Autorità religiose, militari e civili, dirigenti e delegati dell’ANVGD, signore e signori tutti, è con particolare piacere che vi porgo il saluto di quella significativa parte del mondo dell’Esodo che si riconosce nella nostra grande associazione, presente con i suoi Comitati provinciali in quasi tutto il Paese, ed in particolare nella nostra regione, con particolare riferimento a Trieste, giustamente definita capitale dell’Esodo, ma anche a Gorizia, che ha ospitato un campo profughi nelle cosiddette casermette e che, grazie ad amministratori sensibili e solidali, ha promosso la realizzazione del cosiddetto Villaggio dell’Esule nel quartiere della Campagnuzza.
Il piacere è ancor maggiore perché è stata scelta Gorizia, la mia città, quale sede di questo XX Congresso nazionale, che si celebra in un momento particolarmente importante per la nostra comunità. Grazie a tutti gli Ospiti per la Vostra presenza che ci onora e ben arrivati a Gorizia a tutte le amiche e gli amici delegati da tutta Italia!
Molti fatti importanti hanno avuto luogo dall’ultimo Congresso di Varese e nel corso di queste tre giornate avremo modo di approfondirli in modo certamente proficuo ed articolato.
Consentitemi una riflessione ad alta voce, a beneficio degli Ospiti ma anche di tutti noi, riepilogativa e sintetica del ruolo che svolge la nostra associazione, che ha profonde radici del suo essere.
La storia dell’associazionismo degli esuli può essere presa da esempio di ciò che è stato il loro ruolo e sviluppo in Italia e nel mondo. Le nostre associazioni nascono in modo spontaneo per corrispondere a scopi squisitamente assistenziali, per una necessità di reciproco mutuo soccorso tra le genti in esilio: l’esigenza primaria era quella di soccorrere chi, la maggior parte, giungeva senza un tetto sulla testa, senza la possibilità di ricevere un pasto caldo. Ogni realtà, in piena autonomia ha dato vita a forme distinte di associazione, spesso legate al carisma dei singoli fondatori, delle vere e proprie glorie del nostro popolo.
Negli anni ’50 l’associazionismo ha ormai preso forma nelle sue articolate istituzioni, dando vita a quasi tutte le nostre associazioni. Alla nostra, in particolare, l’ANVGD, l’unica presente in tutta la nostra penisola, il compito non facile di rappresentare esigenze, aspettative, richiesta di riconoscimenti di diritto, storia, cultura di un popolo di italiani che come ebbe e rammentare Montanelli furono italiani due volte, prima per nascita e poi per scelta.
Eppure queste sorelle e fratelli italiani si sentirono invece due volte esuli: prima esuli dalla terra in cui sono nati e come loro i genitori ed i nonni; poi nuovamente esuli nella terra che essi avevano eletto come nuova casa.
Una nazione matrigna, l’Italia, che ha voluto celare questi drammi, come se ricordarli volesse rammentare anche che l’Italia aveva perduto una guerra. Allontanare pertanto la realtà dell’Esodo consentiva anche allontanare quella della guerra perduta. Per decenni questa Italia matrigna ha consentito che si affermasse la facile quanto falsa equazione esuli = fascisti, che ha alimentato anche quel becero negazionismo che minimizzava l’esodo attribuendogli scopi politici, negava l’esistenza delle foibe ed ancor di più il loro uso sistematico nella pulizia etnica avviata dal maresciallo Tito.
Il crollo del muro di Berlino porta grandi mutamenti nella scena politica internazionale con riflessi anche – e non poteva essere diversamente- in quella italiana.
A piccoli passi anche esodo e foibe cominciano a non appartenere più solo ad una ristretta cerchia di persone, quasi fossero dei carbonari, bensì ad una cerchia sempre maggiore.
Cambiano anche gli atteggiamenti in seno alle famiglie. L’esule, che per proteggere i figli da ripercussioni negative ed emarginazioni, aveva evitato il più possibile di renderli partecipi della propria sofferenza e della propria storia, oggi invece si apre ai nipoti, i quali chiedono, vogliono sapere, vogliono ripercorrere a ritroso la strada dei nonni.
Bello, a questo proposito, il docu-film Magna Istria che RAI 3 Regione ha mandato in onda domenica mattina scorsa e che noi riproporremo il 10 febbraio prossimo in questo stesso auditorium in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo.
