In occasione della 'Giornata della Memoria' del 2011 riportiamo questo discorso di Niccolò Tornrnaseo pubblicato a Trieste nel gennaio 1848, pochi giorni prima dell'arresto del grande dalmata da parte della polizia austriaca.
Questa era la cultura liberale di cui si nutrivano in epoca risorgimentale gli Italiani delle province austriache dell'adriatico orientale : Goriziano, Trieste, Istria, Quarnaro e Dalmazia.
N. TOMMASEO
Diritti degli Israeliti alla civile eguaglianza
Estratto dalla Rassegna mensile di Israel
Maggio-Giugno 1975, Jjar-Sivan-Tamuz 5735
« DISCORSO DI NICCOLO' TOMMASEO
« Sostenere un assunto che ormai non può provocare né contraddizioni gravi, e neppure leggiero pericolo, parrà cosa superflua, e aliena dell'uso mio, che solo ed inerme, amo, quando il dovere chiami, far contro alla opinione, o alla passione di chi può offendere o con pene il corpo, o con calunnie la fama. Ma dimostrareche gl'Israeliti non debbono, nella umana Società, esser dameno degli altri uomini, è assunto sì facile che in verità mi conviene chiedere scusa ai lettori del far torto, con esso, al cuor loro, ed al senno. Se non che, desiderio essendo d'alcuni Cristiani probi, che anch'io con la debole mia parola mi faccia a dileguare gli ultimi pregiudizi non già delle anime credenti, ma degl'intelletti deboli, è mio debito di tessere questo ragionamento, che sarà l'ultimo, spero, creduto necessario sopra tale soggetto.
« Dico che i veri credenti non possono metter dubbio intorno ai diritti di questa nazione da tanti secoli ingiuriata; pur che rammentino che ad Israello furono confidate le più sincere primigenie tradizioni del genere umano; che uomini israeliti rinnovarono con la loro parola la faccia della terra. Quante idee, locuzioni e voci ebraiche nelle culte favelle d'Europa! quante immagini bibliche negli scrittori alla bibbia più avversi! quanti simboli e riti giudaici ne' nostri templi! quante credenze comuni alle due leggi, chè la seconda non è della prima la distruzione, ma come dice Gesù, il compimento. E giacché la vecchia Europa impiccolita e inaridita dalla materiale e superba sua civiltà, sente quasi la sete delle grandi correnti che si diffondono inesauste dal vasto oriente, per questo rinfrescarsi della memoria e della coscienza umana, ci si farà non solamente più splendida intelligenza del Cristianesimo, ma quella del giudaismo altresì più sincera. E ritenendo la fede nostra preziosa, e svolgendola, ritroveremo nella storia di questa piccola Nazione, che di tutte è nutrice, ritroveremo parecchie istituzioni salutari, le quali il mondo moderno potrebbe accorre con vanto.
« Il consolare di poesia la religione, per modo che quella non potesse mai essere distaccata da questa, nè da quella, l'unire in simile modo religione e civiltà sì che le leggi umane stesse portassero li suggello divino e le divine non fossero estranie od avverse alla pubblica vita; il conservare con tutto ciò, anzi per ciò, rispetto profondo al nome di Dio, ai riti e ai recinti del tempio, a' dì consacrati; l'offrire a Dio le primizie dei viventi, e le primizie del campo per santificare la natura ed ogni uso de' frutti di lei; il pregare perdono alle colpe non solo volontariamente ma disavvedutamente e per ignoranza commesse; pregare per i peccati del prete, e per i peccati del principe; questi e altri tali sono ordinamenti pieni di sapienza, che il Cristianesimo ha nell'origine sua confermati e ampliati; ma che potrebbersi tuttavia da certi cristiani custodire con più veggente osservanza. Così quell'infondere nella medicina e nell'igea il senso sacro del dovere, quel porre la mondezza dei corpi come parte del rito, quel prendere cura sin delle bestie, per educare anche in codesta forma I'affetto; è sapienza la quale, con vincoli meno servili, e con maggior latitudine, lasciata al libero arbitrio, gioverebbe tuttora imitare, siccome il vero Cristianesimo insegna. Ed è pur bello che la più grande solennità dell'anno giudaico, sia sacra a un tempo e civile; che tutte le feste sieno e simbolo e storia, celebrate e nella piazza e nel tempio. È pur nobile cosa a pensare che la cura del servo, del debitore, dello schiavo in terra straniera, dello straniero in terra giudea sia non solo raccomandata, ma comandata, che sieno precetto le squisitezze della carità, come il lasciare a bella posta e grappoli e spighe, che il poveretto ne faccia raccolto alla famigliuola affamata. E' pure meraviglioso a pensare che il più antico storico dell'Umanità, sia il profeta de' suoi più lontani perfezionamenti in quella legge dell'anno Santo, la qual riconduce i diritti sociali alle norme eterne del dovere, la quale concilia la mercede richiesta alla privata industria con la misura, non mai impunemente violabile, della comune eguaglianza.
