Il 19 giugno ricorre San Nazario, Patrono di Capodistria, ricorrenza ancora molto sentita oggi e che rivestiva particolare importanza pure nel terribile periodo del travagliato immediato dopoguerra giuliano. Tanto più che la Diocesi di Trieste e Capodistria risultò divisa da una linea di demarcazione ben più profonda di quanto potesse apparire. La Linea Morgan definita in occasione degli accordi di Belgrado del giugno 1945 sancì la separazione tra Zona A sotto amministrazione militare angloamericana e B sotto amministrazione militare jugoslava. Risultava così divisa in due anche la Diocesi di Monsignor Antonio Santin, con la cattedra di San Giusto rimasta nella Zona A e Capodistria nella Zona B. Nel marzo dell’anno seguente Winston Churchill con un famoso discorso avrebbe denunciato al mondo che in Europa era calata una cortina di ferro da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico, sicchè il fronte della Guerra fredda separava Trieste dal suo tradizionale retroterra istriano.
Il 10 febbraio 1947 il Trattato di Pace lasciò in sospeso la sorte del capoluogo giuliano, prospettando la costituzione di un Territorio Libero di Trieste che, nell’attesa della nomina di un governatore da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, rimaneva diviso tra una nuova Zona A sotto amministrazione militare angloamericana (Trieste) ed una B jugoslava (Istria nord-occidentale fino al fiume Quieto). Tale Trattato sarebbe entrato in vigore il successivo 15 settembre, ma nel frattempo il territorio istriano continuava a venire sempre più inglobato nelle strutture politiche ed istituzionali della nascente Jugoslavia comunista, che così facendo contravveniva agli oneri di un’amministrazione militare, la quale non doveva ledere la sovranità italiana fino a quando non si fosse concretizzato un nuovo confine internazionalmente riconosciuto. Nell’Istria sottomessa alla Jugoslavia sparivano i partigiani del Comitato di Liberazione Nazionale che lottavano contro questa nuova invasione, sparivano i sacerdoti come Don Bonifacio martirizzato in odium fidei, ma Santin voleva portare il suo conforto ai fedeli.
Il 19 giugno 1947, avendo dato preavviso alle autorità jugoslave, Santin si recò a Capodistria per la festa patronale, ma nella cittadina istroveneta si respirava la stessa aria di fine ottobre 1945, allorchè gli italiani protestarono contro l’introduzione delle jugolire. Nessuno spiegamento di forze dell’ordine garantì lo svolgimento della liturgia, sicché manifestanti sloveni provenienti dall’entroterra aggredirono il presule. Santin fu colpito e percosso, la polizia intervenne giusto in tempo per scongiurare l’uccisione di un personaggio così importante, ma ormai la violenta intimidazione si era compiuta, tanto più che nel tragitto verso il posto di blocco di Albaro Vescovà a bordo di un camion scoperto Santin fu preso a sassate.
A Prosecco, nel Comune di Trieste, un villaggio di case popolari destinate ad accogliere esuli istriani sarebbe poi stato appunto denominato Borgo San Nazario, in onore del patrono di Capodistria, mentre è ancora necessario ricordare che l’imporsi della dittatura di Tito in Istria ha comportato l’attacco alle tradizioni della comunità italiana autoctona e maggioritaria, nonché crimini nei confronti di figure istituzionali che come Antonio Santin cercavano di opporsi alle prevaricazioni del regime.
Lorenzo Salimbeni