Domenica pomeriggio alle Noghere, nei pressi dell’ex passaggio di confine di Rabuiese tutti gli occhi saranno puntati su di lui: il giovane architetto Luca Valerio Lonardo che è riuscito a realizzare il miglior progetto per un monumento che ricordi in quell’area l’Esodo delle genti dalle terre adriatiche.
A volerlo è stata la Provincia di Trieste che ha coinvolto vari soggetti con lo scopo di addivenire ad una scelta concordata che ora vede la luce. La cerimonia d’inaugurazione si svolgerà domenica alle ore 17. Ma chi è l’architetto che ha saputo far arrivare il suo messaggio al comitato incaricato a valutare i progetti?
Vive e lavora a Benevento e si racconta con grande slancio rivelando un’indole aperta e capacità di comunicare. “Sono un uomo del sud, esordisce, con un’attenzione particolare alle vicende che hanno caratterizzato la storia dell’Adriatico orientale”.
Come, perché?
“Mio nonno si chiamava Mario Bercich, di una famiglia di farmacisti da generazioni. Lasciò la sua città non senza difficoltà dopo essersi visto negare più volte l’opzione. Nel ’49, in Italia, nacque mia madre. Quand’ero bambino, la casa del nonno era sempre fonte di meraviglia per la presenza di quadri e libri e altri oggetti particolari che non avevo modo di vedere altrove. Allora non riuscivo a capire…ma poi”.
Che cosa è successo?
“Il nonno venne a mancare e in me rimase questa curiosità per tutto ciò che mi aveva raccontato, la città di Zara la conosco a palmo a palmo senza mai esserci stato, è chiaramente stampata nella mia mente nelle descrizioni precise e minuziose del nonno piene di riferimenti e di aneddoti e di racconti su fatti e persone”.
Una città mai raggiunta, come mai?
“Ci ho provato e un giorno ci andrò. Sono arrivato fino a Spalato dove ho visto, al fianco di un portone, la nostra bandiera e la tabella della Comunità degli Italiani, un signore mi guardava sorridendo, capiva la mia curiosità e mi ha fatto entrare, era lui il presidente e mi presentò la dott.ssa Daria Garbin, spalatina che vive a Trieste, ricercatrice, molto vicina al mondo degli esuli, che mi portò a conoscere la città e mi fornì tanti dati sulla nostra storia e l’attualità. Da quel momento è stato un continuo rincorrere una realtà”.
A quale scopo?
“Ricomporre il mosaico di ciò che sono. Oggi mi rendo conto quanto parte abbia avuto l’esodo anche nella mia storia, la casa e il dialetto del nonno mi hanno fatto sentire diverso rispetto agli altri ragazzi della mia generazione le cui radici affondano nell’Italia del sud. Ma non soltanto, certe frasi di mia madre con le quali intercala il suo linguaggio per altro perfettamente aderente alla realtà locale ma con questi sprazzi che lo rendono unico. O il nostro modo di mangiare. I miei amici non sanno cosa sia il kuglupf o il gulasch”.
Come hai saputo di questo concorso indetto dalla Provincia?
“Da internet, naturalmente. Dopo la laurea conseguita a Napoli, ho fatto diverse esperienze nella mia regione ma a Benevento non c’è tantissimo lavoro per cui nell’attività che condivido con un collega cerchiamo sempre nuovi spunti ed occasioni in vari luoghi d’Italia. Così ho risposto a questa sfida”.
Su che cosa si basa il monumento da te proposto?
“Il sito interessato al progetto è ampio, una rotatoria di 80 metri per quaranta. Ho immaginato cinque tracce in pietra che si dipartono da un punto a simboleggiare le vie scelte dalla nostra gente nell’esodo, verso l’Europa e gli altri continenti. Il tutto parte da cinque ruote arrugginite dal tempo. La ruota è la vita, il tempo, la partenza, il cammino, il fato, il lavoro, la mente, le sensazioni, tutto ciò che è legato ad una vicenda così forte, alla dispersione di un popolo. L’altro materiale è la pietra a simboleggiare le vie, le tracce, ma anche la profonda spaccatura determinata dalla storia. Il muretto a secco è il legame con una cultura profonda di matrice mediterranea”.
E tutto questo ti ha portato a Trieste, per seguire la realizzazione del monumento ed ora alla sua inaugurazione. Come hai vissuto il rapporto con la città?
“Mi sono trovato di fronte ad una realtà non certamente aperta come lo è quella del sud, una città piuttosto nascosta agli altri e a se stessa, difficile da penetrare ma molto affascinante. In particolare questa commistione tra genti e culture che sta vivendo un passaggio verso un nuovo ordine di cose per cui alla ricerca di un proprio ruolo ma, nello stesso tempo, rivelando la sua vocazione ad essere laboratorio di contatti. E poi, la grande gioia di aver incontrato tanti discendenti di famiglie dalmate”.
Per un giovane architetto, quali prospettive offre oggi la realtà italiana?
“Per uno come me, libero professionista, non è semplice. C’è una situazione diffusa di precarietà che penalizza soprattutto i giovani che fanno difficoltà ad inserirsi e trovare stabilità. Chi decide testardamente di rimanere in Italia deve fare i conti con cocenti delusioni per cui spesso si decide di tentare la strada dell’emigrazione, ancora una volta, come i nostri nonni, per motivi diversi ma comunque dolorosi. Le ruote che macinano altra vita. Anche per questo sono grato a Trieste per questa incredibile opportunità”.
L’opera firmato da Luca verrà inaugurato domenica 26 settembre, alle ore 17.00 presso la rotatoria di innesto della nuova S.P. n. 15 “Delle Noghere” sulla S.S. n. 15 “Flavia”. Il monumento è stato realizzato con la collaborazione dell’Associazione delle Comunità istriane, dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato provinciale di Trieste, dell’Istituto regionale per la Cultura Istriano-Fiumano-Dalmata e dell’Unione degli Istriani, in sinergia con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Pesaggistici del Friuli Venezia Giulia, della Regione Friuli Venezia Giulia (Direzione Centrale Pianificazione Territoriale, Autonomie Locali e Sicurezza – Servizio Tutela Beni paesaggistici) del Comune di Muggia e dell’Università di Trieste.
Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it
(Luca Valerio Lonardo, l'architetto che firma il monumento all'Esodo a Rabuiese – Trieste)