di Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it
La Notizia è che non c’è nessuna notizia, tutto si è concluso nel migliore dei modi con gli applausi di Trieste nel luogo deputato, in una Piazza Unità d’Italia trasformata in un grande teatro con il palcoscenico adagiato sulle rive e il mare alle spalle con vele e luci e tutto ciò che poteva rendere ancora più magica una serata di mezza estate.
Nelle giornate che hanno preceduto l’evento, dubbi e tiepide conferme avevano tenuto in scacco città e regione. Poi la catarsi. E forse la risposta insindacabile l’ha data proprio il pubblico, con quella maturità che Toth-Budin prima e Codarin dopo hanno avuto modo di ribadire e confermare. Qualche momento di tensione c’è stato, di gruppuscoli o anche singoli che intendevano “manifestare il proprio dissenso”, inghiottiti dalla sobrietà e l’eleganza di diecimila persone che hanno applaudito l’arrivo dei Presidenti in Piazza Unità e il concerto del Maestro Muti con i suoi 360 elementi tra coro ed orchestrali. Giovani italiani, croati e sloveni ai quali è affidato il futuro.
Il resto della giornata ha seguito uno stretto protocollo senza sbavature con la fermezza e l’eleganza dei tre Presidenti, arrivati alla spicciolata, attesi da qualche giornalista e poi saliti su una vettura che li ha portati prima al Balkan e poi al Monumento dell’Esodo in P.zza Libertà.
I gesti misurati e convinti, davanti ai simboli della complessa e sofferta storia triestina: il tocco con la mano di Napolitano sulla corona davanti al Balkan nonché l’inchino di Turk e Josipovic davanti agli stemmi delle popolazioni di Istria, Fiume e Dalmazia in esilio, hanno detto molto più delle parole. Il rispetto ha superato le rabbie, non i dolori che appartengono ad ogni singola vicenda, ma creando i presupposti per parlarne con maggiore apertura e franchezza.
Al pubblico giunto al concerto è stato consegnato il libretto dell’evento musicale ma anche l’indirizzo congiunto dei tre Capi di Stato che hanno voluto però affidare alcune frasi dell’incontro anche ad un quaderno comprato al volo sul quale hanno scritto, in italiano: «Rendiamo omaggio alle vittime degli odi del passato e celebriamo il nostro comune impegno per la pace e l’amicizia tra i nostri popoli». In sloveno: «Oggi apriamo un nuovo capitolo della Storia. Ci siamo lasciati alle spalle un periodo di violenza iniziato novant’anni fa. E davanti a noi c’è un futuro comune basato sui diritti umani e su un percorso europeo». Ed infine in croato: «L’amicizia tra le genti e i popoli è più forte del Male che si manifesta più volte nella Storia. Dobbiamo saperlo riconoscere, il Male, per sconfiggerlo. Ma i popoli croato, sloveno e italiano sanno farlo e, con fiducia, guardano al comune futuro europeo».
Ad accompagnare Josipovic c’era il deputato della minoranza italiana, Furio Radin, e la cosa colpisce immediatamente: “E’ chiaro il suo messaggio – si bisbiglia dal pubblico – è un segno di rispetto nei confronti della nostra minoranza”. Altro segnale da aggiungere alla lunga lista di questa giornata particolare.
Dietro le quinte una macchina che ha lavorato ininterrottamente per portare i Presidenti a Trieste, compreso lo squarcio Toth-Budin che hanno stigmatizzato un lungo dibattito per concludere che la conoscenza, il dialogo tra uomini di buona volontà spesso supera i confini dell’impossibile. Ed è quanto è successo.
Il resto è storia, fatta soprattutto di sensazione ed emozioni per un concerto straordinario che ha convinto per la forza evocativa della musica su una piazza che è stata simbolo di scontri nel passato e che ora ha saputo accogliere “l’armonia” delle giuste note per dare un segno alto delle proprie convinzioni. E se così non fosse come potremmo spiegare la partecipazione del pubblico all’esecuzione degli inni, composto e convinto, che ha tributato a tutti la medesima intensità d’applausi in una regia spontanea che non lascia alcun dubbio sulla condivisione del momento.
I tre autori proposti nel prosieguo dello spettacolo, Andrei Misson, Jakov Gotovac e Luigi Cherubini, nella concertazione del Maestro Muti hanno fatto il resto. In una torrida estate triestina, con il temporale che minacciava dal mare, la piazza ha seguito in religioso silenzio l’esecuzione, spendendosi poi in commenti e considerazioni della Trieste amante del bello quando i primi vortici di vento minaccioso, a concerto concluso, hanno portato via pubblico e “babezi”.