di Gabriella Ziani su Il Piccolo del 21 marzo 2011
C’è un passo ufficiale. Per i quadri della collezione “istriana”, ancora di recente al centro di frizioni con la vicina Slovenia, si apre la strada verso il Museo della cultura istriana, fiumana e dalmata di via Torino. La cui sede è stata già da più parti indicata come il miglior luogo (a dirlo, tra gli altri, il Comune e il critico d’arte ed ex sottosegretario Vittorio Sgarbi), pur nel controverso modo di vedere le cose espresso tra le varie anime degli istriani stessi. L’Unione degli istriani (il cui presidente è Massimiliano Lacota) e la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati (presieduta invece da Renzo Codarin) hanno inviato separate lettere all’indirizzo del direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, manifestando il proprio desiderio di veder trasferiti in quel museo i 15 quadri, più un bronzo e una scultura, che sono oggi ospitati e visibili nei sotterranei del Civico Museo di villa Sartorio, in virtù di una convenzione firmata tra ministero dei Beni culturali (che ne ha la proprietà) e Comune (che a titolo gratuito li ospita ed espone).
I toni sono assai diversi. Lacota si appella ricordando le pretese slovene, e cita «la recente riacutizzazione del contenzioso». Codarin al contrario cita «l’affievolirsi dei toni polemici che avevano accompagnato il contenzioso sui quadri». Fatto sta, anche se con opposte argomentazioni, i due desiderano la stessa cosa. E Martines ha risposto con i fatti, dando l’ufficiale incarico a Maria Chiara Cadore, direttore della Galleria nazionale di arte antica (alla quale i quadri istriani sono associati, ma che è essa stessa non esposta) di effettuare un sopralluogo in via Torino. Di verificare se il sito è idoneo a esporre la collezione, che annovera pezzi di pregio, come le tavole di Paolo Veneziano e Alvise Vivarini, un telero di Vittore Carpaccio, una pala d’altare di Giambattista Tiepolo. E di capire nel contempo se ci sono le condizioni «per la conservazione, la sicurezza e la fruizione delle opere». Il compito di Maria Chiara Cadore, oltre che di ripercorrere la storia della collezione e dello stesso museo, sarà quello di allegare anche «un progetto preliminare di esposizione delle singole opere».
Il direttore della Galleria dovrà poi mandare il tutto al soprintendente per i beni storico-artistici, Luca Caburlotto, che poi passerà il fascicolo, assieme al proprio parere, allo stesso Martines. Il quale spedirà infine tutto a Roma, alla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanea, «al fine – scrive lo stesso direttore regionale dei Beni culturali – di suscitare il parere del Comitato tecnico-scientifico per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico, possibilmente assieme al Comitato tecnico-scientifico per i beni architettonici e paesaggistici». I tempi si profilano lunghi, dunque. «Comincia un iter – dice l’assessore comunale alla Cultura, Massimo Greco -, poi è il ministero che in ultima analisi deve decidere dove mettere i quadri, in accordo con la Federazione degli esuli. La pubblica fruizione comunque è garantita anche adesso, i quadri sono al museo Sartorio dal 2006, dopo la mostra “Histria” al Revoltella, ma certo esporre la collezione in via Torino consentirebbe anche a quest’ultimo museo, che finora ha una connotazione prevalentemente etnografica, di acquisire una rilevante caratteristica storico-artistica, esponendo pezzi che in fondo rappresentano tre-quattro secoli di pittura veneta».