomani dell’annunciata riforma del Ministero degli Esteri, necessaria in un mondo sempre più globalizzato e che vedrà la ”macchina” diplomatica italiana lavorare non più ripartita nelle classiche aree geografiche ma per macro-settori (sicurezza, integrazione europea e promozione del sistema-Paese i tre ”pilastri”), giungono rassicurazioni.

«Questa area geopolitica – spiegano al Servizio stampa – da oltre un anno vede un grande rilancio dell’iniziativa italiana. Culminerà con la Conferenza Ue-Balcani a Sarajevo del 2 giugno, evento pensato e programmato dall’Italia anche se sotto la presidenza spagnola».

Il ministero retto da Franco Frattini crede fortemente nell’importanza della stabilizzazione e democratizzazione della regione, elemento cruciale per la sicurezza e il benessere degli Stati della casa comune europea ma anche anelli di una catena che guarda oltre, all’integrazione nell’Ue di Paesi ancora più a Est. E a chi avanza considerazioni euroscettiche si risponde: «È un processo naturale; vogliamo che serbi, croati, albanesi, montenegrini e altri si sentano compiutamente ”cittadini europei”, ”cittadini Ue”, agendo come tali. E che anche le dinamiche politiche e parlamentari dei loro Stati siano improntate agli stessi valori e allo stesso senso di appartenenza». Molta parte di tali convinzioni e tale attitudine è frutto di un’influenza personale del titolare degli Esteri e della sua strategia per i Balcani e l’Est Europa in genere.

«L’azione del ministro Frattini – sottolineano alla Farnesina – combina l’intimo convincimento che i Balcani siano un’area strategica per l’Italia e la sua particolare sensibilità anche verso quelle popolazioni. E ancora di più ovviamente per i nostri connazionali lì residenti. Da qui il suo impegno continuo, riconosciutogli in ogni capitale della regione. D’altronde se gli Stati raggiungono gli standard previsti non è pensabile che l’Unione europea non li accetti». Un impegno ”ubiquo”, che a volte rischia di essere interpretato come un ”cerchiobottismo” i cui benefici non sempre risultano evidenti, almeno nel breve periodo, o peggio appare non risolutorio. Schierarsi al contempo con entrambi i contendenti può aprire falle pericolose. Un caso è il Kosovo: Roma è stata tra le prime capitali europee a riconoscere l’indipendenza dell’ex provincia di Belgrado e culla dell’identità nazional-religiosa serba. Ne supporta ogni aspetto dello sganciamento dall’ex ”occupante”, che anche in base a una risoluzione Onu oppone resistenza. E appoggia la ”pigra” Missione Eulex, subentrata in gran parte a quella Onu, l’Unmik sbilanciata da sempre verso Pristina. D’altra parte il governo italiano si adopera per favorire l’ingresso della Serbia nell’Ue. Propositi lodevoli, certo, ma sul terreno la situazione è diversa. Pochi giorni fa i kosovari albanesi per piegare la minoranza serba arroccata ormai nella sola parte Nord di Mitrovica avevano oscurato le linee di telefonia mobile serba. Dopo inutili proteste di rito della comunità e delle missioni internazionali, qualcuno aveva distrutto col tritolo tralicci della telefonia albanese. Il giorno dopo i serbi potevano tornare a parlare ai cellulari, coincidenza troppo sospetta per non avvalorare la tesi di una dirigenza kosovara ancora ”sensibile” a pressioni più ”materiali” che ideali. E l’imprenditore friulano Fantinel dopo avere messo a vigna metà dei 1200 ettari acquistati con una società mista vicino a Suva Reka, nel Centrosud, è potuto entrare nella sua azienda solo con la scorta dei carabinieri del locale contingente Msu per ”diverbi” con il malfamato socio locale.

La Farnesina comunque guarda avanti e con una visione più generale: «Qualche incidente di percorso è normale; resta la nostra attenzione speciale per i Balcani e le minoranze italiane».

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