Vengono ancora definiti i ”rimasti”, e vivono separati fra Slovenia e Croazia. Sono gli esponenti della diaspora italiana all’indomani della guerra che consegnò alla Jugoslavia Istria, Fiume e la Dalmazia e che per ragioni politiche, ideologiche o semplicemente perché impossibilitati a lasciare case e terre invece di partire rimasero con il nuovo regime. Per anni antagonisti degli esuli, che quelle terre le abbandonarono, oggi i ”rimasti” costituiscono una minoranza ma rappresentano una realtà molto più complessa e articolata di quanto si possa pensare, la cui identità di italiani «si è riformulata, si è riprodotta in altri modi» e lascia immaginare un futuro nella nuova Europa ancora tutto scrivere.
Se ne è parlato ieri in uno degli incontri più seguiti del festival èStoria di Gorizia, ”Una storia spezzata: gli italiani della costa orientale dell’Adriatico”. A parlare e confrontarsi sull’argomento assieme a Sergio Tazzer c’erano Corrado Belci, giornalista, ex parlamentare e autore di vari libri tra cui ”Quei giorni di Pola” (Leg), Piero Delbello, direttore dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata e autore di varie pubblicazioni tra cui ”L’altare dell’esodo”; Anita Forlani, poetessa e pubblicista, esponente della Comunità nazionale italiana, Egidio Ivetic, docente di storia moderna all’Università di Padova, lo storico Roberto Spazzali e il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Lucio Toth, che ha appena pubblicato per le edizioni Sovera il romanzo ”La casa di calle San Zorzi”.
Posto che negli ultimi anni c’è stato un riavvicinamento tra esuli e rimasti, è stato osservato, e che la cultura italiana sulla sponda orientale dell’Adriatico sta vivendo una stagione di ripresa dopo il periodo buio del massimo declino negli anni Ottanta, la parola d’ordine per gli italiani della minoranza è ”resistere per esistere”. Ma la cultura italiana si sta anche evolvendo, tra tutela delle tradizioni e spinte verso una ridefinizione della propria identità grazie alle nuove generazioni che riscoprono le proprie radici e che, oggi nella Slovenia senza confini, domani ci si augura anche in Croazia, possono contruibuire quanto meno a ricostruire una ”patria dello spirito” (Spazzali). A patto che non si dimentichino le radici latine ”di quella frangia di italianità che va da Gorizia alle Bocche di Cattaro” (Toth) , e a patto che più ”che difendere si alimenti la cultura italiana” in quelle terre. Opzione che però non ha trovato d’accordo Delbello, per il quale ”l’Italia non ha avuto lo stesso occhio di riguardo per le associazioni degli esuli così come l’ha avuto per la minoranza italiana” dei rimasti.
(p.spi. su Il Piccolo del 25 maggio 2009)