« Ben so che la Nazione non seppe dapprima, e poi non poté fecondare con l'opera quelle istituzioni ispirate da Dio; ma non è qui il luogo di fermare il ragionamento su ciò, e Gesù Cristo c'insegna curare i nostri difetti innanzi di biasimare gli altrui. Egli è però certo che in forza di quelle istituzioni, appunto perché tanto antiche, la Nazione Ebrea potè conservarsi viva e giovane dentro a sè stessa, sotto i sembianti di squallida decrepitezza; perché la tradizione è condizione della vita dei popoli, così come la memoria è condizione della umana coscienza: egli è certo che così lacerato e disperso per tutte le regioni della terra, quasi cadavere palpitante, Israello si mantenne nazione più veramente che tante altre quiete, e troppo quiete nelle sedi degli avi. Si mantennero nazione in sè stessi; e pur tuttavia, sempre che la possibilità se ne offerse, seppero pigliar radice nella terra eziandio sulla quale crescevano battuti dal turbine, ed abbandonati d'ogni stima ed amore:seppero essere insieme israeliti e italiani, israeliti e francesi, cittadini, a dir così, di tre patrie; dell'antica terra gloriosa non vista che nel pensiero, del paese ove nacquero, e di tutto il mondo ove rincontrarono infelici, compatriotti e fratelli. E siccome la poesia e le tradizioni giudaiche, tra tutte le orientali divennero le più universalmente europee, non solo per disposizione di senno divino, ma perché il senno divino dispose la natura di quelle parole e di quelle idee a farsi più forte e accetto nutrimento all'umanità tutta quanta, così la Nazione stessa era naturalmente formata per appropriarsi a tutti i climi, a tutte le costumanze, e sempre patire, e vivere sempre.
«Di qui ci apparisce la potenza mirabile delle tradizioni, ancorché ammiserite, o frantese, dalle quali se lo spirito dei popoli, o la mente degli uomini singoli si divide, non ha vigore di vita. Dalle memorie lontane e profonde, vengono le lontane, e tenaci ed eccelse speranze. Apprendetelo o popoli tutti dal terribile esempio di questa gente sempre vinta di fuori, e pur sempre di dentro invitta. Come fiamma raccolta si mantennero in essa gli affetti domestici radice e fiore della vita: e la donna ebrea, della quale si amabili e forti modelli rimangono nelle carte sacre; modelli ove alla grazia ed al vigore ellenico aggiungesi la modestia e la fede; la donna ebrea nei segreti della casa mestissima consolò grandi dolori, ispirando gli affetti che il dolore stesso faceva più sacri. E la Nazione era un altra famiglia, né in tanta miseria trovavansi ebrei mendicanti. Ora poi che i tempi volgono al meglio, la carità degli Ebrei si distenderà a' poveri cristiani; la loro generosità si fa rimuneratrice agli ingegni. Mecenati modesti non corrompono, e non awiliscono, pagano un debito all'arte, contenti di ciò, non superbi. Ed eglino stessi, che del commercio fecero arte pensata ed amplissima, quando nella più parte del mondo era angusto mestiere, apertoglisi il campo delle arti liberali e delle scienze e della vita civile, cominciarono a rendere servigi ragguardevoli per modo, che, fatta ragione del numero loro, e degli ostacoli da superare, l'esito non può non destar meraviglia.