Molto dolore ha segnato le famiglie degli esuli e continua a segnarle.
L’approvazione finalmente della legge istitutiva del Giorno del Ricordo dell’esodo, delle foibe e della storia del confine orientale segna un momento importante per la nostra comunità.
Abbiamo perso tanto, tantissimo tempo, ma ciò nonostante possiamo far ancora molto, per rendere doveroso omaggio ai tanti che ci hanno nel frattempo lasciati interrogandosi perché l’Italia, il Paese che tanto essi avevano amato, li avesse trattati in questo modo, emarginati, volutamente dimenticati. Tanto è ancora da fare e dobbiamo cercare di recuperare il tempo perduto, individuando delle priorità.
Ciò che è fondamentale è lavorare tutti insieme per alimentare quei sentimenti di unità i quali soli saranno in grado di traghettare le nostre associazioni nei prossimi decenni.
Ma al di là delle singole sigle associative vedo la necessità di generare occasioni per aumentare l’unità di intenti tra tutte le nostre associazioni e le occasioni di reciproca collaborazione, nell’editoria, nella realizzazione dei progetti.
L’ANVGD è una grande e storica associazione, la più rappresentativa dell’Esodo e presente in tutto il Paese. Per questa ragione essa è costretta a svolgere – anche suo malgrado – il ruolo di associazione leader. Da ciò derivano importanti conseguenze, a cominciare dalla necessità di adottare stili di comportamento seri e responsabili, allontanare tentativi di facile quanto deteriore populismo demagogico, offrire sempre collaborazione alle Istituzioni per non far venire mai il dialogo, anche quando ciò può essere difficile, essere capaci di mediazione e dialogo, anche quanto richiudersi nel proprio angolo può sembrare la scelta più pagante, essere forti nel resistere alla tentazione di replicare alle sterili e sciocche polemiche che spesso animano il dibattito di chi non ha altre argomentazioni. Essere formiche e non cicale per noi è un obbligo, per tutelare non solo i nostri iscritti ma anche i tanti che non aderiscono ad alcuna associazione o aderiscono ad altre.
L’ANVGD proprio per questa ragione ha acquisito una grande credibilità e prestigio sia nei confronti delle Istituzioni nazionali che di quelle straniere. Ciò lo dobbiamo all’attività svolta dai grandi dirigenti che ci hanno preceduti, con tenacia, pazienza, lungimiranza ed intelligenza. In altre latitudini e longitudini del mondo gli esuli avrebbero cercato ragione in altro modo, aggiungendo violenza a quella già subita, provocando altro dolore a quello già patito. Sono prevalsi il buon senso, la ragionevolezza, i sentimenti di amore verso l’Italia e di fratellanza verso le sorelle e fratelli italiani.
Tanti sono le donne e gli uomini che hanno fatto grande la nostra associazione e che tanto hanno dato per il bene degli esuli. Penso ai primi Presidenti, ma anche con legittimo orgoglio al nostro grande Presidente Barbi o al compianto Padre Flaminio Rocchi. Come all’amico Lucio Toth, che negli ultimi 20 anni ha guidato con equilibrio e saggezza l’ANVGD e che oggi ancora ci onora come Presidente Onorario: importante la sua capacità di relazionarsi ad ogni livello, preziosa la sua grande e raffinata cultura grazie alla quale la sua presenza a qualsiasi tavolo determinava e determina quell’autorevolezza che è ben superiore all’autorità.
Il riconoscimento di torti reciproci e di reciproco rispetto dei sentimenti dei nostri popoli, ha trovato come ricorderete due momenti di alto significato nei “Concerti della pace” che hanno avuto luogo a Trieste il 13 luglio 2011 e nell’Arena di Pola il 3 settembre 2012 con l’incontro dei Capi di Stato croato, italiano e sloveno, veri e propri atti di riconciliazione, ai quali la Federazione delle Associazioni degli Esuli e la nostra associazione hanno portato il loro determinante contributo.
Ormai la riconciliazione è stata avviata. Anche Gorizia è stata protagonista di questo processo, nel momento in cui l’ANVGD e la minoranza linguistica slovena, rappresentata dalla SKGZ, si sono incontrate attraverso i rispettivi Presidenti non per rinfacciare colpe, ma per riconoscere torti subiti e chiedersi reciprocamente e pubblicamente scusa. Questo percorso avviato è proseguito, anche recentemente con un convegno internazionale sulle rispettive minoranze, ed è emersa la reciproca consapevolezza di essere entrambi vittime.
