Al Festival internazionale èStoria, in cartellone a Gorizia dal 21 al 23 maggio intorno al tema “Orienti”, un appassionato omaggio arriva, dai promotori del festival, allo storico triestino Elio Apih, scomparso nel 2005, e al quale è dedicata, fin dalla prima edizione di èStoria nel 2005, una delle due location della manifestazione, la Tenda Apih appunto, cuore del dibattito storico e storiografico che si accende ad ogni edizione intorno al nostro tempo, e in particolare alle vicissitudini del territorio giuliano e di frontiera. Il festival èStoria, che ha voluto fattivamente ricordare anche l’opera e gli studi dello studioso Antonio Sema tributandogli un premio nel segno della divulgazione e della didattica storica, quest’anno ricorderà Elio Apih, i suoi studi e le sue ricerche, ma soprattutto la sua personalità e le sue intuizioni spesso geniali, presentando addirittura un inedito dello storico triestino, “Le foibe giuliane” (180 pagine, collana Novecento € 18), che viene pubblicato da Leg – Libreria Editrice Goriziana e sarà disponibile in libreria da venerdì 14 maggio.
Un’occasione per ribadire la statura critica e speculativa di Apih, capace di rinnovare la storia di Trieste e della regione Giulia, trasferendola, dalla dimensione della tradizione locale filologico-erudita, a quella europea, dell’illuminismo e del riformismo settecentesco, studiando fenomeni come il nazionalismo e il fascismo, e rivolgendo altresì la sua attenzione a problematiche quali la politica di snazionalizzazione fascista, gli ebrei triestini, l’antifascismo sloveno, la resistenza jugoslava, le foibe, l’austromarxismo. “Le foibe giuliane” esce in edizione postuma con l’attenta curatela critica di Roberto Spazzali, Marina Cattaruzza e Orietta Moscarda Oblak; la figura di studioso e intellettuale di Elio Apih viene delineata con grande intensità da Marina Cattaruzza nell’ultimo capitolo del libro.
Gli interrogativi posti da Elio Apih e le riflessioni che essi suscitano nel percorso del libro “Le foibe giuliane”, muovono da un quesito fondamentale: “Come e da dove viene l’‘infoibamento’ nella Venezia Giulia?” È bene precisare che l’Autore tratta sia delle foibe del 1943 in Istria, sia delle foibe del 1945, che riguardarono anche Gorizia, Pola e Fiume, ma soprattutto, per efferatezza, Trieste. Ciò detto, è significativo che il primo capitolo si apra su uno scenario di vuoto metafisico: l’abisso (abissus abissum invocat) in cui si agitano elementi da primordio evocati tramite suggestioni letterarie, echeggiano voci di un’antica coscienza filosofica centroeuropea, si ridesta un universo premoderno di credenze misteriche e magiche che aveva profondamente colorato i tessuti dell’immaginazione di tante generazioni di istriani; la percezione diffusa è quella del male connesso alla foiba. Ma sul piano storico l’“infoibamento” come eccidio trova collocazione nel quadro della Seconda guerra mondiale; taluni episodi (il massacro di Katyn, le Fosse Ardeatine, le stragi in Spagna descritte da Hemingway) possono fare pensare ad un’analogia fra le modalità “rituali” dell’eccidio.
Tuttavia il quadro delle foibe giuliane pone la questione di un uso barbarico che sembra appartenere all’Europa centro-orientale, e ci si domanda se esista un’inquietante presenza di “esperti” istruiti dai protagonisti dei fatti di Katyn. Si tratta, ad ogni modo, di un accadimento storico complesso, che rompe un plurisecolare assetto sociale da un lato, e dall’altro, nella lotta di liberazione, assume, dal punto di vista sloveno o croato, carattere di revisione confinaria con l’Italia. Le tensioni politiche si intrecciano con quelle nazionali e viceversa, sicché la correlazione causa-effetto non è, per Apih, l’unica chiave interpretativa ammissibile. Per decenni la questione delle foibe è stata ostaggio della polemica politica, fondata sul mero conteggio dei morti, sulla descrizione delle atrocità, senza contare l’aleatorietà delle testimonianze dirette, tanto più incerte quanto più accentuata ne è la contingente emotività.
L’ipotesi dell’Autore è che il comunismo jugoslavo non è stato sottoposto a giudizio in quanto ha goduto di un’ampia immunità dettata dall’atlantismo e incontrato l’apprezzamento della sinistra italiana in nome della politica di equidistanza terzomondista di Tito; in Italia l’antifascismo si sarebbe invece dovuto impegnare di più nella costruzione di un’etica democratica nella società civile, e meno in quella di un’etica politica o partitica, nel corso di un lungo processo che ne ha enfatizzato il culto eroico anche tramite l’abuso retorico, laddove la generazione democratica di Apih aveva intravisto nell’antifascismo l’opportunità di una rifondazione morale della Nazione italiana.
Elio Apih (Trieste, 1922–2005), laureatosi in Filosofia teoretica a Padova nel 1945 e in Storia del Risorgimento a Trieste nel 1947, è stato uno dei massimi rappresentanti della storiografia triestina e giuliana del Novecento. Dal 1996 al 2000 è stato membro della Commissione storico-culturale italo-slovena. Autore, fra l’altro, di La società triestina nel secolo XVIII (1957), Italia: fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943) (1966), Risiera di San Sabba. Guida alla mostra storica (1983), Il ritorno di Giani Stuparich (1988), con Trieste, del 1988, raggiunge il più alto momento di sintesi della sua pluridecennale attività.