« Ma perch'eglino vengan facendosi più rispettabili agli occhi nostri bisogna che il nostro rispetto sia pieno, e si dimostri primieramente nel render loro quel ch'è debito a ogni uomo; l'esercizio di tutte quante de facoltà, che sia conciliabile con la coscienza loro. Gli ostacoli alla civile eguaglianza vengano dal libero loro arbitrio, non da' nostri divieti. Il disprezzo da tali divieti significato è più crudele offesa delliodio, e non è mai senza pena. Se affidiamo al medico, all'awocato ebreo, le sostanze, le vite, l'onore de' nostri fratelli: in qual cosa potremmo ragionevolmente mostrar diffidenza? Non ci vergogniamo essergli debitori d'argento, e temeremo essergli debitori d'affetto? Non avremmo sofferto che le bestie della stalla e del campo stessero così disagiate, come stettero per secoli migliaia e migliaia di creature umane nelle più colte e magnifiche città della terra: e non s'ebbe vergogna di questo scorno deliberatamente fatto alla universale civiltà; non s'ebbe né momenti che il contagio o minacciava o invedeva i soggiorni de' nostri cari, non s'ebbe timore che il lezzo dove giaceva una moltitudine dlIsraeliti, co' quali per necessità tanti poveri giornalmente comunicano, aggravasse il comune pericolo.
« E come se codesto pregiudizio spietato fosse soggetto di vanto, anco laddove le porte del Ghetto cadevano, in certe città rimasero i pilastri, come a Ferrara, a memoria del malaugurato recinto, e questo mentre che tante pure e gloriose memorie di eleganza, edi valore, e di religione, o disperse, o vendute, o atterrate perivano. Ma i popoli cristiani che in tante parti del mondo patirono tanto, dovevano pur sentire come fosse amaro il disprezzo aggravante l'ingiuria, quanto lla servitù fosse dura. Dovevano leggere nel Vangelo quelle veramente divine parole: «con qual misura misurerete, vi sarà misurato.
« Chi disse queste parole c'insegnò la scienza della misericordia e del perdono; non a far patire altrui c'insegnò, ma patire: E certamente nessuno degli Israeliti che abbia il senno del buono, ed il concetto del grande nel leggere i benefici da Cristo portati alle genti, nessuno è che non debba essere riconoscente a Dio che lo fece nascere del sangue loro, non debba amare le anime che lo adorano. Amiamoci dunque, e desideriamo che nelle menti non partecipi del pieno vero la luce si faccia. Se non amiamo anche i dissenzienti da noi, non sapremmo amarci davvero tra noi. Con la carità predichiamo la fede, perché a questo segno, disse Giovanni, distinguonsi i Cristiani. L'esperienza dei secoli già ci mostra che la persecuzione non è conciliatrice di fede; che nel libero arbitrio confidando, s'ottiene il pacifico e certo impero di quella. Vedete in Francia dopo i rivolgimenti del trenta, che l'osservanza delle cerimonie
religiose non è più condizione alla grazia dei grandi; le cerimonie religiose osservate più piamente e dilatata la fede. Vedete in America ».
« La compassione, il rispetto, l'affetto agli avanzi del popolo da cui ci vennero i due più grandi legislatori, e i poeti più ispirati che onorino la specie umana, è in me sentimento non meno che opinione, necessità non meno che debito. Così pensai da' primi miei anni, innanzi che tutta Europa si destasse a' riconoscenza e a pietà. Non passa ormai giorno che in qualche parte del mondo una qualche volontà non si manifesti di emancipare gli ebrei. Privati e comunità lo propongono, repubbiiche e re vi aderiscono: protestanti e cattolici vi si adoprano: preti e frati ne parlano e scrivono; i Turchi stessi verranno forse tra poco fare vergogna a qualche Cristiano ostinato. Dappoiché quell'amico e padre di tutti i dolenti, quel Pio, che dal cuore deduce le ispirazioni del senno, compendiando quasi in sè le più pure tradizioni de' suoi predecessori più benedetti dal mondo e da Dio, volle appareggiati in più cose gli Ebrei a tutti gli altri suoi figli, sarebbe un fare onta al volere di Lui, opporgli pure un ora d'indugio. Il mondo ha grande necessità di concordia; ai non felici specialmente è bisogno rispettare per essere rispettati. Non pure il sangue degli uccisi ricade sul capo degli uccisori; ma le lagrime altresì di chi piange cadono sul capo di quelli. che han fatto piangere. Troppo s'è già tardato. Da troppi secoli, in troppe parti del mondo patiscono e donne e fanciulli e non ne sanno il perché.
Alle nazioni i secoli sono giorni: ma a chi soffre, e sa che potrebbe soffrire di meno, i giorni sono secoli. Siate o Cristiani fedeli all'esempio del Maestro vostro e tenete per fermo che gli afflitti sanno esser riconosciuti. »
(courtesy Lucio Toth)