19 novembre 2008: si aprono le porte della la Grande viabilità triestina, finalmente completata. Nessuno può stabilire oggi quali saranno i risvolti dell’apertura delle sue ultime due tratte, la Padriciano-Cattinara e la Lacotisce-Rabuiese, ma certo è che ieri mattina, alla cerimonia di inaugurazione a Padriciano, si respirava aria di fermento e cambiamento. Come se Trieste, da decenni ai blocchi di partenza, fosse scattata. «Ora si cambia», ha detto un commosso ed euforico sindaco Roberto Dipiazza durante il suo discorso ufficiale, dal palchetto blu posizionato all’imbocco Nord della galleria Carso. «Ora si cambia. Il passato, fatto di strade congestionate, incidenti e Tir in coda al bivio ad H, finisce in cassetto. Adesso si andrà a Capodistria in un quarto d’ora».
«Abbiamo tolto il tappo alla città, che potrà diventare veramente testa di ponte della Nuova Europa», ha commentato il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, sottolineando che ora ci sono viadotti e gallerie a sancire quella centralità economico-geografica che il capoluogo regionale ha sempre avuto, sulla carta. «La Gvt – ha affermato Franco Bandelli, assessore ai Lavori pubblici – rappresenta il futuro per Trieste».
I discorsi di Dipiazza, Bandelli e Menia, accompagnati da uno stuolo di autorità civili, militari e religiose, sono stati chiari: la «nouvelle époque» triestina comincia qui. La crescita della città, tradotta in sviluppo portuale e rilancio turistico, «passa per la Grande viabilità».
Il battesimo della bretella autostradale è stato diviso in due parti. Prima tappa: Padriciano-Cattinara. Seconda tappa: Lacotisce-Rabuiese. La cerimonia è iniziata alle 11.15 a Padriciano, dove, nella galleria Carso, è stata scoperta una targa alla memoria del giovane operaio Lino Ruffoni, deceduto nel corso dei lavori. I discorsi ufficiali hanno preso il via 15 minuti più tardi, davanti a una folla di circa 800 persone, tra cui tecnici e maestranze della ditta Collini e dell’Anas, e altre persone rigorosamente munite di invito (cosa che ha fatto storcere più di qualche muso tra i triestini che hanno provato ad assistere al taglio del nastro). Accanto ai tre oratori, Dipiazza, Bandelli e Menia, sul palco c’erano il governatore Tondo e il presidente del Consiglio regionale Ballaman, la presidente della Provincia Bassa Poropat e i sindaci dei Comuni minori, il prefetto Balsamo, il vescovo Ravignani, il presidente dell’Anas Ciucci, il sindaco di Gorizia Romoli e di Capodistria Popovic.
Delle temute contestazioni, neppure l’ombra. I cartelli bilingui con la scritta della discordia, «Padrice», sotto quella in italiano «Padriciano», ieri erano infatti al loro posto, come promesso da Roberto Dipiazza alla comunità slovena. «Su questa opera abbiamo perso qualche anno di vita e qualche ora di sonno, ma abbiamo realizzato ciò che la città aspettava da trent’anni – ha affermato il sindaco -. Ho fatto scelte difficili, ho messo in gioco la mia carriera politica, ad esempio quando ho deciso di far costruire le due gallerie, senza la certezza della copertura finanziaria, ma l’ho fatto perché quest’opera rappresenta il nostro futuro». Franco Bandelli ha ringraziato i 300 operai e i 30 tecnici che «hanno lavorato ogni giorno per sei anni, per realizzare in tempo un’opera chiave per Trieste».
Terminati i discorsi, sono stati assegnati dei premi: al tecnico dell’Anas Mauro Ricci, al direttore dei lavori Enrico Cortese e a Sergio Collini. A quest’ultimo sono anche state consegnate le chiavi della città e il sigillo con la scritta: «Trieste ti ringrazia». È poi seguita la benedizione dell’opera da parte del vescovo Ravignani, sia in italiano che in sloveno. Infine il taglio del nastro all’imbocco della galleria Carso, pezzetto per pezzetto, per mano di tutte le autorità presenti. Poi, verso le 12, motori accessi e marce ingranate, i presenti hanno per la prima volta attraversato la galleria per raggiungere la seconda tappa della cerimonia, sulla Lacotisce-Rabuiese.
(fonte Elisa Coloni su Il Piccolo)