Le testimonianze documentali che la cultura italiana dell’Adriatico orientale ha prodotto nel corso di secoli di storia sono oggi disseminate su un territorio vastissimo, attraversato da innumerevoli frontiere, e custodite in archivi di diversa natura: enti statali, privati, conventi, biblioteche. Un patrimonio così ricco eppure così disperso sarebbe difficilmente accessibile se i progetti Fida (Fiume Istria Dalmazia Archivi) e Sida (Serenissima Istria Dalmazia Archivi) della Società dalmata di storia patria non l’avessero riunito in un unico luogo virtuale e reso disponibile online: la Sdsp ha presentato ieri all’Archivio di stato di Trieste il sito www.fida-sida.it, un archivio che riunisce i fondi oggi conservati in Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro, prodotti in lingua latina o italiana da enti o persone veneziani, francesi, austriaci, ungheresi ed infine italiani che operarono in Venezia Giulia ed in Dalmazia.
«Fida e Sida sono stati realizzati grazie al sostegno economico rispettivamente del ministero degli Esteri e della regione Veneto – spiega Bruno Crevato Selvaggi della Sdsp -: il buon fine di questi progetti è un passo importante per la ricerca perché rende accessibil documenti che rimangono fisicamente custoditi nelle località in cui furono prodotti».
Le ricerche sul campo sono state effettuate da archivisti italiani e studiosi autoctoni, appartenenti alla minoranza italiana e non. Grazia Tatò, direttore dell’Archivio di stato, è anche responsabile scientifico dei progetti: «Raccogliendo i documenti d’interesse italiano prodotti dal ‘500 all’800 – dice – Sida e Fida sono uno strumento imprescindibile per comprendere una storia tanto complessa».
L’assessore alla Cultura di Trieste Massimo Greco ha ricordato che «nel ventennale della caduta del muro di Berlino non è scontato sottolineare che senza quell’evento simili collaborazioni culturali transnazionali difficilmente sarebbero nate».
D’accordo con l’assessore il senatore Lucio Toth, vicepresidente della Società: «Ora le società degli esuli devono fare della storia e della ricerca la loro priorità, altrimenti rischiano di perdere significato».
Giovanni Tomasin su Il Piccolo del 13 novembre 2009