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24 feb – Seminario sul confine orientale, si apre una nuova pagina

A poche ore dalla sua chiusura, non è incauto né eccessivo definire positivo il primo Seminario nazionale sul confine orientale svoltosi per tutta la giornata di ieri presso il Ministero della Pubblica Istruzione, frutto del «tavolo di coordinamento» avviato dalla Federazione delle Associazioni con il Governo e realizzato con il concorso fattivo e determinante dell’ANVGD.  Fine dichiarato del Seminario, e punto fra i più importanti della piattaforma elaborata dalla FederEsuli nel confronto con l’Esecutivo, è quello di dare inizio alla formazione del corpo docente e degli studenti italiani sui temi della storia e della cultura delle regioni adriatiche, stante la nota assenza di questi dalla grande parte dei testi in uso delle scuole.

L’incontro, che ha avuto puntuale inizio la mattina, si è protratto sino al tardo pomeriggio, avvalendosi dei contributi scientifici di pregevoli studiosi contemporaneisti e delle esperienze degli insegnanti impegnati da anni – per larga parte in senso all’ANVGD – nella divulgazione delle vicende storiche della Venezia Giulia e della Dalmazia particolarmente – ma non esclusivamente – nel Novecento.

Quali elementi trarre da questo Seminario? Diversi, e, ci sembra, tutti significativi per le prospettive future che contengono. In primo luogo, i contributi di tutti i relatori si sono qualificati – come non poteva essere diversamente – per serietà di metodo e di impostazione; i docenti, che nel pomeriggio loro dedicato hanno reso testimonianza delle rispettive esperienze negli istituti di ogni ordine e grado, hanno dato evidente prova di possedere gli strumenti pedagogici corretti e di essere animati da una matura disponibilità al confronto con i giovani e con le più aggiornate acquisizioni della storiografia contemporanea. I loro interventi hanno dato prova di equilibrio e di serenità di approccio, due strumenti indispensabili allo vero studio e alla divulgazione.

Crediamo che gli interlocutori, in questo caso del Dicastero preposto alla difficile e complessa funzione di gestire e indirizzare l’istruzione pubblica e non in questo delicato frangente, possano riconoscere ai protagonisti di questo Seminario nazionale un credito non indifferente. Lo sforzo di far comprendere nella sua interezza la storia dell’italianità autoctona dell’Adriatico orientale e la sua tragedia è risultato palese ed ha lasciato un segno positivo nell’uditorio, riuscendo a far comprendere – con assoluto rigore – l’infondatezza di tutti gli equivoci e le distorsioni ideologiche che hanno gravato nei decenni sugli esuli italiani, sul diritto alla memoria ed al rispetto che possono ben reclamare con forza.

Ed almeno altri due o tre elementi ci sembra doveroso ed opportuno segnalare. Anzitutto, la consapevolezza, condivisa da tutti gli intervenuti, di non dover circoscrivere l’interesse storiografico al pur doloroso Novecento, ma di dover recuperare l’intera civiltà adriatica latina e veneziana che ha permeato di sé indelebilmente, in molti secoli, quei territori. Un recupero che, come è stato fatto notare più volte nel corso della giornata, non è rivolto soltanto al passato ma contiene ipotesi di futuro: nel senso che può ben fornire alla nostra contemporaneità attraversata da innumerevoli inquietudini e intolleranze e da tempo alla ricerca di nuovi, faticosi equilibri, un modello di convivenza e di attitudine al confronto tra entità diverse. Tale è stato per secoli, realizzando una civiltà urbana e una composita articolazione sociale ed economica che resta un patrimonio di riferimento e sul quale gli studiosi potranno indagare a tutto campo.

Infine, conforta la presenza, qualificata e ben impostata, delle seconde generazioni di esuli, rappresentata al meglio dai docenti che hanno preso la parola. Tutti ben consapevoli dell’eredità non acquisita passivamente ma fatta realmente e con convinzione propria, tutti animati da un forte e dichiarato intento di saldare, nel tessuto tanto lacerato della storia e degli animi, il filo del passato con il presente e con gli spazi del futuro, che chiede ed esige una proposizione positiva e costruttiva, la capacità forte e coraggiosa di guardare oltre custodendo in sé la memoria del dolore e le risorse tenaci delle radici.

Patrizia C. Hansen, addetto stampa ANVGD

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