di Carmen Palazzolo Debianchi su “L’Arena di Pola” del dicembre 2011
Scorrendo gli ultimi numeri del periodico «Unione degli Istriani» colpisce la critica frequente – peraltro non nuova – che vien fatta a chi nel mondo dell’esodo manifesta idee e comportamenti non in linea con quelli del sodalizio di cui il periodico è la voce.
Questa volta il bersaglio principale delle critiche è il Libero Comune di Pola in Esilio e i suoi aderenti. Si usano parole “forti”, come umiliante (per il raduno degli esuli polesi a Pola), aberrante (per le dichiarazioni di alcuni organizzatori del suddetto raduno), e poi spudoratezza, ecc..
Per quanto riguarda il linguaggio, ho sempre pensato che chi ricorre a questo tipo di termini forse non possiede un vocabolario sufficientemente ricco per esprimere i medesimi concetti con parole più moderate, ma quel che mi colpisce di più non è tanto questo modo di esprimersi quanto l’intolleranza verso idee e comportamenti diversi dai propri, evidentemente gli unici ritenuti “giusti”. È una cosa, questa, che nel mondo dell’esodo non dovrebbe assolutamente accadere perché uno dei motivi dell’esodo è stato proprio l’impossibilità di esprimere le proprie idee e di professare la propria fede religiosa senza tema di rappresaglie, persecuzioni o morte. Significa anche, a mio avviso, non essere capaci di vivere nella democrazia, che è pluralismo, capacità di vivere, operare, confrontarsi anche con chi ragiona in maniera diversa da noi, perché è proprio il confronto col diverso – non con quello che è simile a noi – che fa riflettere e arricchisce.
Questa incapacità di stare assieme nella diversità ci ha portato alle divisioni che continuano ad affliggerci. Niente abbiamo imparato dall’esperienza del passato, ma quello che mi rattrista di più è la constatazione che diversi dei nostri bravi discendenti manifestano le medesime chiusure degli anziani. Mentre però questi ultimi sono giustificati dal trauma terribile dell’abbandono della propria terra, a volte dalle persecuzioni subite personalmente o da propri cari, quale giustificazione hanno i giovani?