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12dic11 – La Società Dalmata di Storia Patria illumina gli archivi dimenticati

C’è un tesoro in Dalmazia. Un tesoro di carta, semisconosciuto. È custodito negli archivi sparsi lungo l’Adriatico orientale e per anni è rimasto a dormire senza che quasi nessuno ne sapesse nulla. A tentare di disseppellirlo ci sta provando la Società dalmata di storia patria di Roma (c’è n’è anche una a Venezia, ma tra i due sodalizi non scorre il miele). Il progetto è guidato da un lidense, Bruno Crevato- Selvaggi, e a compiere le ricerche sul campo è un’archivista che sta battendo palmo a palmo tutti gli archivi dalmati. Valentina Petaros, 38 anni, laurea in filologia, è un’italiana di Capodistria (oggi Koper, in Slovenia) e ha dalla sua l’incomparabile vantaggio di conoscere sì l’italiano (e naturalmente lo sloveno), ma anche il croato. Ora, se i documenti sono quasi tutti scritti in italiano, e per questo motivo spesso inaccessibili ai croati, gli inventari e i cataloghi sono invece ovviamente in croato, e quindi di difficile approccio per gli italiani. Petaros, che è archivista, sta inventariando i fondi per capire cosa esattamente ci sia nei documenti conservati in Dalmazia, oggi in Croazia, e nelle Bocche di Cattaro (Boka Kotorska), in Montenegro.

 

L’archivio più importante, soprattutto per il periodo veneziano, è quello di Zara (Zadar), dal 1964 ospitato nell’ex caserma della cavalleria veneta, dove prestò servizio Carlo Gozzi che ne scrisse nelle sue Memorie inutili. La documentazione più clamorosa conservata a Zara sono le tavole catastali della cosiddetta Linea Grimani, ovvero il nuovo confine tra i possedimenti della Serenissima e quelli dell’impero ottomano stabiliti all’indomani della pace di Carlowitz, nel 1699. Questo fondo, il cui esame è finanziato anche da Coordinamento adriatico e Disma, è composto da 531 buste che contengono grandi tavole colorate di un metro per ottanta per centimetri che illustrano tutto il territorio compreso tra il Golfo del Quarnero (Qvarner) e le Bocche di Cattaro. Sono disegni bellissimi che costituiscono un repertorio di eccezionale importanza. Questo fondo in ogni caso è in via di digitalizzazione e dovrebbe essere disponibile su dvd e in internet entro un paio d’anni. Sempre a Zara si conserva un incartamento sulle numerose guerre che la Serenissima ha condotto contro i turchi per il controllo delle saline di Pago (Pag) e Bruno Crevato-Selvaggi ha studiato il fondo Dandolo, ovvero l’archivio segreto del provveditore generale in Dalmazia tra il 1806 e il 1810, cioè in epoca napoleonica. La storia della Dalmazia, ovviamente, non si ferma con la caduta della Serenissima e gli studiosi di vicende contemporanea potrebbero essere interessati alle 250 buste del fondo dell’ammiraglio Enrico Millo, rimasto intoccato per un’ottantina d’anni.

 

Millo è stato governatore a Zara tra il 1918 e il 1920, ha gestito la transizione della città e di alcune isole dalmate dall’Impero austroungarico all’Italia e soprattutto è stato colui che ha incontrato Gabriele D’Annunzio impegnato nell’impresa di Fiume a bordo del cacciatorpediniere Indomito, ma poi ha rappresentato il punto di vista di Roma nella disputa su Fiume (Rijeka). Purtroppo la cartella intestata a D’Annunzio è vuota (le «manine» che svuotano le cartelle imbarazzanti sono un male diffuso un po’ ovunque). Il figlio più illustre di Sebenico (Šibenik) è Niccolò Tommaseo e nell’archivio della città che gli ha dato i natali sono conservate le carte che riguardano la sua famiglia, soprattutto i registri del negozio- emporio di Sebenico tenuti dal padre Girolamo, le bolle d’imbarco delle merci nelle navi della Cosulich, i cartoncini con i campioni di tessuti di lana e cotone. Si possono leggere anche le lettere scritte a Niccolò dalla madre Caterina Cevessich (di etnia croata, infatti Tommaseo era bilingue e ha scritto le Iskrice nella lingua materna), mentre le risposte dello scrittore-patriota sono andate perdute. Parecchie carte risalenti al periodo del dominio veneto sono state portate a Zagabria e quindi gli storici della Serenissima dovrebbero dare un’occhiata anche all’archivio della capitale, mentre a Spalato è custodito il fondo della fortezza di Clissa, ultima roccaforte turca in Dalmazia a cadere. Le prossime tappe di Valentina Petaros saranno gli archivi di Lèsina (Hvar) e Curzola (Korcula).

 

Alessandro Marzo Magno

www.corrieredelveneto.corriere.it

9 dicembre 2011

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