«La Slovenia presenta il conto alla Croazia. Per entrare nell’Ue dovrà pagare 172 milioni di euro». Questo il titolo di un articolo apparso sul giornale web Euobserver molto letto dai funzionari europei a Bruxelles. La controversia sulla Ljubljanska Banka e la mainaccia di veto di Lubiana alla ratifica del Trattato di adesione all’Ue della Croazia, dunque, fa il suo ingresso ufficiale nel think-thank comunitario.
La questione riguarda 312 milioni di marchi tedeschi (pari per l’appunto a 172 milioni di euro odierni) dei risparmiatori croati della oramai defunta Ljubljanska Banka che chiedono di vedersi restituire i propri soldi. Soldi che la Slovenia sostiene debba liquidarli la Croazia. Ma la vicenda non si chiude qui. Altri 545 milioni di marchi di credito sono stati trasferiti dalla Ljubljanska Banka agli istituti croati, la Privredna Banka e la Zagreba›ka Banka. I quali, proprio per questo transfert di crediti/debiti, con l’appoggio del governo di Zagabria, hanno aperto una procedura giudiziaria contro la Ljubljanska Banka.
In più la stessa Ljubljanska avrebbe concesso mutui, per 400 milioni di euro a imprenditori croati secondo Zagabria, per un miliardo di euro secondo Lubiana. Ma l’intera vicenda suscita mugugni e musi lunghi in ambito comunitario. Innanzitutto perché non è la prima volta che la Slovenia usa quest’arma e poi perché se l’intromissione di problemi bilaterali nella temperie europea diventasse prassi sarebbe una vera e propria catastrofe per i già non idilliaci, di questi tempi, rapporti comunitari perché, sostengono fonti europee, chiunque tirerebbe fuori dal cappello qualche tema bilaterale da gettare sul piatto. E si scatenerebbe la Babele geopolitica.
Diplomatici europei anche di Stati che contano a Bruxelles sostengono che la Slovenia desidera porre in essere ulteriori pressioni sulla Croazia, Slovenia che, secondo le stesse fonti, non va assolutamente sottovalutata in fatto di caparbietà soprattutto quando di mezzo c’è la Croazia. Ma alla fine, spiegano, non riteniamo possibile che Lubiana blocchi l’adesione della Croazia. Sarebbe un precedente troppo pericoloso per l’intera Unione europea perché l’adesione verrebbe così valutata in meri termini monetari, sarebbe insomma sancito un prezzo per l’ingresso. Dio ce ne scampi e liberi!
Dunque è in atto una forte pressione a livello europeo sulla Slovenia perché scinda il tema bilaterale da quello multilaterale comunitario. E la pressione si accentuerà dopo il 10 ottobre quando sarà noto l’ultimo rapporto della Commissione Ue sui progressi della Croazia nell’integrazione europea, che, a questo punto, sembra di capire che sarà positivo, al punto che a Bruxelles prevedono che dopo quella data i rimanenti 13 Paesi Ue che devono ancora ratificare il Trattato di adesione della Croazia avvieranno tale processo parlamentare. Chi, al contrario della Germania, non attenderà il 10 ottobre invece è la Gran Bretagna che in questi giorni ha avviato l’iter per la ratifica. Seguiranno a ruota, incoraggiate dall’esempio di Londra, anche Olanda, Irlanda e Svezia. La Slovenia rischia di restare con il cerino in mano.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 23 settembre 2012