Ciò è stato agevolato anche dalla circostanza che i Presidenti, espressione della generazione successiva, non hanno vissuto in prima persona i drammi vissuti dalle generazioni precedenti. Molti tra questi hanno affatto digerito questo nuovo clima e di essi, delle loro sofferenze patite, dobbiamo nutrire grande rispetto.
Non si tratta di condividere memorie altrui, perché ciò non è e non sarà mai possibile. Si tratta però di rispettarle, di riconoscerle.
Non si tratta nemmeno di ergersi a giudici, consapevoli che i protagonisti di oggi non erano nemmeno nati in quegli anni e che i protagonisti di domani si sentiranno cittadini di una Europa globalizzata e sempre meno dei popoli, con un grave impoverimento culturale.
Queste riflessioni in tema di riconciliazioni assumono importanza ancor maggiore se contestualizzate in quella riconciliazione dei popoli che proprio questa terra ha vissuto e di cui nel 1914 si celebrerà il centenario. Nella Grande Guerra le famiglie giuliane, fiumane, istriane hanno vissuto dramma nel dramma, lacerazione nella lacerazione, dolore nel dolore, nel momento in cui i propri componenti, scegliendo fronti opposti, si trovarono l’un contro l’altro armati. Ebbene noi piangiamo per tutti i morti, siano essi italiani, slavi, tedeschi, ungheresi e di tutte le numerose etnie che qui persero la loro miglior gioventù. Sono i nostri eroi per il solo fatto di aver offerto il petto al piombo nemico in nome di un ideale, di una Patria, di una bandiera.
Ebbene ora questa stessa terra deve agevolare la nuova riconciliazione. Una ricomposizione senza riconciliazione sarebbe una ricomposizione mutilata, una casa costruita su fondamenta di sabbia. Riconciliazione con chi oggi oltre confine non ha alcuna responsabilità di quanto accaduto. Riconciliazione con chi oggi oltre confine è un rimasto o un suo erede, non ritenendolo su un fronte opposto, bensì comprendendone le scelte altrettanto dolorose.
Ho partecipato a diverse iniziative promosse con questo spirito, come quella fatto a Pola, Capodistria, Terli e Strugnano, l’omaggio insieme all’Unione Italiana alle vittime degli opposti totalitarismi. Altre ancora ne faremo.
In riferimento alle relazioni con le Istituzioni ben volentieri riconosciamo come oggi siano buone, da quelle nazionali a quelle locali.
Va rilevato il buon rapporto in seno al «Tavolo di coordinamento» con la Presidenza del Consiglio sui settori: anagrafe (Ministero dell’Interno), indennizzi (Ministero Economia e Finanze), restituzioni (Ministero Affari Esteri), riscatto agevolato immobili (FederCasa), conservazione dei beni monumentali e cimiteriali (Ministero Affari Esteri ed altri soggetti).
Estremamente proficua l’attività del Gruppo di lavoro sul confine orientale istituito nel 2009 presso il Ministero Pubblica Istruzione nel quadro del «Tavolo di coordinamento». Basti pensare ai Seminari nazionali (nel 2013 si svolgerà a Trieste il quarto, dopo la splendida edizione, pure triestina, dello scorso febbraio) e regionali; il concorso nazionale indetto dal MIUR e dalle associazioni rappresentate nel Gruppo di lavoro; la prima edizione del «Festival del Turismo scolastico» promosso dal TCI in collaborazione e con il contributo dell’ANVGD, che si è svolta a Grado lo scorso ottobre e che a parere unanime è stata la miglior edizione che abbia mai avuto luogo, tanto da indurre il TCI a prenotare le prossime edizioni nella nostra regione.
Anche il recente pronunciamento in tema di anagrafe è un passo importante per affermare una volta di più che viola la legge il dipendente pubblico o privato che attribuisce natali in Croazia, Yugoslavia o Serbia ad italiani lì nati appunto quando i territorio erano ancora italiani.
Rimangono molti problemi da seguire assai da vicino, come quello dei cimiteri, la testimonianza imperitura delle nostre radici.
