Il 26 ottobre del 1954 la Seconda guerra mondiale finì veramente a Trieste: entrò in vigore il Memorandum di Londra e l’amministrazione civile italiana subentrò a quella militare anglo-americana che per 7 anni aveva esercitato il suo potere sulla Zona A del mai costituito Territorio Libero di Trieste.
L’8 settembre 1943 tantissimi soldati e civili sentendo l’annuncio dell’Armistizio alla radio pensarono «La guerra è finita!» ma non era così, tanto meno a Trieste, ove presero rapidamente il controllo della situazione le truppe tedesche che instaurarono la Zona di Operazioni Litorale Adriatico. Un governatorato militare nemico dell’italianità, che si avvaleva di funzionari austriaci, di collaborazionisti sloveni e di un nome che riecheggiava il Litorale Austriaco dei tempi dell’Impero asburgico: Trieste era piombata indietro nel tempo, come se la Prima guerra mondiale non si fosse conclusa vittoriosamente per l’Italia. Con l’aggravante che non c’era più la presunta Austria felix, bensì il Reich nazista che, dopo la prima ondata di stragi nelle foibe appena compiute dai partigiani comunisti jugoslavi, scatenò il nuovo terrore della violenta repressione antipartigiana e del campo di internamento della Risiera di San Sabba, ove torture, deportazioni ed eliminazioni si susseguivano.
Il primo maggio 1945 Trieste non sperimentò la Liberazione che il 25 aprile aveva contraddistinto il resto d’Italia, bensì l’occupazione dell’esercito del Maresciallo Tito, il quale esautorò il Comitato di Liberazione Nazionale che il 30 aprile aveva condotto vittoriosamente l’insurrezione cittadina. Seguirono 40 giorni in cui si scatenò l’Ozna, la polizia segreta del nascente regime comunista jugoslavo: arresti arbitrari e processi sommari, delazioni e deportazioni in campi di concentramento con massacranti marce forzate, una nuova stagione di stragi nelle foibe.
Il 12 giugno seguente gli accordi di Belgrado videro subentrare almeno a Gorizia, Trieste e Pola le truppe anglo-americane al posto degli jugoslavi: la Linea Morgan separava la Zona A, dove si cominciava a percepire la libertà, dalla Zona B ancora sotto controllo di Belgrado, ove proseguivano le persecuzioni degli elementi italiani contrari all’espansionismo jugoslavo o ritenuti “nemici del popolo” (eliminazione del CLN dell’Istria, martirio di Don Bonifacio).
Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 decretò le mutilazioni territoriali al confine orientale, lasciando in sospeso la sorte di Trieste con il progetto di Territorio Libero, sotto controllo angloamericano nella Zona A con il capoluogo giuliano, mentre l’Istria nordoccidentale era amministrata militarmente dalla Jugoslavia nella Zona B. Gorizia e Monfalcone il successivo 16 settembre sarebbero tornate italiane a tutti gli effetti, mentre Pola, dopo aver subito il martirio della strage di Vergarolla il 18 agosto 1946, fu annessa alla Jugoslavia, si svuotò di quasi tutti i suoi abitanti esodati e l’amministrazione alleata si concluse nel crepitio delle pistolettate con cui Maria Pasquinelli uccise il generale Robert De Winton.
Nell’estate del 1953 la presunta debolezza del Governo Pella indusse Tito a esplicite rivendicazioni nei confronti di Trieste sfiorando la crisi, le giornate di novembre ribadirono con il sangue dei caduti sotto il fuoco della polizia del Governo Militare Alleato l’italianità dei triestini e quasi un anno dopo si compì il ritorno dell’Italia. 26 ottobre 1954 dunque, gioia e festeggiamenti a Trieste, ancora amarezza e disperazione non solo nella Zona B dell’ex TLT in cui l’amministrazione civile jugoslava subentrava a quella militare portando avanti l’annessione de facto alla Jugoslavia comunista, ma anche nelle borgate del Comune di Muggia che il Memorandum di Londra tolse alla Zona A per assegnare alla Jugoslavia “non allineata” posizioni di controllo sul Golfo di Trieste.
Nel 1975 il Trattato di Osimo avrebbe definitivamente segnato la conclusione della sovranità italiana sulla Zona B, cioè i distretti di Capodistria e di Buie, e scatenato le proteste di triestini ed esuli che avrebbero portato alla nascita del fenomeno civico della Lista per Trieste.
Lorenzo Salimbeni