Lo scorso 25 marzo il quotidiano di Trieste "Il Piccolo" pubblicava la lettera di Aurelio Slataper a proposito dell'idea lanciata dal presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, di creare un Albo degli Storici "autorizzati" a trattare in maniera imparziale delle vicende del confine orientale.
Lo stesso Slataper ci segnala che il suo intervento fu decurtato di una parte essenziale e ce lo ripropone quindi oggi in versione integrale (la parte in grassetto è quella tagliata dal giornale). Di seguito potete leggere anche la lettera che lo stesso Slataper aveva inviato per protestare con il "taglio".
Al presidente dell’Unione degli Istriani che, in buona compagnia, sta profondendo le sue energie per l’istituzione di un Albo di Storici autorizzati ad illustrare nelle scuole italiane le vicende delle nostre regioni durante e dopo il secondo conflitto mondiale (il prima viene significativamente accantonato!) consiglierei vivamente la lettura del libro dello storico tedesco Rolf Wörsdörfer “Il confine orientale – Italia e Jugoslavia dal 1915 al 1955”, la cui traduzione è stata pubblicata lo scorso anno. Il libro si distingue per serietà metodologica, per l’uso rigoroso delle fonti (italiane, jugoslave, tedesche…) e per l’estremo equilibrio nell’esporre le varie versioni sostenute dalle diverse parti in causa.
Nell’affrontare l’argomento foibe, l’Autore opera in via preliminare una precisa distinzione tra punti di vista, individuando un certo numero di filoni di pensiero espressi da: (a) ambienti degli esuli giuliano-dalmati; (b) estremisti organizzati di destra; (c) storiografi degli anni Settanta e Ottanta; (d) storiografi odierni che tentano “… di ricostruire nelle sue giuste dimensioni la verità storica, tra la Scilla della negazione e la Cariddi dell’esagerazione…”; (e) storiografi “negazionisti”, costituiti per “…una gran parte dalla pubblicistica jugoslava fino alle soglie degli anni novanta…”.
Mi chiedo e giro la domanda al presidente dell’Unione degli Istriani, se a lui risulti che i “negazionisti” come sopra definiti abbiano mai tenuto corsi di storia patria nelle nostre scuole. Poiché l’evento non sembra essersi mai verificato, chiedo al presidente a chi si riferisca quando lancia le sue invettive contro gli storici “negazionisti” cui andrebbe vietato, per decreto legge, l’accesso alle scuole italiane.
E, siccome voglio sperare che non auspichi l’organizzazione di corsi scolastici di storia locale da parte di sedicenti Centri di studi e ricerche storiche, collocati dalla storiografia più accreditata nella categoria degli “estremisti organizzati di destra”, ne deduco che gli “Storici Autorizzati” dovrebbero esser ricercati esclusivamente tra coloro che cercano di ristabilire la verità storica dalle fonti (purtroppo non ancora tutte accessibili) e non sulla base di supposizioni o di ricostruzioni che non hanno riscontro con fatti documentati. In questi termini, l’iniziativa potrebbe avere indubbi meriti (come altre di segno analogo quali: cicli di conferenze, corsi di aggiornamento per docenti…) purché si abbandoni, in via pregiudiziale, l’idea di creare l’Albo degli Storici autorizzati ad insegnare la storia del “confine orientale”, con un’operazione che rimanda alla triste esperienza del Minculpop, di cui non si sente assolutamente la mancanza e che finirebbe per aprire la strada alla fase successiva e cioè all’imposizione della Versione Ufficiale ed Approvata (…dal signor Lacota!) della storia di queste terre.
Aurelio Slataper
Segue la protesta di Slataper al Direttore de Il Piccolo
Egregio Direttore,
il 19 marzo scorso ho inviato alle “Segnalazioni” alcune riflessioni che Le allego per opportuno riferimento. In data 25 marzo è stato pubblicato nella rubrica il testo delle riflessioni largamente “censurato” così da alterarne in maniera significativa il senso.
Poiché già in passato ho avuto modo di constatare che il responsabile della rubrica usa la forbice arbitrariamente e, guarda caso, immancabilmente per eliminare ogni accenno critico nei confronti dell’estremismo di destra, mi chiedo se la linea editoriale del giornale da Lei diretto sia quella di dare spazio alla libera circolazione delle opinioni o, piuttosto, alle ideologie che per decenni hanno ostacolato il progresso civile, economico e culturale di Trieste.
E mi chiedo anche – pur nella marginalità delle problematiche di queste terre rispetto all’attuale agitato scenario nazionale – quale potrebbe essere la reazione di uno Scalfari se venisse a conoscenza del fatto che un giornale del Gruppo censura sistematicamente ogni riferimento ad argomenti sgraditi alla destra più retriva e a quanti alimentano lo scontro tra popolazioni confinanti o compresenti sullo stesso territorio.
Detto questo e considerato che sono abituato ad assumere in pieno la responsabilità delle mie affermazioni (a maggior ragione quelle che hanno una qualche probabilità di esser rese pubbliche!), considero il vistoso intervento operato sul testo trasmessovi come un chiaro e sintomatico segno di adeguamento alla logica professata dalle due principali associazioni nazionaliste di Trieste. Appiattimento che condanna lo spazio dedicato alle “Segnalazioni” da momento di confronto delle idee – nessuna esclusa – a mera riproduzione di concetti graditi all’ipersensibilità dei circoli nazionalisti.
Nel ringraziarla dell’attenzione, Le assicuro che, vista l’esperienza, mi guarderò bene dall’esprimere d’ora in avanti il profondo dissenso nei confronti delle tesi di quanti affidano alla disinformazione ed alle provocazioni la propria visibilità e il successo delle proprie iniziative… tanto ci sarà sempre un redatore ossequiente pronto a cassare le critiche ai vari Lacota o Sardos Albertini!