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26 feb – Oliva a Trieste: Esuli, memoria scomoda

Un professore, uno storico, un politico con la passione per la scrittura. Gianni Oliva, nato e cresciuto a Torino inizia a pubblicare i suoi primi libri nell’89 per il desiderio di divulgare. Che cosa? Storia militare (carabinieri, alpini), le grandi dinastie (Savoia, Borboni) e nel 2002 il suo primo libro sulle Foibe, seguito da un altro nel 2005 sui profughi. Ed ora una storia per immagini intitolata “Esuli” e pubblicata da Mondadori. Ma da cosa nasce questo suo rapporto con le tematiche di confine?

L’autore risponde ad una platea numerosa e interessata che l’altra sera alla Nuova Libreria Italo Svevo in Galleria Fenice a Trieste, ha seguito l’incontro organizzato dal CDM di Trieste con il coinvolgimento di tutte le sigle che fanno capo alla Federazione degli Esuli. Gianni Oliva nel 2008 aveva partecipato alla Bancarella ed aveva reso possibile l’organizzazione di tre giornate di Pillole di Bancarella al Circolo dei Lettori di Torino, con grande successo.

PAGINA DI STORIA “Non ho radici che mi conducano dalle vostre parti – risponde a chi gli chiede a cosa si debba questo suo coinvolgimento – né una fidanzata d’altri tempi”.

E allora? L’interesse nasce negli USA durante ricerche d’archivio – racconta – sui documenti del GMA presente a Trieste negli anni difficili del dopoguerra. Da qui la curiosità ad approfondire, lo stimolo a svelare una pagina di storia di cui poco o nulla si conosceva in quegli anni, il Giorno del Ricordo non era ancora all’orizzonte. Questa sua voglia di sapere non si ferma al primo libro, scopre la comunità dei giuliano-dalmati che vive a Torino e comincia a raccogliere le loro storie. Diventa loro amico. Tanto da lasciarsi “adottare” e diventare un po’ giuliano-dalamato? Risponde con un “no” convinto, le radici sono una cosa seria, ognuno deve tenersi ben strette le proprie dalle quali dare forza alle proprie convinzioni. Che cosa scopre di questa gente a Torino?

UNA GUERRA PERSA Erano un favoloso bacino d’assunzioni per la Fiat, la proprietà sapeva che “non si sarebbero iscritti alla CGIL”. La sala reagisce divertita alla battuta che in effetti anticipa un discorso di fondo sull’evoluzione storica del territorio adriatico nord orientale che ha vissuto il ventennio fascista come il resto d’Italia, ma la cui popolazione si è portata nell’esodo un marchio indelebile per tanto tempo. Perché e che cosa ha prodotto? Praticamente la cancellazione di una memoria scomoda. E Oliva racconta – come nel libro – l’equivoco di fondo: con l’organizzazione della resistenza in Italia e il 25 aprile, la nazione si convince di aver vinto una guerra che di fatto ha perso, pesantemente. E la prova è sotto agli occhi di tutti. Basta prendere una carta geografica e visualizzare l’estensione dello Stato prima e dopo la guerra. La contrazione è evidente, l’Italia ha perso territori con i quali ha pagato la scelta di campo durante il conflitto. E 350mila esuli in Italia sono la prova evidente, sotto gli occhi di tutti, che la verità sia questa. Negare la loro esistenza è stata la conseguenza più logica. E poi ci sono le colpe della sinistra, che conosciamo, di aver creduto nel comunismo dal volto umano di Tito salvo negare la realtà dittatoriale.

TESTIMONIANZE Tutto questo Oliva lo racconta nel libro, attraverso una premessa storica e nelle successive schede sintetiche che introducono le immagini: partendo dalle testimonianze architettoniche di stampo veneziano, passando attraverso i contrapposti nazionalismi, la guerra…e arrivando alla parte più toccante del discorso, e forse, per certi versi, inedita. Le immagini degli anni trascorsi dalle famiglie nei campi profughi, nelle bidonville, nelle caserme. L’estrema tristezza contrasta con il persistere, nonostante tutto, della speranza di un riscatto. Colpisce l’immagine della famiglia raccolta attorno alla prima radio, acquistata con sacrificio, ma già un primo esempio di una promessa mantenuta, la serenità di una vita finalmente normale. Il volume si chiude sul concerto del 13 luglio a Trieste che mette fine ad un lungo periodo di sofferenza e forse schiude a tempi nuovi, questa la speranza.

Nelle quasi due ore di intervento, Gianni Oliva ha parlato anche dei suoi altri libri con passione e disponibilità per quella sua attitudine a raccontare e farsi ascoltare.

Rosanna Turcinovich Giuricin su "La Voce del Popolo" del 26 febbraio 2011

 

 

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