di ROBERTA GIANI su Il Piccolo del 15 luglio 2010
«Ho pianto due volte in vita mia. Quando è morta mia sorella e quando il Maestro ha diretto i tre inni nazionali». Confida d’essersi sciolto in lacrime nella ”sua” piazza Unità «più bella che mai». E ammette d’aver atteso con un filo d’ansia, dopo averlo ”tormentato” (seppur a fin di bene), il Presidente Giorgio Napolitano: «Non sapevo come mi avrebbe accolto…». Ma, all’indomani della ”liberazione” di Trieste «dalla gabbia del Novecento», nonostante abbia fatto le 3 brindando con «un ottimo Sauvignon» in compagnia dei massimi vertici della Rai e del governatore carinziano Gerhard Doerfler, Roberto Dipiazza sprizza gioia e orgoglio: «La gioia e l’orgoglio che i triestini provano per quello che abbiamo fatto. Non dimentichiamocelo: la politica è una cosa, i cittadini un’altra, come dimostrano i 10mila in piazza». E allora, leggendo in tempo reale la valanga di sms e mail di ringraziamenti e complimenti, il sindaco di Trieste minimizza le dissonanze, le polemiche, l’ex Narodni Dom affollato e il monumento all’esodo quasi deserto, le assenze clamorose del ”suo” centrodestra. Ancora, promettendo la cittadinanza onoraria allo «straordinario» Riccardo Muti, rivelando il terrore per l’allerta meteo della Capitaneria di porto «arrivato alle 20.30» e confidando d’aver speso meno di 200mila euro per il concerto evento, scherza su se stesso: «Ma come potete chiedermi se mi sono sentito abbandonato dai miei? Io mi sono sentito il protagonista. Più del presidente…».
Sindaco, rivivendo la sua giornata di martedì, qual è stato il momento più ”caldo”?
Quando ho incontrato, alla Sissa, il Presidente Napolitano. Non sapevo come mi avrebbe accolto: abbiamo avuto diversi scambi di idee nelle ultime settimane. Ma, quando mi ha visto, mi ha sorriso. E la strada si è spianata.
Temeva che Napolitano fosse irritato? Perché?
L’ho trattato alla pari. E un sindaco non può farlo. Ma, quand’è successo, mi trovavo in auto in Sardegna. E ci tenevo tanto al concerto e all’incontro dei tre presidenti.
E invece tutto rischiava di saltare. Ha avuto paura?
No. Io oso sempre. Stavolta, però, ho osato un po’ di più perché mi rivolgevo al Presidente della Repubblica.
Ma che gli ha detto?
Che gli assenti hanno sempre torto. Napolitano, però, è stato decisivo: è tutto merito suo se ce l’abbiamo fatta. E io l’ho ringraziato e lo ringrazio ancora.
Vi siete sentiti spesso?
Una decina di volte con il consigliere Carlo Guelfi. E con il Presidente parecchie, forse sei.
Il problema era quello dei luoghi.
I luoghi, com’è giusto che sia, sono stati scelti dalle diplomazie. Non dal sindaco che, invece, ha organizzato il concerto, con il palco, le 5600 sedie, gli inviti, la logistica.
Quanto è costato, a proposito?
Meno di 200mila euro. La Fondazione CrTrieste, e ringrazio Massimo Paniccia, ha stanziato 100mila euro. Il Comune ne ha messi 100mila euro ma non li abbiamo nemmeno spesi tutti.
Torniamo ai luoghi scelti e alle conseguenti polemiche. Roberto Menia, contestandoli, ha sbagliato?
Menia è un puro. Crede nei suoi valori, nel dramma vissuto dalla sua famiglia, e va rispettato.
Ma se l’aspettava tanta gente all’ex Narodni dom e pochissima al monumento dell’esodo?
Sono due simboli molto diversi. Il monumento di piazza Libertà – e Menia, su questo, ha ragione – non rappresenta il dramma di queste terre. Ma, ribadisco, è stata una scelta delle diplomazie.