Grazie a questi rapporti perseguiti con pazienza per decenni nasce la legge 72/2001 con cui l’ANVGD è riuscita a porre in essere moltissime iniziative volte a promuovere la conoscenza della storia del confine orientale: libri, documentari, sostegno a pellicole cinematografiche, convegni, mostre, conferenze, interventi sul patrimonio artistico, sostegno alla scuole di lingua italiana in Slovenia e Croazia, portali internet e blog, presenza sui social network, un mensile Difesa Adriatica con cui in modo colto ed intelligente raggiungiamo migliaia di lettori, sostegno ai già citati seminari del MIUR e festival del Turismo scolastico del Touring Club, sono solo alcune di queste iniziative. Stiamo per avviare la trasformazione di numerosi libri in e-book, ovvero libri elettronici, che si potranno leggere attraverso i tablet, i pc, assecondando le tendenze che oggi sono già in essere e che domani saranno dominanti.
Solo nel mese di febbraio, in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo, che oramai occupa tutto il mese, sono oltre 300 le iniziative che la nostra associazione organizza sul territorio o vi collabora.
Tantissimi e di grande portata sono i progetti realizzati dalla dirigenza nazionale o da essa favoriti. Ma saranno gli amici che si succederanno a parlarvene in queste giornate congressuali.
Tra i molti problemi che dovremo affrontare, anche in questo Congresso, uno dei più importanti e per i quali il tempo della decisione ormai sta esaurendosi è quello dell’utilizzo del debito di 110 milioni di dollari di Slovenia e Croazia verso lo Stato italiano, frutto dell’Accordo di Roma, quali eredi della ex-Repubblica Federativa Iugoslava. Dopo decenni di inutilizzo è fuor di dubbio, anche perché avvisati in tal senso, che il Governo nazionale sta per disporne il prelievo e l’utilizzo per fini diversi.
E’ solo di pochi giorni fa la notizia che la Legge n. 72/ 2001 per la tutela del patrimonio storico e culturale degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati, con successive proroghe/modifiche, in vigore fino al 31.12.2012, nonostante il Governo tecnico l’avesse cancellata, il Parlamento la reitererà per un ulteriore triennio, grazie ad un emendamento bypartisan, seguito da tanti amici che ci sono vicini.
Non sappiamo se essa potrà essere ulteriormente confermata fra tre anni o se sarà destinata a morire e con essa le aspettative di poter contare su risorse finanziarie per le iniziative culturali al di qua ed al di là del confine.
Ciò bloccherebbe la nostra azione volta alla promozione della conoscenza del Confine orientale, in Italia, ma anche in Istria, Fiume e Dalmazia. La costituzione di una Fondazione sulle basi di quelle bancarie assicurerebbe, invece, nel futuro una azione adeguata, che persegua le medesime finalità della legge 72.
Guai se si dovessero interrompere le azioni avviate in tal senso!
Gli interventi in Istria, Fiume e Dalmazia introducono quello che per l’ANVGD, a mio avviso, deve essere un’altra grande priorità: mantenere viva, alimentandola, la cultura italiana di quelle terre, romane prima, veneziane ed italiane poi, cedute all’allora Yugoslavia di Tito.
La tutela del patrimonio storico degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati deve essere considerato – perché lo è – un interesse nazionale di alto valore morale e politico perché è un patrimonio che appartiene a tutta la Nazione: storia, arte, letteratura, cultura giuridica sono reale espressione della popolazione autoctona dell’Adriatico orientale.
Ciò in collaborazione ed armonia con le Comunità Italiane, con le Scuole di lingua italiana, le università e le istituzioni locali.
Il rapporto con i rimasti pertanto è fondamentale. Certamente vi sono delle difficoltà nelle relazioni con alcune Comunità degli Italiani, dovute anche alla oggettiva difficoltà nel dialogo che vi è stata nei primi decenni. Ciascuno imputava all’altro una colpa: quella di essere rimasti a loro e quella di aver abbandonato l’Istria, Fiume e la Dalmazia a noi. Non dobbiamo più ragionare in questi termini di loro e noi, ma di noi, tutti insieme compresi! Siamo legati dallo stesso sangue, dalla stessa storia e cultura, dalla stessa drammatica sorte che ha portato tutti noi a vivere lacerazioni. Siamo stati tutti noi insieme condannati alla sofferenza ed al dolore. Noi e loro siamo membra lacerata dello stesso corpo che dobbiamo ricomporre, lasciando alle spalle le ragioni del dissenso guardando al comune scopo.
