di MARCO DI BLAS su Il Piccolo del 21 giugno 2010
I campi di Loibach sono avvolti nella nebbia quando tra gli alberi spunta l’autocolonna di limousine che accompagna il presidente della Croazia Ivo Josipovic sul luogo dove 65 anni fa furono barbaramente sterminati dai partigiani di Tito migliaia di ustascia, i sostenitori del regime alleato con Germania e Italia, che già avevano deposto le armi e si erano consegnati ai britannici. Loibach è situato nella Carinzia Sudorientale, a un paio di chilometri dal confine sloveno. Poco più a Nord si trova Bleiburg, il paese più grande della zona. Proprio per questo l’episodio di 65 anni fa è ricordato ancora oggi come il “massacro di Bleiburg”.
Ogni anno si radunano qui fra le 10 e le 15mila persone per commemorare l’eccidio. Josipovic è il primo capo di Stato a mettervi piede. Vi è giunto ieri dopo aver fatto tappa anche a Tezno, nel Nordest della Slovenia, stazioni entrambe di quella dolorosa via crucis consumata in queste terre alla fine della Seconda guerra mondiale. Una visita molto discreta, quasi clandestina (la stampa austriaca non ne era informata, non erano stati coinvolti politici austriaci e sul posto erano stati inviati soltanto un paio di poliziotti del servizio di sicurezza), in una data scelta di proposito per prendere le distanze dal tradizionale raduno di maggio (il 15 di quel mese cade l’anniversario del massacro), cui partecipano superstiti dell’eccidio, familiari delle vittime ma soprattutto frange di nazionalisti croati che qui convengono da tutta Europa, non paventando di esibire bandiere e simboli del movimento ustascia. Josipovic, che ieri era accompagnato nel suo “pellegrinaggio” dal vescovo di Zara Zvonimir Puljic, ha voluto che al viaggio a Bleiburg fosse data una lettura di riconciliazione e di superamento del passato, ma senza contaminazioni nazionaliste. Per questo ha scelto il giorno successivo a quello in cui in Croazia si è celebrata la “Giornata della lotta al fascismo”.
Sul luogo dell’eccidio fin dall’immediato Dopoguerra era stato eretto un monumento dedicato “ai Caduti dell’esercito croato”. Qualche anno fa il monumento è stato rinnovato e anche la scritta cambiata: ora è dedicata “alle vittime innocenti”. Davanti a quella lapide Josipovic ieri ha sostato in silenzio e poi ha deposto una corona d’alloro. Nessun discorso. Soltanto ai giornalisti presenti ha rilasciato una breve dichiarazione. «Dopo la guerra – ha detto – sono stati commessi crimini sia dai vincitori che dagli sconfitti. Lo dobbiamo accettare, per rendere possibile in futuro una convivenza pacifica». Un messaggio di riconciliazione, che tuttavia non rimuove e cancella le responsabilità del passato e la necessità di farvi finalmente chiarezza. Proprio l’atteggiamento richiesto alla Croazia per essere accolta nell’Unione europea.