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1944: i misteri dell’attacco al piroscafo “San Marco” (Il Piccolo 12 set)

Sessantotto anni fa, per la precisione il 9 settembre 1944, avvenne uno degli episodi più drammatici della seconda guerra mondiale a Trieste: l’affondamento da parte di un’intera squadriglia di aerei da caccia alleati del “San Marco”, il vaporetto che copriva la linea Trieste-Umago. Fu un attacco violentissimo, che provocò la morte di 150 civili, in gran parte donne e bambini, più quattro soldati tedeschi. E un attacco apparentemente inspiegabile, perché più volte gli aeroplani anglo-americani avevano sorvolato quel braccio di mare senza prendere di mira i vaporetti della linea costiera (anche se pochi giorni dopo fu attaccato pure il piroscafo civile “Italia” della Navigazione Capodistriana). 

Perché proprio quel giorno ben 12 Spitfire si lanciarono sulla nave per mandarla a picco? Cosa trasportava il vaporetto di così pericoloso per i comandi alleati? Ad avallare un’ipotesi già ventilata con nuove prove, ci ha pensato Claudio Pristavec, appassionato ricercatore di storia contemporanea triestina, che dopo aver analizzato documenti d’archivio, e dopo aver effettuato sopralluoghi e aver rintracciato nell’entroterra istriano un vecchio edificio sede allora di un impianto radar, è giunto alla conclusione che l’assalto dall’aria fu deciso per eliminare un gruppo di radaristi, italiani e tedeschi, in missione verso il Friuli. «Dai documenti germanici che ho esaminato – spiega Pristavec – il dato che più impressiona è quello riferito al numero degli aerei, ben 12 Spitfire: significa che assolutamente si voleva affondare la nave». Era una novità anche perché nonostante l’intensificarsi dei bombardamenti sulle strutture industriali e portuali del litorale e sulle navi alla fonda i piccoli piroscafi di linea locali, quei pochi rimasti, venivano lasciati in pace. 

La spiegazione a quel violentissimo attacco, secondo Pristavec, «va trovata nell’entroterra, percorrendo la strada che da Umago va a Buie; arrivati a Petrovia si devia verso nord in direzione del paesetto di Villania, poi si procede per un lungo rettilineo, una curva ed un altro rettilineo a metà del quale, tra vigne e campi ben coltivati, c’è una macchia d’alberi che copre una casetta dall’aspetto curioso». «Da un lato – continua il ricercatore – si apre un grande ingresso transitabile anche per i camion, mentre dall’altro due finestre sotto le quali, al livello del terreno altre due aperture che potevano essere utilizzate per trascinare fuori pesanti attrezzature». 

Pristavec ha interrogato gli anziani del posto, ha effettuato i suoi riscontri ed è giunto alla conclusione che «il piccolo edificio con una lunga trincea che ancora percorre un campo vicino faceva parte di una stazione di avvistamento radar dell’aereonautica germanica che aveva l’impianto nei pressi». «Bene – continua Pristavec -, nella mattina del 9 settembre 1944 una ventina di avieri, tra cui alcuni italiani, dovevano imbarcarsi sul San Marco verso Trieste per poi andare nella Villa Masieri, vicino Tricesimo, a nord di Udine, per seguire un corso di aggiornamento per nuovi sistemi radar che dovevano ricevere». L’intelligence alleata doveva essere informata del trasferimento, e con ogni probabilità «è per questo che il vaporetto fu bombardato, per impedire che il radar di Petrovia potesse essere potenziato e il suo personale addestrato». 

Come ricorda anche Aldo Cherini nella pubblicazione “L’affondamento del piroscafo ’San Marco’” (Quaderno AMA n. 65/94), gran parte dei passeggeri e dell’equipaggio del “San Marco” fecero una fine orribile: al secondo passaggio dei caccia una delle bombe sganciate dagli apparecchi centrò la caldaia della nave che esplose bruciando vivi i passeggeri. La nave in fiamme andò ad arenarsi sulla costa. Pochi i sopravvissuti, molti dei quali feriti e co gravi amputazioni. Tra le vittime anche il comandante del piroscafo, Millo Rassevi.

Pietro Spirito
“Il Piccolo” 12 settembre 2012

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