“Non possiamo fermarci di fronte ad esempi negativi che altrimenti ci costringerebbero a segnare il passo. Ci dispiace se ci sono frizioni di vario genere sulle tematiche che ci riguardano. Non possiamo fare altro però che andare avanti con i nostri progetti, la nostra voglia di crescere e di costruire nuove orizzonti”. A sottolinearlo a più riprese, anche durante le tre giornate della Bancarella a Roma, è stato Lucio Toth, che sottolinea l’amarezza per i continui attacchi alla realtà degli esuli e per le incomprensioni che spesso minano la stabilità di un’attività tesa a proiettarsi nel futuro. Una riflessione, per tanto, si rende necessaria.
Presidente, recentemente anche il Sen. Carlo Giovanardi le ha scritto rispondendo ad una richiesta dell’Unione degli Istriani, circa una legge o decreto che blocchi atteggiamenti negazionisti. Lei che cosa risponde?
“Abbiamo sempre tenuto gran conto delle opinioni del Sen. Giovanardi nelle tematiche che riguardano il mondo degli esuli istriani fiumani e dalmati, essendo egli in quella piccola pattuglia di parlamentari e di politici di diverso schieramento che si sono dimostrati nostri amici sinceri in tutte le occasioni, in Parlamento e al Governo, nelle quali è stato necessario spendere le loro energie per una causa giusta come quella degli Italiani dell’Adriatico orientale, esuli e rimasti”.
Ma questa gratitudine e l’amicizia significano anche libertà di confronto, aperto sulle varie tematiche, come in questo caso.
“Spesso le nostre opinioni sono allineate, e non fa eccezione questo caso: ciò che Giovanardi ha espresso nella lettera di qualche giorno fa su eventuali decreti o proposte di legge, che proteggano con una sanzione penale la memoria della tragedia delle Foibe dalle tesi negazioniste, mi trovano personalmente d’accordo. Non possiamo decretare l’illibertà, sarebbe un passo indietro nel processo democratico di un Paese evoluto. Anche lo stesso prof. Giuseppe Parlato in un articolo su «Libero» del 17 marzo scorso ribadisce tali concetti. Noi esuli ci siamo sempre distinti per serietà e compostezza e dobbiamo continuare a farlo”.
Come fermare le tesi negazioniste?
“E’ naturale l’unanime indignazione e protesta degli esuli giuliano-dalmati davanti a tesi giustificazioniste della tragedia che ha colpito decine di migliaia delle nostre famiglie, colpevoli soltanto di essere italiane e volerlo restare. Sono tesi che offendono i nostri sentimenti più profondi, feriti da un silenzio di oltre mezzo secolo, come con grande coraggio hanno riconosciuto tre Presidenti della Repubblica Italiana. E’ anche vero che l’Associazione che rappresento (ANVGD) si è pronunciata più volte con argomenti storicamente e documentalmente inconfutabili contro certe ricostruzioni svianti. E conduce ovunque in Italia e nel mondo, con l’umiltà e la pazienza dei suoi iscritti e dirigenti, una battaglia decisa e quotidiana ogni volta che queste distorsioni della storia si riaffacciano, esponendosi anche a rischi personali quando è necessario”.
Che cosa è stato raggiunto, questa è una delle domande che spesso assillano i vertici dell’associazionismo, mossa spesso dagli stessi Esuli?
“Insieme alle altre associazioni dell’Esodo abbiamo raggiunto, anche con il decisivo aiuto di uomini nel governo, la legge istitutiva del Giorno del Ricordo, di cui è giusto e legittimo pretendere il rispetto in ogni sede istituzionale, scolastica e universitaria con gli strumenti giuridici che il nostro ordinamento ci offre, stroncando la faziosità di chi ci vuole togliere ancora una volta la libertà di parlare. In nome di questi stessi principi di libertà l’introduzione di un precetto penale che punisca il negazionismo e il giustificazionismo potrebbe produrre risultati opposti a quelli voluti da noi esuli e ormai condivisi dalla comunità nazionale, come hanno dimostrato anche quest’anno la diffusione delle manifestazioni per il giorno del Ricordo in tutti i piccoli e grandi Comuni d’Italia e nelle comunità italiane all’estero”.
Lei è uomo della magistratura, ci sono dei precedenti in materia?
“Non direi, una norma penale del genere non ha precedenti nella nostra legislazione e andrebbe incontro alle strettoie del dettato costituzionale, affidandosi poi all’altalena della giurisprudenza. D’altronde mi chiedo perché dare spazio mediatico a tesi che sono state demolite dalla storiografia più documentata e recente, di ogni indirizzo storico e ideologico. La verità sulle Foibe e sull’Esodo si difende con la forza delle idee. E noi confidiamo in questa forza”.
Recentemente anche alcune scuole – vedi il caso di Brescia, ma anche le prese di posizione dello scrittore Boris Pahor – nell’intento di adeguarsi ai programmi del Giorno del Ricordo, sono incorse in errori di impostazione. Quale la sua opinione a proposito?
“Succede purtroppo che si parta con il piede sbagliato indulgendo alla più stantia propaganda diffusa dal regime comunista iugoslavo contro l’Italia democratica durante le trattative di pace del 1946 secondo l’equazione fascismo=sopraffazione delle popolazioni slave=vendetta post-bellica contro gli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Nulla di più errato perché non si tiene conto del “contesto” dell’intera vicenda. Per il resto lo Stato fascista si comportò con le minoranze linguistiche come tutti gli stati europei dell’epoca, dalla civilissima Francia alla Polonia, alla Romania, alla Iugoslavia stessa. Dove mai furono rispettate le lingue e le culture locali minoritarie, come avveniva sotto la vecchia Austria; per necessità più che per virtù, essendo nata come stato ereditario plurietnico? Se si vuole trovare un parallelo con l’incubo delle ragioni dell’esodo bisogna andare agli esempi della Germania orientale, della Polonia (benché alleata), della Romania, dell’Ungheria, liberate dall’armata rossa. Si leggano allora le memorie di Günter Grass e degli scrittori romeni, polacchi, ungheresi o di un testimone onesto come il giovane capitano russo Solgenitsin, su quello che è stato l’arrivo dell’armata sovietica in quelle regioni. Forse se ne potrà trarre qualche conclusione pertinente, che abbia un riscontro nella logica e nella morale comuni”.
Rosanna Turcinovich Giuricin su www.arcipelagoadriatico.it