Il 25 Aprile è la festa della Liberazione, liberazione dell’Italia da una dittatura e da un’occupazione straniera, ma non per le province del confine orientale che pochi giorni dopo l’insurrezione generale del 25 aprile 1945 appunto sperimenteranno la “liberazione” portata dai partigiani comunisti jugoslavi e non dai combattenti del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia. Il primo maggio a Trieste e poi a Gorizia, Fiume ed in Istria succede per Quaranta giorni quel che ha già colpito Zara nell’autunno precedente. L’annessione di fatto alla nascente Jugoslavia di Josip Broz “Tito”, l’epurazione politica di chi si oppone, sequestri, processi sommari, deportazioni e una nuova ondata di stragi nelle foibe. Nel capoluogo dalmata i “nemici del popolo” venivano gettati in mare con una pietra legata al collo (foibe azzurre), a Trieste il pozzo della miniera di Basovizza diventa il luogo dell’esecuzione tra gli altri anche dei finanzieri che hanno combattuto a fianco del CLN triestino nell’insurrezione cittadina del 30 aprile che aveva avuto ragione dei tedeschi prima dell’arrivo dei “titini”: essi tuttavia rappresentano lo Stato italiano, uno Stato che deve sparire in tutte le sue forme per consentire l’annessione al regime di Belgrado. Nelle foibe del Carso goriziano e istriano vengono precipitate altre vittime dopo la prima ondata avvenuta nel caos successivo all’8 settembre 1943, ancora una volta colpendo ciò che rappresenta l’Italia, dal poliziotto al funzionario comunale passando per il maestro ed il dipendente pubblico. Fosse comuni a ridosso di Fiume occultano centinaia di corpi mentre il nascente regime comunista di Belgrado ha già allestito un arcipelago concentrazionario che vede in Borovnica la destinazione di marce forzate durante le quali già a decine sono le vittime mentre i superstiti sono attesi da condizioni detentive spietate quanto quelle dei lager tedeschi.
Il 25 Aprile è l’inizio della ricostruzione e della rinascita dell’Italia, ma non per la Venezia Giulia. Dopo che la diplomazia anglo-americana ha posto fine a questa mattanza (le vittime sono nell’ordine delle migliaia in un lasso di tempo ristretto ed in un’area limitata) e definito con la Linea Morgan una Zona A sotto Amministrazione Militare Anglo-americana (Trieste, Gorizia e Pola) ed una B di competenza jugoslava (Istria e Fiume), inizia l’attesa della Conferenza di Pace che dovrà definire un nuovo confine italo-jugoslavo. Nella Zona A arrivano sempre più italiani in fuga dalla Zona B che raccontano di un processo di imposizione delle strutture del regime comunista, della persecuzione di tutto ciò che è italiano in nome dell’equazione italiano=fascista e di uno stillicidio di sparizioni e di sequestri di italiani contrari all’annessione alla Jugoslavia. E non verrà ricostruita Zara, definita da Enzo Bettiza “la Dresda dell’Adriatico” per indicare la furia dei bombardamenti che l’hanno rasa al suolo, rendendola la città italiana con la più alta percentuale di vittime sotto le bombe anglo-americane (il 10% degli abitanti): i nazionalisti croati che hanno trovato posto sotto la stella rossa dell’esercito partigiano di Tito guardano le macerie della città simbolo della presenza italiana in Dalmazia compiaciuti: «Zara è morta, nascerà Zadar».
Il 25 Aprile è l’uscita dalla clandestinità dei partiti antifascisti ed il ritorno alla democrazia, ma non nella Venezia Giulia. I leader del CLN goriziano rientrano nel migliaio di concittadini sequestrati e spariti nel nulla, a Trieste il CLN è tornato in clandestinità, il CLN dell’Istria si ricostituisce per opporsi alla nuova occupazione straniera ma verrà ben presto annientato dall’OZNA, la polizia segreta che ha fatto piazza pulita dei fascisti, ove con tale termine i Poteri Popolari non indicavano solamente chi aveva fiancheggiato il regime mussoliniano, ma anche tutti coloro i quali si opponevano all’annessione alla Jugoslavia. A Fiume gli autonomisti che erano stati perseguitati dal fascismo vengono eliminati subito, partigiani che erano appena tornati dai campi di concentramento nazisti vengono analogamente uccisi in quanto sinceramente patrioti e decisi a mantenere l’appartenenza all’Italia di queste terre.
25 aprile nelle terre dell’Adriatico orientale un tempo era la ricorrenza di San Marco, patrono di Venezia, la Serenissima cui avevano fatto atto di dedizione i Comuni istriani e dalmati e che aveva trasformato l’Adriatico in un lago veneziano. 25 aprile per giuliani, fiumani e dalmati oggi significa l’inizio di un incubo avviatosi a guerra finita mentre i propri connazionali già cominciavano a ricostruire la Patria e lo Stato.
Lorenzo Salimbeni