La mediazione porta la firma di Lucio Toth e Milos Budin. Lei la conosceva?
Me l’ha comunicata il Presidente con cui ero in contatto costante. Ma non ho ritenuto giusto intromettermi: non era compito mio.
Il presidente sloveno Danilo Türk ha frenato su un gesto simbolico più forte: l’omaggio alle Foibe. Che ne pensa?
Penso che i 360 giovani sul palco rappresentano il futuro e, ormai, leggono sui libri di storia i drammi di queste terre. Noi abbiamo lavorato per tirare fuori Trieste dalla gabbia in cui si è intrappolata nel Novecento e penso che Trieste, finalmente, si sia tirata fuori.
L’ha colpita l’assenza degli esuli in piazza Libertà?
Mi ripeto. È un aspetto ininfluente rispetto ai 10mila in piazza Unità: la serata è stato un successo e, a fronte di ciò, il resto passa in secondo piano.
Incluse le assenze nel centrodestra triestino? Non si è sentito abbandonato dai suoi?
Mi sono sentito il protagonista della manifestazione.
Si è sentito, magari, l’alfiere di una destra moderna e libera dal passato?
Mi sono sentito, come sindaco, il protagonista. In certi momenti più dello stesso Presidente… Ma, come dice Walter Godina, il mio ego è strabordante. ( ndr)
Alla Sissa, comunque, si è scusato per la sua «esuberanza» con Napolitano.
Era giusto scusarsi. E poi, a me, il Presidente sta molto simpatico. Ha la battuta prontissima.
Un esempio?
Eravamo a cena e io sedevo al tavolo con i tre presidenti, il prefetto, il sottosegretario Alfredo Mantica e il governatore Renzo Tondo. Ma, con il loro permesso, mi alzavo in continuazione.
E perché?
Temevo per il maltempo. Alle 20.30 la Capitaneria ci ha segnalato una buriana in arrivo per due ore dopo. Poi, complice il mio arcinoto fattore ”C”, ce l’abbiamo fatta. Comunque, tornando alla cena, a un certo punto ho invitato i tre presidenti ad affacciarsi sul balcone: il colpo d’occhio era incredibile.
E i tre?
Sono venuti. Ma, prima, Napolitano ha ironizzato: «Non è che i balconi portino tanto bene».
Poi, c’è stato il concerto. E lei ha pianto.
Sì, quando sono stati eseguiti gli inni.
Piange spesso?
Solo per la morte di mia sorella. Non sono il sindaco Gianni Bartoli ribattezzato Gianni ”lacrima”…
E il maestro Muti?
Straordinario, signorile, magnetico, affascinante. Proporrò al Consiglio comunale di dargli la cittadinanza onoraria a settembre. Lo ringrazio ancora. Come ringrazio la moglie, la signora Cristina, eccezionale: mi ha restituito il biglietto in prima fila perché lei, ai concerti, sta sempre alla consolle. E ringrazio di cuore il sovrintendente del Ravenna Festival Antonio De Rosa.
A cena, però, non è andato con Muti…
Mi hanno invitato, c’era anche Bruno Vespa, ma purtroppo non sono ubiquo. Mi sono fermato in piazza Unità dove c’era il presidente Rai Galimberti, il direttore Mazza e le tavolate felici di triestini.
Riassumendo. La giornata di martedì entrerà nei libri di storia?
Non lo so se ci entrerà. Ma sicuramente resterà stampata nella mia memoria e in quella dei 10mila che ieri hanno riempito piazza Unità.
E Dipiazza entrerà nei libri di storia?
Ma io sono già nella storia! Non c’è mai stato un sindaco che sia rimasto in carica nove anni a Trieste. Riccardo Illy è durato otto anni.
Tra un anno, però, che fa? Si candida alla presidenza del Porto o magari, sull’onda del successo di martedì, alla Farnesina?
Devo ammettere che mi sto innamorando della politica. Quasi quasi, dopo aver fatto sempre l’amministratore, inizio a far politica…