È partito da Aquileia il 1° novembre, come 90 anni fa, il treno del Milite Ignoto ed è arrivato questa mattina a Roma, come nel 1921. Allora portava con sé la salma del soldato caduto nella Grande Guerra, rimasto senza identità ma eletto a rappresentare il sacrificio di tutti i fanti sugli aspri e durissimi fronti orientali. Nel 150.mo dell’Unità d’Italia, il 90.mo di quel lontano viaggio dal Friuli alla Capitale rinsalda le fila dei sentimenti di solidarietà e di unità nazionale testimoniate ancora in queste ore dalle folle di cittadini che ad ogni stazione attendono il convoglio e dai gonfaloni dei Comuni nei quali sosta. In migliaia erano presenti ieri alla partenza da Cervignano, altri capannelli commossi a Udine, Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Bologna. Ad attenderlo alla stazione di Termini il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Tra Aquileia e Roma, 90 anni addietro il treno si fermò in 120 città e paesi, dove sindaci e cittadini riempirono il convoglio di oltre 1.500 corone, sotto lo sguardo di folle inginocchiate.
Sul treno oggi – un’iniziativa del Ministero della Difesa – è allestita una mostra itinerante: tre vagoni ospitano un’esposizione fotografica sul Milite Ignoto, un quarto è la ricostruzione del convoglio che nel ’21 trasportò la salma, infine l’ultimo ospita una sala proiezione di documentari e filmati d’epoca. A Roma resterà sino al 4 Novembre, Festa delle Forze Armate.
Progetto importantissimo, ha spiegato il ministro La Russa, perché «rievoca il momento culmine dell’epopea nazionale. Fu nelle trincee della prima guerra mondiale che lo spirito nazionale si unificò, fu in quel viaggio da troppi storici ignorato che si cementò».
Il Milite Ignoto fu scelto da una madre, Maria Bergamas, nella Basilica aquileiese tra 11 militari caduti durante la Prima guerra e giunse a Roma il 2 novembre per essere tumulata due giorni dopo all’Altare della Patria. Così aveva scritto alla madre il figlio Antonio Bergamas, volontario nell’esercito italiano, per il quale era riuscito a disertare dall’austriaco: «[…] mi riesce le mille volte più dolce il morire in faccia al mio paese natale, al mare nostro, per la Patria mia naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli sassosi della Serbia, per una Patria che non era la mia e che io odiavo. […] Se muoio, muoio […] davanti al nostro Carso selvaggio».