Gli atti simbolici, su cui mi sono soffermato prima, realizzati a Gorizia, a Trieste, a Pola, sono certamente assai importanti, ma non bastano.
L’importante è dialogare, incontrarsi, conoscersi, organizzare iniziative assieme, cercare di fare ed essere sistema. Ciò anche con azioni ed iniziative di natura economica e turistica, avviando relazioni con le attività imprenditoriali (e ce ne sono, soprattutto da parte dei giovani) nell’ambito dell’ospitalità turistica ed enogastronomica. La posta in gioco è assai alta: la progressiva diluizione dell’elemento italiani in quello slavo.
In tal senso ed insieme alle Istituzioni maggiormente sensibili dovremo agire anche nell’ambito della progettazione comunitaria, fruendo come partner delle Comunità Italiane.
Siamo tutti ben consapevoli che uno dei nodi che riguarda la nostra realtà è quello dei cosiddetti beni abbandonati dagli esuli giulianodalmati, con cui – lo rammento a beneficio degli Ospiti – l’Italia ha pagato i propri debiti di guerra. Ebbene perché non costituire un’unica agenzia di specialisti dall’Italia e in loco per trattare i singoli casi, alla quale i nostri esuli ed i loro discendenti possono avvicinarsi con fiducia? Potrebbe essere l’ANVGD a gestire questa consulenza traendo spunto dal suo patrimonio storico e della tradizione ma anche perché facilitata dalla presenza capillare sul territorio. Potrebbe essere un esempio di collaborazione nell’ambito delle professioni. Altre ne potranno venire.
Ma proficue collaborazioni possono e debbono essere agevolate in ambito editoriale e culturale, favorendo lo scambio nella presentazione di opere editoriali, di iniziative convegnistiche, cinematografiche, concertistiche, corali. Importante il coinvolgimento di autori di fama ma anche delle biblioteche, luogo deputato e privilegiato per la ricerca e veicolazione di testi, consapevoli che sempre più la biblioteca sarà virtuale, elettronica o on-line che dir si voglia.
L’uso delle nuove tecnologie è un passo dal quale tutti noi comprendiamo non possiamo più prescindere, nella veicolazione della nostra cultura, ma anche nelle relazioni (questo lo dico ai dirigenti dei Comitati provinciali) tra noi , con le Istituzioni, con i media.
Solo l’ANVGD, per la sua capillare presenza sul territorio, è in grado di agevolare queste azioni, sempre a condizioni che rimangano adeguate risorse economiche.
I nostri Comitati provinciali, che oggi si sentono messi in pericolo dalla riduzione in essere delle Province in Italia possono stare tranquilli. La mia proposta sarà quella che dovrà essere l’Esecutivo o il Consiglio Nazionale a valutare, caso per caso, laddove vi siano diversi Comitati vitali mantenervi le Delegazioni, previste dal nostro Statuto. Gorizia ne è prova, vista la vivace ed attiva Delegazione di Grado.
Perciò le nostre priorità a mio avviso sono definite a carattere cubitale dinnanzi a noi:
- agire con le Istituzioni per alimentare la conoscenza della nostra storia e per impedire le speculazioni di chi ancor oggi falsificandola ne minimizza contenuti e portata;
- investire nei giovani in particolare in ambito scolastico;
- alimentare il flusso di relazioni con gli italiani rimasti ed i loro discendenti in Istria, Fiume e Dalmazia;
- accelerare il processo di definizione dei cosiddetti beni abbandonati;
- costituire in fretta una Fondazione che sappia essere strumento per continuare nei prossimi decenni queste azioni;
- agevolare il dialogo tra le associazione dell’Esodo e favorire occasioni di condivisione di iniziative e progetti;
- attrezzare i nostri Comitati per consentire loro di essere sempre meglio presenti nei media e nelle relazioni con le Istituzioni.
Mi piace pensare, come ho anticipato, che nel futuro vi possa essere una coesione ancor maggiore da parte delle associazioni espressioni dell’esodo. La quasi totalità di esse si riconosce direttamente o indirettamente nella cosiddetta FederEsuli, ben guidata dall’amico Presidente Renzo Codarin. Vi sono però ancora persone che cercano, ponendosi al di fuori della storia, della ragionevolezza e dell’interesse stesso degli Esuli, di ritagliarsi spazi in termini di visibilità, cercando di impedire o quantomeno rallentare il processo di riconciliazione. Spiace vedere come interessi particolari e personali possano accecare chi invece dovrebbe porsi solo l’interesse degli Esuli. Ma la Storia ha già dato ragione al coraggio delle nostre scelte.
