Per restare italiano ha rinunciato a tutto. In cambio lo Stato gli ha reso impossibile affermare la propria identità, condannandolo a una vita d’inferno fra sanzioni, contestazioni e accertamenti. Colpa dei due diversi codici fiscali che Angelo Ive, profugo istriano che vive da oltre un sessantennio fra Udine, Grado e Venezia, si porta appresso e che nessuno sembra in grado di ricondurre a uno. E così, dopo anni di battaglie, ha deciso di far causa al Ministero dell’Interno, alla Farnesina e all’Agenzia delle entrare chiedendo 100 mila euro di risarcimento.
Sembra l’eroe pirandelliano di Uno nessuno centomila Angelo Ive, che ormai ha maturato un confusione tale sulla propria identità da cadere preda di una vera a propria ossessione. In effetti, è difficile dargli torto: la sua tessera sanitaria dice che è nato in Jugoslavia o in Croazia, a seconda dei casi, per tasse e canone Tv è un ex cittadino jugoslavo, mentre ai carabinieri, che insistono a chiedergli il permesso di soggiorno, di volta in volta risulta nato in Serbia, Montenegro, a Isola d’Istria o Jugoslavia. Insomma, ogni volta che viene fermato in auto è un giro di roulette, non si sa mai che numero esca. Va ancora peggio con la dichiarazione dei redditi: quando la presenta con un codice fiscale, l’altro risulta scoperto, e finisce per generare accertamenti e contestazioni. L’acquisto di un immobile poi è un autentico incubo, giacché deve scegliere a quale dei suoi alter ego intestarlo.
Situazione kafkiana a parte, il signor Ive, dopo aver a lungo combattuto con funzionari ingessati dalla burocrazia ed essere naufragato fra i moduli da compilare, è finito in depressione. Finché non ha incontrato l’avvocato Maurizio Causero, disposto a patrocinare la sua causa e a portarla fino in fondo, anche a nome degli altri quattro o cinque casi simili già segnalati in Italia.
La sua lunga e romanzesca storia comincia a Rovigno d’Istria, dove ebbe i natali da una facoltosa famiglia italiana. Il primo maggio del 1945 Rovigno passò alla Jugoslavia. Nell’agosto dell’anno successivo, a seguito della strage di Vergarolla, a Pola, iniziò l’esodo e 350.000 italiani abbandonarono i territori ceduti a seguito della politica titoista che vedeva nella comunità italiana un corpo estraneo e ostile allo stato jugoslavo. Rappresaglie, confische, processi sommari e infoibamenti sono ormai pagine di storia. Angelo Ive aveva poco più di un anno quando lasciò Rovigno d’Istria come cittadino indesiderato alla Repubblica, sbarcando come profugo a Trieste con i propri genitori che, ai sensi del trattato di pace con l’Italia, optarono per la cittadinanza italiana. E ha trascorso tutta la sua esistenza in Friuli, ottenendo fin da bambino un codice fiscale che indicava come luogo di nascita Rovigno. Dal 1989 sui suoi documenti apparve l’indicazione dello stato jugoslavo barrato.
E dal 2005 in seguito a un processo di allineamento dei dati con l’Agenzia delle entrate, gli venne assegnato un nuovo codice fiscale che gli regalava i natali in Jugoslavia. Non proprio insoddisfatto, ma rassegnato, ha chiesto di poterne sopprimere uno, per poter uniformare tutte le banche dati. Inutilmente. Sembra che nessuno abbia il potere di dargli un’unica identità. Da lì la causa che sarà depositata a giorni con la richiesta di risarcimento.
Alessandra Ceschia
“Messaggero Veneto” 24 maggio 2012
(courtesy MLH)
Sopra: un codice fiscale sbagliato, come spesso appare per i nostri Esuli.
Sotto: lo stesso codice fiscale, stavolta esatto