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25ott12 – Finanziaria slovena, nuovi tagli agli statali

Il governo Janša ha presentato i conti per il 2013 e 2014 in Parlamento. Si tratta, come previsto, di una Finanziaria lacrime e sangue che prevede 8,6 miliardi di entrate nelle casse dello Stato e 9,6 miliardi di uscite. I conti sono stati fatti in modo che il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo rimanga entro il 3%. A pagare il prezzo più salato saranno, ancora una volta, i dipendenti pubblici con il 5% dei tagli ai salari che porterà un risparmio di 200 milioni di euro. Nessun aumento dell’Iva che crescerà invece nel 2014. Previsti altresì tagli nella sanità per 40 milioni di euro.

 

Sull’ulteriore sacrificio chiesto ai dipendenti pubblici in Parlamento il premier Janez Janša è stato estremamente deciso. «Bisogna operare tagli nel settore pubblico – ha detto – perché è evidente che finora non ha subito le stesse ripercussioni della crisi economica del comparto industriale, visto poi che dall’inizio della crisi ha subito un incremento di 8mila unità». Il premier ha altresì elencato le riforme strategiche che la Slovenia dovrà attuare quanto prima per evitare il tracollo finanziario e tra questi c’è, ovviamente, il risanamento del settore bancario (leggi Bad Bank), l’oculata gestione dei beni dello Stato (leggi Agenzia unica del governo), la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro.

 

«Tra le misure enunciate – ha poi precisato il premier – ci sono alcune che saranno dolorose ma sono assolutamente ineludibili, misure che il precedente governo (di Borut Pahor, centrosinistra) non ha avuto il coraggio di prendere proprio perché prevedevano sacrifici ed erano quindi impopolari». Il ministro delle Finanze, Janez Šušterši› ha poi affermato, in riferimento all’emissione di obbligazioni in dollari da parte della Slovenia, che «se non avessimo ottenuto quel denaro il prossimo mese di novembre io non avrei più avuto soldi per pagare i conti dello Stato».

 

La situazione, dunque, resta assai critica. Le parti sociali non gradiscono il rigore del governo Janša e affilano le armi della protesta. I sindacati sono infatti convinti che la via imboccata dalla Slovenia non condurrà il Paese fuori dalla crisi, bensì lo ridurrà a una condizione ancora peggiore. Sono pronti allo sciopero e a scendere nelle piazze per gridare la propria rabbia contro l’azione di governo. E poi minacciano di imbracciare l’arma del referendum soprattutto nei confronti della cosiddetta Bad Bank e dell’Agenzia unica per la gestione dei beni statali. Il ministro degli Esteri Karl Erjavec replica: «In strada non si risolve nulla», ma andarlo a spiegare alla massa di disoccupati è un’altra cosa.

 

Mauro Manzin

(“Il Piccolo” 24 ottobre 2012)

 

 

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