Riconosco di avere un sogno: un grande meeting in Istria organizzato da tutte le nostre associazioni insieme, con la collaborazione delle Comunità degli Italiani, partecipato in gran numero da esuli e da rimasti, in cui riflettere serenamente e senza i vecchi fardelli di mancate riconciliazioni non più sul passato delle nostre (di tutti!) terre, bensì sul futuro di esse e dei giovani che le popolano, consapevoli di avere dinnanzi un grande albero, con profonde ed importanti radici romane, veneziane, italiane, con un fusto irrobustito dalla sopportazione di lunghe sofferenze da tutti patite, e con foglie frutto di composita cultura, che non sono più – e non potrebbero essere!- le foglie di 60 anni fa, ma sono foglie anche nostre di cui tutti insieme dobbiamo andare orgogliosi!
E’ con questo spirito che personalmente avvio il XX Congresso Nazionale: entusiasta per appartenere ad una grande Associazione che ha un glorioso passato ed un importante futuro per noi, per i nostri figli, per le Comunità in cui viviamo e per le Terre d’Istria, Fiume e Dalmazia.
Diverse ragioni non mi consentono di candidare alla Presidenza nazionale della nostra Associazione. Vi sono tanti uomini e donne che possono farlo come e meglio di me. Una di queste ragioni è che l’ANVGD non è forse ancora pronta per accogliere in toto questi miei convincimenti. Ma sono pronto a collaborare con la Dirigenza che il Congresso esprimerà al termine di questo Congresso.
Essere stato prima il Vice Presidente e poi il vostro Presidente è stato ed è per me motivo di grande orgoglio: spero di aver corrisposto alle Vostre aspettative. Molteplici impegni professionali non mi hanno consentito di dedicare il tempo che questa carica merita, ma Vi posso assicurare che ho messo tutto il cuore di cui sono capace.
Come il loro cuore lo hanno messo anche gli amici Dirigenti nazionali dell’Esecutivo, che mi hanno coadiuvato, della cui amicizia e collaborazione vado fiero ed orgoglioso. Ma anche degli amici del Consiglio Nazionale uscente, che è stato sempre alimentato da sentimenti collaborativi.
Potevamo fare di più? Certamente. Come è certo che sempre si può fare di più. Ma non sempre il più va a braccetto con il meglio. Potevamo perciò fare meglio? Tutto è relativo, visto che ciascuno di noi possiede una diversa sensibilità. A mio avviso questo Esecutivo ha lavorato tanto ed ha lavorato assai bene. I frutti del resto non si raccolgono senza seminare. Ed io li ringrazio, vi ringrazio anche per questo motivo.
Come in tutte le famiglie ed in ogni aggregazione di persone vi sono alcune che non si riconoscono nell’azione, nei progetti della Dirigenza nazionale. Ed è giusto che esse stimolino la medesima per fare sempre meglio. Queste persone sottoporranno le proprie idee al Congresso, il quale sarà sovrano e voterà chi lo ha maggiormente convinto. Da che mondo e mondo si fa così: questa è la democrazia. Accade ovunque, però, che interessi personali prevalgano anche nelle associazioni – ahimè anche nell’ANVGD – e che vi sia chi non esita di creare gravi danni finanziari e di immagine all’associazione per soddisfare proprie velleità.
Sono certo che in ciascuno di noi prevarrà in questo Congresso lo spirito collaborativo, la volontà di unire e non di dividere, di crescere insieme pur nella naturale diversità, nella consapevolezza che ciò che stiamo facendo non lo stiamo facendo per noi, ma per generazioni di italiani che hanno il sacrosanto diritto di sapere che 350 mila esuli hanno compiuto oltre 60 anni fa un grande atto di amore verso la loro Patria, un atto di grande eroismo e valore. In un mondo come l’attuale, inficiato da disvalori e da esempi negativi, gli Esuli sono genuini testimoni di patriottismo, di valori, di coraggio.
Lo dobbiamo fare in nome del nostro comune patrimonio culturale, storico e civile, della nostra identità, del nostro futuro.
Lo dobbiamo a loro ed ai nostri figli!
W L’ITALIA – W L’ISTRIA, FIUME E DALMAZIA
Rodolfo Ziberna, Presidente nazionale ANVGD