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25 mar – Codarin: Pahor non vede le sofferenze altrui

Una cosa non dice Pahor, nell'articolo sul Corriere della Sera del 24 marzo, animato dal suo furore nazionalista che neanche la sua veneranda età giustifica. La parte ora slovena dell'ISTRIA alla fine della guerra era tutta Zona B, fino al 1954, quindi nove anni dalla fine della guerra. La maggioranza della popolazione che la' viveva era italiana: stiamo parlando di Capodistria, Isola e Pirano.

Se quella povera gente fosse stata fascista o rea di crimini, sarebbe fuggita o giustiziata nel 1945. Invece questa gente resistette nonostante le vessazioni (il vescovo Santin fu picchiato a Capodistria nel 1947 e il Beato Bonifacio fu trucidato a fine '46) fino a tutto il '54.

Dopo il Memorandum di Londra quasi tutti i capodistriani isolani e piranesi abbandonarono le loro città (90-95% della popolazione) il contado retrostante si vuotò per oltre il 50%.

Di questo Boris Pahor non parla mai; per lui è più semplice giustificare il suo nazionalismo con l'identificazione esuli istriani/fascisti.

Poi a Pahor un altro piccolo appunto. Come si può distinguere l'uomo che soffre e subisce ingiustizie in base alla propria etnia, in base al proprio sentire? E' veramente un modo di pensare aberrante, anti-umano: uno che ha sofferto, come lui ha sofferto, non dovrebbe disprezzare la sofferenza degli altri.

Renzo Codarin

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